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Il collo: ponte fra mente e corpo

Il collo: ponte fra mente e corpo

“Scendere” nel corpo significa provare a non utilizzare il corpo, ma ad andarci dentro, ad abitarlo.

 

(In KarateDo n. 28 ott-nov-dic 2012)

In collaborazione con il M° Riccardo Frare

Continuiamo il percorso intrapreso nell’articolo precedente, usando questa “mappa” per la lettura di noi stessi e dei nostri allievi, in una modalità che tenga conto dei diversi aspetti che ci compongono, siano essi corporei, mentali o energetici. Questa mappa, che è soltanto uno degli infiniti metodi di lettura dell’individuo, ci permette di fare più chiarezza e di dare il giusto nome alle cose, per far fronte a quella che a volte sembra una grande complessità.
Le premesse legate all’approccio del lavoro di presa di coscienza rimangono sempre le medesime:

  • Acquisire conoscenza
  • Aumentare la propria percezione grazie a uno stato di ascolto 
  • Rispetto di sé e accettazione incondizionata 
  • Pratica verso una direzione sempre più armonica e naturale

Solo un maestro consapevole rende un allievo consapevole.

È evidente che solo grazie a un’accresciuta sensibilità e conoscenza di noi stessi sarà possibile in un secondo momento, come insegnanti, aiutare l’altro. Questo genere di consapevolezza si trasmette per vicinanza, per coerenza e non grazie a spiegazioni. Solo un maestro consapevole rende un allievo consapevole.

Il tratto cervicale
Il collo è una zona che può essere facile sottovalutare, ma è grazie a esso che  avviene il collegamento fra la testa e il corpo. Il collo permette il fluire delle sensazioni verso l’alto e delle decisioni verso il basso. È insomma il ponte anatomico fra la mente e il corpo. Notevole è il breve elenco di tutto ciò che scorre all’interno del tratto cervicale dal basso verso alto e viceversa:

  • nervi cranici (es. il nervo frenico che innerva il diaframma),
  • il midollo spinale e annessi neuroni sensitivi e motori di tutto il corpo,
  • il canale alimentare,
  • le vie aeree superiori (trachea) con annesse le funzioni fonatorie (laringe),
  • giugulari e carotidi (tra le più importanti) per la vascolarizzazione cerebrale,
  • il sistema linfatico con un gran numero di gangli per la protezione immunitaria.

Il collo, inoltre, è una zona protetta solo dalla muscolatura, una muscolatura forte, ma con la parte ossea strutturale molto in profondità, anziché in superficie. Viene naturale quindi percepire il collo come una zona da proteggere e, infatti, in un improvviso momento di paura si prevede il riflesso spontaneo di nascondere il collo con le spalle e la testa. In natura è il luogo dove ciascun predatore addenta la sua preda. Nelle arti marziali è bersaglio potenziale di innumerevoli colpi mortali.

Contrazione cronica = Isolamento
Come detto in un articolo precedente, la tensione muscolare cronica è il prodotto di una decisione di isolare dal punto di vista percettivo una determinata zona corporea. Il processo d’isolamento percettivo, che nel passato la mente ha fatto, è significativo rispetto a una determinata zona del corpo piuttosto che un’altra. Riappropriarsi del corpo non è un “fare”, ma un sentire; lo scioglimento avviene perché finalmente mi sento, non perché eseguo. Questo a partire da zone più superficiali ad altre via via più profonde e inconsce.
Essendo il collo una zona ricca di spunti, elenchiamo i principali segni di uno stato di tensione e blocco in questa zona, dividendo fra tensione muscolare e tensione a voce/respiro.

Muscolatura

  • Rigidità nei movimenti della testa, senso di scoordinazione generalizzato
  • Mancanza di equilibrio statico/dinamico (es. su una gamba sola o durante le rotazioni)
  • Difficoltà a ruotare la testa tenendo il busto fermo, tipo “monoblocco” (es. anticipo dello sguardo nei kata)
  • Difficoltà nell’eseguire le tecniche visione binoculare
  • Anteposizione o retro posizione del capo (mento-naso in avanti o troppo indietro)
  • Posizioni del capo disallineate (dismorfismi, testa pesante, che “ciondola”)

Voce/respiro

  • Respiro breve, quasi soffocato, “muto”
  • Espirazioni eccessivamente rumorose
  • Senso di costrizione nel respiro
  • Voce flebile e strozzata
  • Tendenza a perdere la voce dopo un kiai
  • Kiai molto sforzato, con ingrossamento e arrossamenti della muscolatura e dei vasi
  • Difficoltà a deglutire (“ho un nodo in gola”)

Esercizi

  • Infilare un bastone (tipo manico di scopa) nella cintura appoggiandolo alla colonna vertebrale all’interno del karategi. L’allievo pratica cercando di mantenere la nuca appoggiata al bastone mantenendolo verticale.
  • Esercizi di auto-massaggio al collo e spalle a coppie, da fare a fine allenamento. Essi sono molto comuni al termine delle lezioni nei dojo giapponesi.
  • Per favorire la percezione del collo: a coppie, il primo esegue lentamente una sequenza semplice di kihon e il suo compagno da dietro lo accompagna, mantenendo la mano a coppa dietro la nuca. Il contatto deve essere morbido, dare calore e sviluppare fiducia.
  • Eseguire i kata mantenendo un suono naturale, costante e non forzato, es. vocale “Ahh”. La vibrazione delle corde vocali crea uno scioglimento della muscolatura profonda che avvolge la trachea.
  • Dare maggiore attenzione a yoi e yame, come momenti di ascolto e ricerca della verticalità.

Curiosità

  • La lordosi del collo è spesso collegata con la lordosi lombare. Se un atleta presenta il sedere in fuori durante una posizione, allineando prima il collo, spesso sarà più facile allineare poi il bacino.
  • Sciogliere le tensioni alla muscolatura del collo, migliora la verticalità e l’equilibrio.
  • Il collo è una zona importante nello sviluppo del neonato in quanto, non avendo ancora acquisito la verticalità, essa risulta essere molto tenera e sensibile. Stati di deprivazione affettiva, pianto convulso, senso di abbandono, creano delle tensioni croniche che si protraggono fino all’età adulta.
  • Sciogliere le tensioni alla gola migliora la timidezza, le capacità di relazione, l’espressione dei propri bisogni.
  • La testa pesa molto ed è molto lontana dal baricentro. Posizioni della testa fuori dall’asse centrale vengono bilanciate con compensazioni e tensioni del rachide. Una buona verticalità è quando la testa sembra non pesare, essere leggera, perché è allineata “a piombo” con la schiena e gli arti inferiori fino a terra.

Riappropriarsi del corpo non è un “fare”, ma un sentire.

Sciogliere il collo è indispensabile per “entrare” veramente nel corpo. Percepire la natura che è in noi è il primo passo per percepire la natura fuori di noi.
La tensione al collo crea un’esperienza di sé come utilizzatori del corpo. Esso diventa una macchina per portare in giro il capo.
“Scendere” nel corpo significa provare a non utilizzare il corpo, ma ad andarci dentro, ad abitarlo… E se provassi a praticare il Karate da quaggiù, come sarà?

 

Bibliografia:
Stirk J., Il grande libro dello stretching, 1988, Mondadori.
Lowen A., Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica, manuale di esercizi pratici, 1979, Astrolabio.
Marchino L., La Bioenergetica, Anima e Corpo, 1995, Xenia.

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