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Gorin No Sho

Gorin No Sho

“La tradizione è custodia del fuoco, non adorazione della cenere”. Le parole di Tea Pecunia curatrice dell’ultima edizione del testo di Musashi.

di Susanna Rubatto

Tea Pecunia da oltre vent’anni e con venticinque libri all’attivo, si occupa di cultura orientale, in particolare di buddhismo, di Zen, di meditazione e dei classici della letteratura giapponese riguardanti soprattutto i Samurai, di cui ha curato vari volumi, spesso assieme a Marina Panatero, come in questo caso con “Il libro dei cinque anelli”.
Ci illustra un’edizione accurata, con una ricca introduzione sulla figura di Musashi, sull’arte della spada, sia negli aspetti tecnici, sia storici, corredata da note esaustive, cronologia e glossario. In appendice i venti precetti del “Dokkodo”.  

Come diceva Gustav Mahler “la tradizione è custodia del fuoco, non adorazione della cenere”.

Da dove nasce Tea il tuo interesse per la cultura giapponese?
È una fascinazione che ho fin da piccola, perché mio padre aveva la stessa passione e, viaggiando molto in Giappone per lavoro, ci faceva “respirare” questa cultura.
Inoltre, ho sempre amato molto la letteratura nipponica sui Samurai e sullo Zen, perché mi aiutava a vivere, insegnandomi la resilienza.
Ho poi praticato delle arti marziali come il karate Wado ryu e l’Aikido, approcciando anche un po’ il Kendo e il Kyudo.
Quello che ci insegna la letteratura giapponese sui Samurai è la determinazione, la resistenza, la perseveranza e l’autodisciplina, alla fine la resilienza. Ci insegna a superare la paura, che non significa non provarne, ma di non farsene sopraffare. Questa letteratura è una grande maestra di vita, Musashi stesso dice che l’arte marziale va applicata alla vita di tutti i giorni.
Io ho sempre avuto questi due filoni: la meditazione e il Giappone, che sono assolutamente tangenziali, e trovo siano un modo “ecologico” per vivere. Che non s’intende essere invincibili o astrattii dal reale, ma si parte dal presupposto zen che siamo tutti Buddha, siamo tutti degli illuminati… ma ce ne siamo dimenticati. 

Che cosa vuoi comunicare a chi legge i tuoi libri?
Ciò di cui mi interesso sono i temi che cerco di trasmettere ai miei lettori.
Io non sono una iamatologa [studiosa della lingua e della cultura giapponesi NdA], sono laureata in filosofia, ho due master, e ho studiato approfonditamente il Giappone. Però ho un’amica Yoko Dozaki che, come per questo testo, mi cura le traduzioni dal giapponese, con il pregio quindi di una linea diretta di traslazione dalla lingua originaria.
La mia vuole essere una trasmissione in shin con i lettori, da cuore a cuore, in fiducia, andando oltre le parole, che è poi il tipo di comunicazione dei maestri zen ed è questo loro grande insegnamento che io cerco di divulgare.

Questa edizione in che cosa si differenzia dalle precedenti?
Per quanto riguarda la Feltrinelli, questa è la loro prima edizione e ho ritenuto che non potesse mancare nel loro catalogo.
Diciamo che nelle edizioni precedenti i due principali traduttori di riferimento sono americani e sono molto bravi, ma qui la traduzione è diretta, da una madrelingua. Questo è molto importante per non rischiare strafalcioni.

Quali sono gli aspetti salienti di questa edizione del libro?
Sicuramente la fedeltà al testo. Poi, come diceva Gustav Mahler, “la tradizione è custodia del fuoco, non adorazione della cenere” e in questo senso l’opera di Musashi rimane esemplare non solo per l’arte della spada, ma per la nostra vita stessa.
Lo illustro bene nella mia introduzione, dove il tema più forte è il superamento della paura della morte, che mai come in questo periodo penso ci stia segnando, che è raggiunto attraverso la costante speculazione sulla fine della vita. Si sa che questa è una tematica propria dei Samurai, la si ritrova anche nell’Hagakure [Nascosto dalle foglie di Yamamoto Tsunetomo 1659-1719 NdA]  quale ferma accettazione della morte, grazie alla quale non si è più “schiavi”.

Il tema più forte è il superamento della paura della morte.

C’è inoltre tutta una parte dedicata alla spada giapponese, supervisionata dal Maestro di spada Claudio Alessandro Regoli. La spada  rappresentava l’anima del Samurai, intesa non solo come strumento di morte, ma di evoluzione e di crescita spirituale.
Questa edizione è tra le altre cose corredata dal Dokkodo, “La via da seguire da soli”, il brevissimo manoscritto di ventuno precetti che Musashi compose pochi giorni prima di morire nel 1645. Qui è condensata la sua eredità spirituale e personalmente lo considero un testo profondissimo, di cui mi piace ricordare il passaggio finale:

Puoi abbandonare il tuo corpo, ma devi preservare l’onore.
Non perdere mai la Via.”

Lo sento come un’iniezione di forza ed energia a contrastare la cultura del “piagnisteo” a cui troppo spesso siamo abituati, ma che non ci porta da alcuna parte. Non si tratta certo di perseguire il dolore, ma lamentarsi non risolve le situazioni e queste parole ci trasmettono quell’energia totale che può aiutarci a vivere. Penso che Feltrinelli abbia voluto pubblicarlo in questo periodo di pandemia, proprio in un’ottica di aiuto alle persone.

Qui la nostra recensione al libro Il Bushido per donne guerriere delle stesse autrici. 

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