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Non conta la prova, ma il modo in cui la si supera

Non conta la prova, ma il modo in cui la si supera

Yoga e arti marziali richiedono di superare costantemente difficoltà che sono uno dei motori fondamentali per lo sviluppo personale.

Lo sport in generale, ma nello specifico, lo Yoga e le arti marziali in particolare richiedono di superare costantemente difficoltà che sono uno dei motori fondamentali per lo sviluppo personale.
Quando un neofita mi contatta per cominciare a frequentare un corso Yoga, chiede sempre se può essere inserito in una classe di primo livello. Rispondo sempre che non ci sono né classi né livelli: anzitutto perché lo Yoga e le arti marziali non si insegnano, ma si trasmettono; secondo, perché non esistono tot livelli, ma infiniti livelli, in un lento, costante, continuo, non definibile progresso di espansione. Infatti, nemmeno c’è un procedere lineare o verso l’alto, ma un’espansione di capacità e consapevolezza, come una sfera che si sviluppa in tutte le direzioni.

Lo Yoga e le arti marziali non si insegnano, ma si trasmettono.

I miei figli si dedicano al Judo e al Kyusho Jitsu ed è un piacere osservare come, con la pratica, i movimenti siano costantemente più fluidi, precisi ed eleganti. Questo accade anche nello Yoga: invito sempre ad ascoltare ciò che si sta facendo, più che a voler essere da subito tecnicamente perfetti. Questa osservazione permette di accorgersi delle difficoltà e di essere consapevoli dei propri errori oltre che di quello che accade nel corpo.
A che cosa porta questa attenzione? Ad affinare la propria consapevolezza, a estenderla a parti sempre più ampie del proprio corpo, ma soprattutto a rendersi conto delle difficoltà e delle emozioni sgradevoli connesse alle avversità. Se faccio fatica e sento la fatica, imparo a gestirla e a superarla. Se perdo l’equilibrio e lo ascolto, imparo a mantenerlo. Ogni avversità e ogni emozione frustrante sono fonti potenziali di sviluppo e di acquisizione di autonomia.

Le arti marziali e lo Yoga sono importanti perché impongono una costante attenzione a ciò che accade nel corpo, al respiro e alla mente. Come tre vertici di un triangolo questi tre elementi vanno mantenuti equidistanti. Quando sorgono difficoltà per un dolore o per un pensiero che ci decentra, emergono emozioni. Questi importanti messaggi ci spingono ancora di più ad affinare l’alchimia di questi elementi e ad addestrare la nostra consapevolezza.
Quando sono i bambini a praticare, i momenti difficili, comunque contenuti nello spazio sicuro di un tatami o di un materassino, insegnano a diminuire la tendenza a considerarci più importanti, superiori o migliori degli altri.
Molte volte accade che siano genitori frustranti a caricare i figli di aspettative eccessive e a trasmettere egocentrismo. (Si incontrano perlopiù ai margini di un campo… sono quelli che urlano).
Quando le difficoltà s’incontrano lavorando e praticando insieme ad altri, queste rafforzano la socializzazione e l’altruismo, moltiplicando gli effetti positivi. Non è raro constatare che il sostegno sociale e il senso di prossimità siano più forti nei luoghi meno privilegiati, perché più gli individui incontrano difficoltà nella vita quotidiana, più la solidarietà è un modo molto maggiormente vantaggioso di affrontarle rispetto alla competizione. Analogamente, nelle situazioni in cui un dolore fisico è condiviso con altri, questo contribuisce al sentimento di legame sociale e incoraggia gesti di solidarietà.

Ogni avversità e ogni emozione frustrante sono fonti potenziali di sviluppo e di acquisizione di autonomia.

Lo Yoga e le arti marziali insegnano a ridimensionare sensazioni, pensieri, emozioni spiacevoli. Aiutano a confidare nel fatto che ciascuno ha dentro di sé le risorse giuste per affrontare le difficoltà.
Nei bambini la pratica insegna a usare le proprie forze, ad avere maggiore fiducia nelle proprie competenze e ad avere graduale e maggiore autonomia. Fa bene anche ai genitori: smettono di sentirsi in colpa perché passano poco tempo coi figli, aumentano la qualità dei momenti trascorsi insieme e imparano a essere più indulgenti. Imparano a essere meno “genitori ombrello”, che pensano di fare del bene evitando ogni male.
La prossimità fisica e le difficoltà affrontate insieme agli altri consentono proprio di distillare, momento dopo momento, la nostra personalità. In questo modo apriremo anche i nostri sensi più sottili e impareremo a conoscere a fondo noi stessi, in ogni sfumatura della dimensione umana in cui stiamo attualmente vivendo. Troveremo e useremo doti nascoste e inaspettate, e le difficoltà diventeranno momenti in cui mettere a frutto ciò per cui ci stiamo allenando.

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