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“Nana korobi ya oki” – Cadi sette volte… Rialzati otto

“Nana korobi ya oki” – Cadi sette volte… Rialzati otto
Martina Tommasi - Foto di Eye ‘n Light for Ki Dojo Italia

Come l’impegno e il cuore di Martina Tommasi hanno ispirato queste parole.

di Alessandro Mezzena

“Per aspera ad astra”… tradotto significa semplicemente che “attraverso le asperità si giunge alla stelle”. Se mi è concesso vorrei dare una connotazione un po’ più profonda a questa celebre frase latina che molti di noi conoscono. Perché se è vero che attraverso i grandi sacrifici si raggiungono lucenti traguardi, è altrettanto vero che attraverso le difficoltà si giunge a ciò che è importante veramente: conoscere se stessi. Vorrei partire da qui per raccontare la storia di Martina, ex atleta della nazionale FIKTA, campionessa italiana, europea e del mondo. Una storia basata sul suo cammino riabilitativo affrontato nell’ultimo anno solare… cammino che mi ha donato una profonda ispirazione emotiva. Ho provato a tradurre il tutto in parole e frasi, spero di esserci riuscito al meglio.
Da un sincero incontro di mani tra me e il M° Riccardo Frare.

CARATTERE
“Appena estratto il ferro presenta numerose impurità. Solo attraverso la forgiatura esso diviene acciaio indistruttibile.”

Quando si scrive un articolo riguardante un atleta, si finisce sempre per elencare pregi, vittorie, risultati. Si fanno paragoni col passato e si esaltano i momenti di gloria. Se parliamo di Martina Tommasi, parliamo di un’atleta che si continua ad affermare sul panorama FIKTA e ISI da quindici anni. Parliamo di un’agonista che nel 2009 partecipava alla sua prima Coppa Shotokan “Master” a soli diciassette anni e che già dieci anni fa, alla stessa Coppa Shotokan, saliva sul podio come terza forza vicino ad atlete plurititolate come Carlotta Prete e Shaira Taha. Le stesse ragazze con le quali nel 2012 vinse il Campionato Mondiale ITKF in Polonia a soli 20 anni. L’elenco di momenti di successo potrebbe durare pagine e pagine, ma non è lo scopo di questo scritto. L’intento è invece quello di raccontare qualcosa che spesso viene messo in secondo piano: il percorso della persona. Non è quindi il “cosa” raggiungiamo, ma il “come”, che è cosa ben più formativa e indelebile di qualsiasi medaglia appesa al muro. A volte ci si perde nei meandri dell’ego, pensando che il risultato, la medaglia o il podio siano il fine. Non è così. È il viaggio che conta. Quindi, parti e goditi il viaggio, assaporalo, vivilo, sentilo… e una volta tornato riguardati allo specchio. Troverai una persona diversa, più evoluta e consapevole. Per Martina l’ultimo anno è stato così. Un anno in cui ha dovuto ascoltarsi più che mai, capirsi e reinventarsi in un’arte che è dentro di lei da sempre. Sacrificio, sangue e stanchezza… alla ricerca del Sé più puro per superare ogni difficoltà e ostacolo. Ha saputo migliorare il suo carattere giorno dopo giorno, tra dubbi e incertezze, portandolo a un livello più alto di maturità.

MOMENTI
“Ieri è storia, domani è mistero, ma oggi è un dono… ecco perché si chiama presente.”

Come ogni giornata, la vita è fatta di istanti, alcuni piacevoli altri meno. Attraverso queste tappe colorate che la nostra quotidianità ci propone, costruiamo noi stessi, troviamo noi stessi e tempriamo il guerriero che è in noi. Ciò che conta è l’istante che stiamo vivendo, una goccia preziosa di vita che non va mai sprecata. Se torno indietro di un anno esatto, Martina aveva da poco ricevuto la diagnosi di rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, infortunio sportivo grave dalla prognosi superiore ai sei mesi. La sorte, se ci si mette, sa esser davvero crudele… e dopo aver aspettato due anni di pandemia da COVID per tornare a calcare i tatami, ecco la più classica delle storie: pochi giorni alla gara, kata e movimento fatto centinaia di migliaia di volte prima di quella… un colpo secco… dolore, paura e poi la diagnosi ben più pesante di ciò che si pensava. Martina dovrà operarsi e sicuramente non tornerà a pieno regime prima di 6-8 mesi. Nei giorni successivi la tristezza, in Martina, lascia però spazio all’accettazione e alla consapevolezza che nulla è finito, anzi, il viaggio è appena cominciato. Perché alla fine il karate insegna questo, a rafforzare lo spirito incondizionatamente e l’unico modo è passando attraverso il fitto bosco delle asperità. Un respiro profondo… gli occhi cambiano registro… tutto è allineato… yoi. Sì, ora Martina è finalmente pronta a cominciare il suo percorso di recupero.

DEDIZIONE
“Quando l’hai capito che… che la vita non è giusta come la vorresti te. Quando farsi una ragione… vorrà dire vivere.”

Martina torna in dojo dopo soli due giorni dall’operazione. Si siede e guarda gli altri praticare, soffrendo immobile con accanto le sue fedeli stampelle. Non manca un solo allenamento, è sempre lì, diventando per tutti un simbolo di determinazione e resilienza. La riabilitazione comincia subito, i dolori sono intensi e sconfortanti: la gamba tesa non si alza di un centimetro e senza l’aiuto del fisioterapista, il ginocchio non si piega se non di 30 gradi. L’ho vista personalmente eseguire gli esercizi articolari ogni singolo giorno, più volte al giorno, con sul viso la speranza di aver guadagnato un solo grado rispetto al giorno precedente. In un momento così, gioisce addirittura dei millimetri. Dopo un mese le stampelle sono deposte nell’armadio e i miglioramenti iniziano a essere più netti. Dopo soli due mesi, Martina è di nuovo col suo karategi a praticare nel dojo. Non conta la performance in questo momento, conta solo respirare karate, vivere karate, essere karate.
Esegue i kata e gli esercizi proposti dal Maestro sul posto, senza posizioni, senza rotazioni, spesso visualizzando mentalmente quale sarà il movimento completo che il suo corpo dovrà eseguire una volta guarito. Il lavoro è principalmente mentale, eppure, Martina suda quanto gli altri.

SPIRITO
“Un anno è un secolo. 365 croci.”

I mesi passano sempre più lenti e il ginocchio di Martina non le permette di prendere parte né ai Regionali né agli Italiani FIKTA. La voglia di esprimersi a volte lascia lo spazio alla frustrazione di una mente che viaggia a tutta velocità, ma legata a un corpo che non può seguire quel tipo di intensità. Il Maestro continua a rassicurarla, a starle vicino, a dirle “Con quello che c’è Martina, non ti preoccupare… tornerà”.
Il momento non è semplice in quanto sembra che i miglioramenti in qualche maniera si siano fermati. Nonostante tutto, non manca mai in dojo e nemmeno in palestra riabilitativa. A bordo tatami delle competizioni è sempre presente nell’incitare e seguire tutta la squadra agonisti Ki Dojo, con cuore e carattere. Gli occhi pieni di passione non perdono un movimento dei suoi compagni di pratica, come se attraverso la vista riuscisse a vivere le stesse emozioni di chi sta eseguendo il kata. La voglia di tornare alla normalità è più che mai smisurata. Martina, con grandi sacrifici, dedica tutta l’estate allo studio dei kata superiori proposti dal Maestro e alla preparazione muscolare delle sue gambe, per recuperare il prima possibile il giusto tono muscolare. A settembre, Martina è pronta per vestirsi di nuovo della tecnica completa.

ARTE
“I trofei sono guadagnati quando nessuno sta guardando.”

A un mese dalla Coppa Shotokan, Martina ricomincia la ripresa della confidenza con i salti, costruiti con il Maestro nei minimi dettagli attraverso esercizi propedeutici al fine di scacciare la paura che tutto possa ritornare al giorno zero.
Il Maestro le sta vicino in ogni singolo gesto, in ogni singolo movimento: la studia, la consiglia, la protegge… e, giorno dopo giorno, scaccia quegli spauracchi che si erano fatti così insistenti nella testa di Martina. Prima di ogni allenamento, lei prova i salti di ogni kata, ascolta ciò che il corpo le racconta, elabora i rimandi e rispetta i tempi, entrando nella dimensione  più pura e meditativa dell’atletismo, fatta di serenità e allineamento.
Il percorso di guarigione è praticamente ultimato, manca solo l’ultimo scalino: allacciarsi la cintura e rimettersi in yoi sull’enbusen. Finalmente, quel giorno tanto cercato, arriva.
Ormai sono passati tre anni dall’ultima apparizione sui tatami di Martina: era la Coppa Shotokan 2019. Nonostante l’emozione dovuta a questa nuova sfida i suoi occhi sono calmi e profondi, come quelli di una tigre prima di un balzo. Alla fine è soltanto una gara… non può essere più difficile e gravosa di ciò che ha dovuto passare negli ultimi dodici mesi. Attraverso le eliminatorie, tra heian e sentei, trova la giusta amalgama e la giusta profondità: Martina è in finale.

PACE
“Vinci se puoi, perdi se devi. Ma non mollare mai.”

Martina è in finale, alla Coppa Shotokan, per l’ottava volta in carriera. Un’altra pietra pesantissima poggiata a terra sul suo lungo cammino agonistico, dopo un anno così impegnativo e oneroso. È  serena e determinata: ormai manca l’ultimo passo. Lei respira profondamente dando le spalle al tatami. Viene finalmente chiamata… entra… dichiara: “Gojushihodai”.
Il suo corpo si muove come in una poesia, con padronanza, maestria e amore. Il kata mi trascina e mi commuove, perché ha dentro tutto ciò che è lei: vedo nei suoi occhi il felino che non si è mai arreso. Esce dal tatami con nel sorriso il sole più luminoso, sì, perché oggi Martina ha sconfitto anche la cattiva sorte. Fa verso me e il Maestro un cenno soddisfatto e si dirige immediatamente verso la sua squadra. La gara non è finita: prova e riprova Nijushiho con le compagne Silvia e Chiara, mentre la finale individuale femminile prosegue. Martina non guarda nessuno, in quanto il risultato non conta. Il suo spirito è in pace dato che la vera vittoria è esserci. Contano soli i brividi e le emozioni che quel Gojushihodai le hanno lasciato nel cuore. Dopo un anno dall’infortunio e a dieci mesi dalla ricostruzione del legamento crociato anteriore, Martina conquista un argento nel kata singolare e un argento nel kata a squadre alla Coppa Shotokan 2022.

SINCERITÀ
Questa è la mia vita… certi giorni è poca, certi giorni sembra troppa… e invece non lo è mai.”

Da quando la conosco, ho sempre pensato che Martina fosse invincibile, quasi extraterrestre. È la classica agonista di karate che quando tutti, dopo un allenamento intenso, hanno quella che qui a Verona viene chiamata “carne grea” (dolore muscolare, Nda), lei si chiede se abbia fatto forte, in quanto è perfettamente integra nel fisico. Nel suo infortunio ho visto la vulnerabilità di una donna colpita, ma non affondata. Le ho visto trovare la vera energia nelle sue fatiche, la determinazione che rende le persone adulte e la consapevolezza che solo aggrappandosi al proprio cuore, si può superare qualsiasi ostacolo. Le ho visto dirsi la verità e accettare che la vita non è come noi la pianifichiamo a tavolino. Insomma, Martina ha saputo trovare e riconoscere in sé i principi del Dojo Kun.
Ha saputo inconsciamente ispirarmi, dimostrando giornalmente sul campo che nessuna sconfitta può placare un animo audace. Ha saputo allinearsi tra i cattivi pensieri, ricercando il suo baricentro più profondo. Non posso che ringraziare per esserle stato vicino e per il sincero insegnamento ricevuto: non è finita finché non è finita. Quindi, sogna cara Martina, sogna al meglio e… guai a chi ti sveglia. OSS!

MAESTRO
“Senri no michi mo ippo kara – Anche un viaggio di mille miglia comincia con un passo.”

Il Maestro Riccardo Frare, guru di Martina Tommasi da più di venti anni, ispirato dall’intenso e prezioso cammino della sua allieva, ha voluto dedicarle queste parole di cuore: “La disciplina è traducibile come consapevolezza protratta nel tempo. Non mollare non vuol dire tener duro, ma stare… stare nel cuore della situazione e aver fede. Martina ha dimostrato questo e, com’è noto a tutti, sono i fatti che contano. Lei incarna e mi ricorda costantemente il Terzo Principio del Dojo Kun: è un esempio di dedizione e costanza verso il Karate Do, impegno con gli affetti di viaggio, devozione e disciplina verso il Dojo e il suo Maestro. Tutto questo produce un’alchimia che pochi hanno la grazia di vivere, è riservata ai puri di cuore. OSS Marty… avanti e oltre”.

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