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Capacità percettive: conoscere attraverso il corpo

Capacità percettive: conoscere attraverso il corpo

Da che cosa dipende il successo di una prestazione sportiva?

(In KarateDo n. 8 ott-nov-dic 2007)

Il corpo umano può essere considerato come una macchina complessa, in grado di svolgere numerose funzioni. Ciò è possibile grazie all’armoniosa interazione degli organi che compongono i vari apparati.
Nella pratica sportiva, come nell’attività motoria in genere, ogni azione finalizzata è strettamente correlata alle informazioni fornite dall’ambiente, sia questo “esterno” o “interno” al soggetto. La capacità di padroneggiare le grandezze fondamentali spazio-tempo costituisce uno dei punti cardine nel percorso educativo e formativo di un individuo (Grassi et al., 1998). I processi in base ai quali le informazioni ambientali possono essere percepite e strutturate sono quindi numerosi e complessi, e intervengono variamente nell’organizzazione della risposta motoria.

La capacità di padroneggiare le grandezze fondamentali spazio-tempo costituisce uno dei punti cardine nel percorso educativo e formativo di un individuo.

Un ruolo determinante è rivestito dalla sensibilità esterocettiva (specifica e generale) e da quella propriocettiva osteoartromuscolare e statocinetica (chinestesica).

  • La prima è adibita alla percezione degli stimoli provenienti dal mondo esterno (per esempio: visivi, acustici e tattili);
  • la sensibilità propriocettiva osteoartromuscolare consente invece la percezione dello stato di contrazione dei muscoli scheletrici e della posizione reciproca dei segmenti corporei;
  • la propriocettiva statocinetica veicola le informazioni gravitazionali e di accelerazione (percezione della posizione della testa e del corpo nello spazio; equilibrio).

Considerando un gesto atletico nella sua globalità è possibile osservare che l’accuratezza di questo dipende dall’adeguato sinergismo fra le informazioni spaziali (percezione esterocettiva) e propriocettive (chinestesica e osteoartromuscolare). L’interazione di queste consente la pianificazione della risposta motoria, permettendo di modularla, correggerla, modificarla (Schmidt & Wrisberg, 2000).
Il successo nella prestazione sportiva dipende quindi, in buona parte, dalla qualità della percezione e dall’organizzazione spaziale, associata alla precisione del movimento prodotto. In generale, negli sport di combattimento, l’atleta vincente è colui che riesce ad anticipare l’azione dell’avversario.
Analogamente, nella pratica delle arti marziali che prevedono l’esercitazione delle forme, come ad esempio nell’esecuzione del kata nel karate, l’atleta più evoluto è quello che riesce a “percepire” minuziosamente i propri gesti, le traiettorie descritte dagli arti in movimento o da parti di questi, la posizione del proprio corpo nello spazio (spostamenti nelle varie direzioni, durata dei movimenti) e i rapporti reciproci dei segmenti corporei (angoli fra i capi ossei; tensione muscolare nei vari distretti).

L’apparato nervoso costituisce l’insieme delle strutture che permettono la vita di relazione (attività cognitive, coordinazione neuromuscolare) e che controllano e regolano le funzioni vegetative (attività viscerali). Infatti, l’attività nervosa consente l’acquisizione delle informazioni provenienti dall’ambiente interno e da quello esterno al corpo, e la rielaborazione di queste, fornendo risposte adeguate a tutti i livelli (Ambrosi et al., 2006).
Le capacità percettive rivestono quindi un ruolo molto importante nell’organizzazione del movimento. Nella pratica del karate, per esempio, la difficoltà nel portare adeguatamente a bersaglio una serie di colpi può essere ovviata modificando il posizionamento reciproco dei segmenti corporei e facilitando l’esecuzione del compito motorio assegnato.

È evidente che l’allievo può correggersi solo se “sente” di avere sbagliato.

Spesso, durante l’insegnamento, il maestro o l’istruttore notano errori nell’allievo che prontamente correggono, chiedendogli di variare genericamente il proprio modo di muoversi o, più specificatamente, di posizionare diversamente una o più parti del corpo, di accompagnare al gesto un adeguato ritmo respiratorio, di volgere lo sguardo nella giusta direzione, di eseguire una contrazione isometrica della muscolatura al temine di ogni tecnica (kime)…
Tuttavia, è evidente che l’allievo può correggersi solo se “sente” di avere sbagliato, se avverte la differenza fra la posizione, il movimento, la contrazione muscolare, scorretti e quelli giusti. Questo è possibile attraverso la funzione percettiva (Grassi & Turci, 1992).

Fino dalla nascita l’individuo comincia a conoscere il proprio corpo e, tramite questo, può esplorare l’ambiente circostante. Lo schema corporeo è la capacità, che ogni individuo possiede, di organizzare le percezioni corporee e di metterle in relazione con il mondo esterno. Per esempio, un neonato non è in grado di camminare, mentre, con il trascorrere dei mesi, inizierà a utilizzare un rudimentale sistema di locomozione a quattro appoggi (quadrupedia), poi riuscirà a erigersi in appoggio bipodalico, fino ad azzardare i primi passi incerti di cammino. Dalla nascita dell’individuo, lo schema corporeo è in continua evoluzione, completandosi intorno al dodicesimo anno di vita (Grassi & Turci, 1992).
Non è difficile credere che tanto più numerose saranno le esperienze motorie del bambino, tanto più ricco, plastico e articolato sarà il suo schema corporeo. Infatti, un piccolo che vive in un ambiente stimolante, in compagnia di adulti che spesso gli si rivolgono, apprende meglio e prima di altri ad articolare il linguaggio. Lo stesso si può affermare nella motricità: un bambino libero di muoversi e di fare molteplici esperienze di gioco, diventerà un ragazzo dallo schema motorio composito e ben strutturato.

Per facilitare nel suo difficile compito il maestro o l’istruttore è possibile fornire qualche piccolo suggerimento, che costituisca lo spunto per ulteriori sviluppi e approfondimenti derivanti dalla competenza e dalla fervida fantasia di ognuno.

  • Esercizi che alternano momenti di contrazione muscolare intensa, ad altri nei quali le tecniche sono eseguite in modo più “rilassato”, consentono di percepire la differenza di tensione muscolare e di poter scegliere quella adeguata quando richiesto.
  • Analogamente, la percezione dell’esatta angolazione fra i segmenti corporei (ad esempio: rapporto fra la coscia e la gamba in un calcio; orientamento dei piedi in una precisa posizione) può essere favorita eseguendo le varie tecniche davanti a uno specchio, osservando quindi le correzioni apportate dal maestro; gli stessi movimenti devono poi essere ripetuti a occhi bendati.
  • Un altro esercizio da eseguire a coppie potrebbe essere il seguente: un allievo-scultore “modella” il proprio compagno-materia, facendogli assumere passivamente la posizione corretta indicata dal maestro; la stessa cosa può essere ripetuta in modo che l’allievo-materia opponga una certa resistenza all’azione dell’allievo-scultore. La sequenza può essere proposta anche a occhi chiusi (Grassi & Turci, 1992).

Lo schema corporeo è la capacità, che ogni individuo possiede, di organizzare le percezioni corporee e di metterle in relazione con il mondo esterno.

Ciò che colpisce il cultore del karate, scorgendo in questo una completezza formativa fuori dal comune, è l’osservazione che nei kata (tradizione codificata della nostra disciplina) la variazione delle direzioni di movimento, l’alternanza contrazione-decontrazione, velocità-lentezza, forza-cedevolezza sono costantemente rappresentate e ricercate. Motivo in più per considerare l’arte della mano vuota un ricco supporto educativo.

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