Se si parla di difesa personale femminile i corsi specifici sono da preferirsi ai corsi generalisti e a quelli di arti marziali.
di Eugenio Credidio
La scorsa estate, in un bellissimo sabato pomeriggio soleggiato in quel di Viareggio, ho avuto il piacere di tenere un seminario sul karate applicato alla difesa personale reale.
Come mio solito, al termine del seminario ho lasciato dieci minuti per le domande.
Dalla piccola folla sudata, ma sorridente, una minuta, ma gagliardissima istruttrice dai capelli rossi alza la mano e mi chiede: “Secondo te hanno senso i corsi di difesa personale femminile?”
Bella domanda. E dato che la risposta non è scontata e penso possa interessare a molti insegnanti, ho pensato di ragionarci su con voi.
• Hanno senso i corsi di difesa personale femminile?
Sì.
Non solo hanno senso, ma se si parla di difesa personale femminile i corsi specifici sono da preferirsi ai corsi generalisti e a quelli di arti marziali.
Seguite per un momento il mio ragionamento.
Partiamo da un presupposto, forse ovvio, ma necessario: le differenze biologiche tra uomini e donne sono un fattore cruciale nella difesa personale. In uno scontro fisico, una donna si trova spesso a fronteggiare un aggressore fisicamente più forte e pesante di lei, con possibili intenti di violenza sessuale – un tipo di aggressione che richiede approcci difensivi specifici.
Ma non è tutto.
Le differenze biologiche tra uomini e donne sono un fattore cruciale nella difesa personale.
Dobbiamo considerare anche che spesso le donne che vogliono imparare a difendersi, sono persone che non hanno mai praticato sport da contatto o arti marziali e che non hanno né il tempo, né la voglia d’imparare queste discipline o d’iniziare lunghi percorso formativi.
In più, ci sono alcuni aspetti della difesa personale che le arti marziali e gli sport da combattimento (spesso anche gli stessi corsi di difesa personale) trascurano: le strategie di prevenzione, le tecniche di gestione del dialogo e di difesa verbale, l’allenamento in ambiente urbano e la gestione dell’adrenalina e della paura.
Quando insegniamo difesa personale dobbiamo tenere conto di tutti questi aspetti; soprattutto se insegnano alle donne, ricordandoci costantemente dei loro bisogni e delle loro necessità.
Insegnare a una ragazza che non ha mai praticato alcuno sport da combattimento, una proiezione o una leva articolare è, a parer mio, poco intelligente, perché le stiamo insegnando soluzioni tecniche che richiedono anni e anni di pratica per essere messe in atto, che la obbligano a scontrarsi con la forza e il peso di un uomo, e che difficilmente riuscirà ad applicare sotto stress e adrenalina e con un avversario non collaborativo.
Inoltre, raramente durante i corsi di difesa personale generale o di arti marziali, si va ad analizzare nello specifico quelle situazioni in cui può incorrere una donna. Se vogliamo insegnare alle donne a difendersi dobbiamo metterci nelle loro scarpe, come direbbero gli inglesi.
Per questo ritengo che corsi mirati, dedicati alle donne, siano la soluzione migliore, perché possono essere strutturati sulle loro specifiche esigenze, considerando tutti gli aspetti descritti sopra, e possono andare ad analizzare e allenare tutte quelle situazioni in cui una donna ha più probabilità di incorrere.
C’è poi un’altra motivazione per cui, a parer mio, i corsi di difesa personale femminile sono da preferire a quelli generalisti. Per una questione di rispetto e sensibilità.
Le situazioni di violenza femminile sono situazioni che vanno a toccare corde profonde e che vanno trattate con tatto.
Chiedere a una ragazza di provare delle soluzioni tecniche anti-stupro o degli esercizi di simulazioni con un compagno conosciuto da poco, o di parlare di certe tematiche molto delicate e intime davanti a una platea di sconosciuti può creare imbarazzo e disagio.
In un corso di difesa personale femminile, aperto solo a donne e ben strutturato, invece, le corsiste si sentono in un ambiente protetto, non giudicante ed entrano in confidenza con l’istruttore.
Se vogliamo insegnare alle donne a difendersi dobbiamo metterci nelle loro scarpe.
• Ma l’esperienza mi ha insegnato che…
Dopo 15 anni sul campo e dopo aver sbagliato ed essermi “fatto male” tante volte, sono giunto alla conclusione che un metodo di difesa personale femminile serio deve avere 10 punti fermi. Dieci caratteristiche imprescindibili che garantiscono alle corsiste un corso di elevata qualità, professionalità e soprattutto utile. Andiamo a vedere quali sono.
• Il corso dev’essere riservato alle donne, creando un ambiente sicuro e protetto dove le partecipanti possano sentirsi a proprio agio nell’affrontare tematiche delicate. Non è sufficiente creare “un corso nel corso” dividendo momentaneamente uomini e donne. Questo approccio rischia di sembrare una ghettizzazione e non permette di creare quell’ambiente protetto necessario per affrontare certe tematiche.
• È fondamentale mantenere un rapporto numerico appropriato tra insegnanti e allieve. Come mi disse un mio grande maestro: “Fino a 20-25 persone è una lezione, oltre è una conferenza”. Per garantire un’attenzione adeguata, il rapporto ideale è di massimo 1:8 o 1:10 allieve per istruttore. Solo così si può costruire quella relazione di fiducia necessaria per un apprendimento efficace.
• Le allieve devono allenarsi direttamente con gli istruttori qualificati, non tra di loro. Questo garantisce che le tecniche vengano apprese correttamente fin dall’inizio, riduce il rischio di infortuni e permette correzioni immediate. Inoltre, mantiene alta l’attenzione e l’intensità dell’allenamento.
• La privacy delle partecipanti deve essere rigorosamente tutelata. Niente foto o video, niente social media. Questo non solo per proteggere la riservatezza delle allieve, ma anche per evitare che eventuali aggressori vengano a conoscenza delle loro capacità difensive. Inoltre, protegge le partecipanti da commenti inopportuni di amici o familiari che potrebbero scoraggiarle.
Le situazioni di violenza femminile sono situazioni che vanno a toccare corde profonde e che vanno trattate con tatto.
• È essenziale utilizzare attrezzatura specifica e professionale come pao, focus pad, spray al peperoncino da simulazione e protezioni appropriate. Questo permette alle allieve di sviluppare la propria potenza in sicurezza e di familiarizzare con gli strumenti di autodifesa.
• La presenza di almeno un’istruttrice donna è fondamentale. Non solo può entrare in maggiore empatia con le allieve, ma fornisce anche un modello pratico più vicino alle loro caratteristiche fisiche. Durante gli esercizi sotto stress, può inoltre fungere da figura di supporto e assistenza.
• Grande importanza dev’essere data alla teoria sulla prevenzione e alla psicologia dell’aggressione. Le allieve devono imparare a riconoscere i segnali di pericolo e sviluppare strategie preventive efficaci. Statisticamente, queste competenze sono quelle che verranno utilizzate più spesso nella vita reale.
• Le tecniche insegnate devono essere semplici ed efficaci. Con l’aumento dello stress e dell’adrenalina, la coordinazione fine si perde. Meglio quindi concentrarsi su poche tecniche semplici, ma efficaci, ripetute centinaia di volte, piuttosto che insegnare movimenti complessi che richiedono anni di pratica.
• Le simulazioni sono fondamentali, ma devono essere strutturate con attenzione. L’istruttore, protetto da attrezzatura appropriata, deve inscenare situazioni realistiche permettendo alle allieve di reagire con tutta la loro forza, ma evitando di utilizzare la propria superiorità tecnica per metterle inutilmente in difficoltà.
• Il corso deve essere relativamente breve, ma intensivo. Nella mia esperienza, un corso base di tre giorni intensivi è più efficace di un percorso lungo e diluito nel tempo. Questo consente anche alle partecipanti di ripetere il corso periodicamente per rinfrescare le tecniche.
Questi punti non sono regole assolute, ma linee guida che ho visto funzionare sul campo. Usateli come base per sviluppare il vostro metodo, adattandoli alla vostra esperienza e alle vostre allieve.