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Le spalle: il nostro Ego in relazione con l’esterno

Le spalle: il nostro Ego in relazione con l’esterno

Durante la pratica le spalle sono spesso rigide o contratte, diamo un significato psicosomatico e dei suggerimenti per il miglioramento.

(In KarateDo n. 29 gen-feb-mar 2013)

In collaborazione con il M° Riccardo Frare

Proseguendo con la lettura dei significati energetici dei più importanti distretti del corpo umano, tratteremo oggi una zona complessa e ricchissima di spunti per un karateka: le spalle. Come sappiamo sono una delle zone più difficili da imparare a gestire e allineare durante le pratica del Karate. Le cosiddette “spalle alte” o irrigidite sono uno scoglio da superare. Pochi riescono a superarlo e molti, dopo ripetuti tentativi, rinunciano.
Perché per un Karateka le spalle sono un tema così “duro” da sciogliere?
Intanto, è utile sapere che la spalla, dal punto di vista funzionale, è l’articolazione più mobile in assoluto. Fa parte del gruppo delle enartrosi, come la coxo-femorale, ma è molto più mobile di quest’ultima. È un’articolazione avvolta da fasce muscolari che ne preservano l’integrità e le permettono di compiere i numerosi movimenti che poi andremo a svolgere anche durante la pratica. Tali fasce muscolari non sono semplici da percepire in maniera diversificata, spesso la contrazione risulta poco intelligente e direzionata, ed è invece grossolana e come un tutt’uno. Muscoli che frenano e muscoli che accelerano, i colpi si contraggono in un tutt’uno di rigidità…

Il karate e la danza hanno una ricchezza di movimenti piuttosto simile. Perché per un ballerino le spalle sono un’articolazione come un’altra, mentre per noi marzialisti rappresentano una difficoltà?

“Danza guerriera”
Il karate e la danza hanno una ricchezza di movimenti piuttosto simile. Perché per un ballerino le spalle sono un’articolazione come un’altra, mentre per noi marzialisti rappresentano una difficoltà? Perché il Karate Do all’estetica unisce la capacità di trasmettere energia all’impatto. Semplificando, l’energia cinetica creata dai vigorosi movimenti del corpo deve trasmettersi dal centro fino alla mano, per poi scaricarsi senza dispersioni dentro l’avversario se c’è, oppure nel vuoto: il kime. Alla danza non è richiesto il kime!

Karate Do è relazione
Il Karate Do è un metodo per l’elevazione dell’uomo (G. C. Funakoshi), che trae le sue fondamenta dalla relazione fra Sé e Sé e fra Sé e l’Altro.
Nasce come un condensato di esperienze di guerra, tramandate da famiglie nelle varie generazioni. Lo Yoga è un metodo per l’uomo che non si fa a coppie. La meditazione Zazen non prevede il combattere con qualcuno, mantenendo uno stato di vuoto nello stesso tempo. Il Karate Do esiste grazie alla relazione a due, non trae beneficio dall’isolamento in se stessi. L’Uomo è incompleto senza la relazione con altri uomini. 

Un saggio equilibrio fra introspezione e relazione sociale
Uno dei significati psicosomatici delle spalle è il relazionarsi con il mondo esterno, l’Io (Ego) che si manifesta interagendo con l’esterno.

Ascoltarsi è la relazione con se stessi
Parallelamente a una presa di coscienza della manifestazione fisica della tensione alle spalle, occorre conoscere e comprendere che uno squilibrio verso l’alto della propria energia non è un qualcosa che prescinde da noi, da una nostra responsabilità, una sfortuna alla quale non si può porre rimedio. Anzi, tutto ciò è una parte di noi della quale non siamo consapevoli. Una tendenza spontanea, involontaria, che chiede luce, attenzione, consapevolezza.
Le spalle bloccate, alte, irrigidite denotano un senso di limite nella propria capacità di andare verso le cose (aggredire, cit. lat. ad- gredior, vado verso). Nell’aggressività non c’è connotazione violenta, c’è solo ascolto del proprio bisogno e movimento-verso il suo soddisfacimento. Come tutte le cose è lo squilibrio il problema, non la questione in sé.

Il Karate Do è un metodo per l’elevazione dell’uomo (G. C. Funakoshi), che trae le sue fondamenta dalla relazione fra Sé e Sé e fra Sé e l’Altro.

Abbracciare e colpire sono due facce della stessa medaglia
Essi sono due movimenti che nascono dall’interno, dall’intimo verso l’esterno (emozione, ex-moveo, muovo fuori). Tali movimenti interni possono trovare un conflitto con la nostra parte razionale, umana, egoica.
Osserviamo la nostra relazione con queste emozioni: possono essere considerate pericolose o spiacevoli e, perciò, venire inconsciamente rifiutate.  Al rifiuto segue il controllo muscolare involontario, in questo caso delle spalle, con il compito di sollevarsi e “staccare la spina” da questo fiume in piena. Le spalle che dovrebbero essere rilassate e calme, allineate per collegare come tubi le mani con il centro, si trasformano in dighe che con la rigidità tappano e strozzano il fluire dell’energia, il Ki. (Abbracciare per forza una persona a noi sgradita, non ci irrigidisce forse le spalle?…).
La mente inconscia irrigidisce la muscolatura oltremisura, in modo che questo movimento emotivo verso l’esterno alla fine non abbia luogo, o sia stato almeno in parte inibito e depotenziato. Impediamo alla nostra energia (Ki) di fluire fino alle mani.
Senza Ki, il Kime diviene un concetto, un’astrazione teorica e, perciò, non reale.

Suggerimenti
Presa di consapevolezza del grado di contrazione delle spalle tramite:

  • Esercizi di auto massaggio: fra un Kata e un altro promuovere dei semplici esercizi di auto massaggio. Grazie al contatto con le mani è più facile prendere consapevolezza del proprio grado di tensione.
  • Pratica davanti a uno specchio, senza giacca del karategi, per poter osservare le spalle durante l’esecuzione, ad esempio, della semplice tecnica di tsuki.
  • Esercizi di contatto a coppie: uno esegue un Kata con il compagno che da dietro lo segue mantenendo le mani sulle spalle. Il compagno aiuta avvertendo quando le spalle entrano in tensione.
  • Potenziamento della muscolatura stabilizzatrice e depressoria delle spalle: potenziamento dei muscoli  che stabilizzano la posizione del cingolo scapolare e adducono le braccia verso il centro; tra questi i più importanti sono: gran dorsale, rotondo, dentato, infraspinato, romboide.
  • Esercizio: a gruppi di tre, uno esegue shuto uke. I compagni lo sollevano da terra alzandolo da sotto i gomiti. Colui che esegue la tecnica mantiene le spalle basse e la tecnica inalterata.

Uno dei significati psicosomatici delle spalle è il relazionarsi con il mondo esterno, l’Io (Ego) che si manifesta interagendo con l’esterno.

Non toccare la forza della natura
Che cosa dire del pugno perfetto, todome, ricercato da ogni marzialista? Quale grado di accettazione di noi stessi ci invita ad avere la pratica del Karate Do per riuscire a mantenere le spalle rilassate nonostante la situazione? Possiamo arrivare a fidarci delle emozioni, viverle e lasciarci attraversare da questi potenti flussi di eccitazione che nascono dal centro (Hara) per raggiungere le parti della periferia? Se sì, ci lasceremo attraversare le spalle dalla forza della natura senza toccarla. Un canale vuoto.
Un “rilassamento attivo”, allineato, delle spalle, è una sfida difficile che il Karate Do pone. È risaputo che la forza devastante delle arti marziali non deriva dalla contrazione di una potente massa muscolare ed è sotto gli occhi di tutti che, grazie all’esperienza quotidiana, i veri Maestri invecchiando perdono prestanza fisica, ma i loro colpi divengono sempre più vitali e penetranti. Perdere prestanza fisica significa dunque perdere anche capacità di inibizione, contrazione e trattenimento. La “diga” delle spalle finalmente non regge più!

“… dopodiché tutte le tensioni delle spalle, i blocchi di forza e di energia del corpo si sono disciolti” M° T. Kase.

I Maestri ci invitano a non attendere solo la caduta del corpo per trovare la vera forza. Basta rilassare le spalle, accettare le proprie emozioni, sorridere, lasciarsi attraversare dal Flusso, non toccare nulla.
Smettere di fare la mano vuota… cominciare a essere vuoti!

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