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“Disciogliere” la tensione

“Disciogliere” la tensione

Nelle rigidità e nelle tensioni muscolari croniche sono spesso bloccate le nostre emozioni rimosse.

(In KarateDo n. 26 apr-mag-giu 2012)

in collaborazione con il M° Riccardo Frare

Tanden, tanden, tanden…
Mantenevo sempre la concentrazione su questo punto, ma non sapevo in verità come fare ad avere il mio hara. Avevo semplicemente deciso, e vi ho creduto con tutte le mie forze e, stranissimo, un giorno era lì.[…]
Dopodiché tutte le tensioni delle spalle, i blocchi di forza e di energia del corpo si sono “disciolti”. Ancor oggi non so quale esercizio ha prodotto questo risultato, ma è sempre lì!”. (… e segue una risata di gioia del Maestro Kase!).

L’unica cosa che rimane imprescindibilmente legata all’esperienza reale è la relazione Maestro-allievo, senza la quale gli insegnamenti non prendono vita.

In un mondo globalizzato, Oriente e Occidente appaiono come due facce della stessa medaglia. Grazie a internet la cultura diviene de-localizzata, conoscenze e scoperte viaggiano da una parte all’altra del mondo influenzandoci come mai prima. Ogni conoscenza può appartenere a tutti.
L’unica cosa che rimane imprescindibilmente legata all’esperienza reale è la relazione Maestro-allievo, senza la quale gli insegnamenti non prendono vita, rimanendo solo delle bellissime parole. Esplorando Oriente e Occidente ecco dunque che può accadere di trovare congruenze e simmetrie di pensiero fra Maestri che appartengono a culture e a pratiche diverse.
Consapevoli della grandezza e dell’importanza dell’argomento trattato, proviamo a delineare, in maniera semplice, la tensione muscolare cronica, in un’ottica che integri aspetti corporei, psicologici ed energetici, orientali e occidentali.

Disciolgo, sciolgo via
La lettura della tensione muscolare, come forma di “trattenimento” anche psichico, si deve al viennese Wilhelm Reich, grande e promettente allievo di S. Freud. Egli scoprì delle connessioni specifiche tra tocchi (tatto) ed emozioni, e utilizzò questa lettura nel suo approccio psicoterapeutico. Influenzò quell’area della ricerca analitica che a tutt’oggi vive un momento di grande vitalità e diffusione, la Psicologia Umanistica. Reich riuscì a tracciare il nesso fra stato corporeo e stato psicologico e il modo in cui l’uno influenza l’altro. In Analisi del Carattere descrive la correlazione fra nevrosi e stati di tensione muscolare cronica e le possibili vie di scioglimento.
Semplificando: un’emozione (dal lat. ex-movo, uscire fuori) ha la caratteristica di essere un’esperienza energetica che necessita di spazio e movimento per poter essere espressa. Provare un’emozione, impedendo al corpo di effettuare qualunque movimento, ci obbliga a uno stato di tensione e trattenimento faticosissimo e molto doloroso da sostenere. Alcuni esempi: pensiamo al desiderio di piangere e a quali muscoli vengono coinvolti per trattenerne l’espressione, o alla rabbia e all’impossibilità di poterla scaricare… perché non è quello il luogo, il momento o, forse, ci è stato proprio “proibito” di farlo. Dopo poco tempo compaiono tensioni dolorose alla base della schiena, alla zona cervicale, alle spalle, alla mascella. Il trattenimento crea uno stato di rigidità involontaria, in zone muscolari direttamente collegate con il tipo di emozione in questione. Il risultato di queste rinunce e di questi rinforzi, tesi ad adattare la spontanea vitalità dell’organismo alle condizioni ambientali, è ciò che viene chiamata armatura caratteriale.
Il sistema nervoso vegetativo prende quindi il sopravvento sul comando volontario. Fissa la tensione portandola a uno stato inconscio. Reich, con la vegetoterapia, scoprì che tramite un contatto sensibile è possibile generare dei riflessi sul sistema nervoso autonomo, facendo riaffiorare, in talune situazioni, emozioni e vissuti rimossi.

Il trattenimento crea uno stato di rigidità involontaria, in zone muscolari direttamente collegate con il tipo di emozione in questione.

Non si rilassa ciò che non si percepisce
Un aspetto molto interessante della rimozione, sotto l’aspetto corporeo, è la perdita di sensibilità propriocettiva che si accompagna allo stato di tensione cronica, sopra descritto, della zona interessata. Dove c’è tensione, vi è inconsapevolezza.
È possibile praticare Karatedo in un corpo privo di consapevolezza? Dai piedi, passando per il bacino, alla punta della testa, l’artista marziale deve essere il più consapevole possibile di sé. Deve insomma dedicarsi all’ascolto. Quando la tensione psicosomatica diviene cronica, essa passa al di sotto della coscienza, divenendo parte integrante della struttura corporea. Si forma così quella che Reich per primo definì corazza carattero-muscolare. In sostanza, il carattere di un individuo è profondamente collegato alla presenza di tensioni croniche nel corpo, più o meno diffuse. Tali blocchi, secondo Reich e in seguito secondo tutta la psicologia umanistica, si cristallizzano nel corpo nei primi anni di vita, già dalla vita intrauterina fino ai 6-7 anni d’età.

Alexander Lowen, uno fra i più grandi e famosi medici psicanalisti del ‘900 e allievo di Reich, delinea l’Analisi Bioenergetica, frutto della felice unione di psicanalisi ed esercizi corporei, di unione fra mente e corpo. La tesi fondamentale della Bioenergetica nasce dai fondamenti della visione reichiana, cioè che corpo e mente sono funzionalmente identici. Questo significa che ogni tensione muscolare serve a non sentire le emozioni “proibite” in essa trattenute e contenute. La mappa delle emozioni rimosse diviene così leggibile nel corpo. Lowen, che all’età di 97 anni riceveva ancora pazienti in analisi, è andato poi oltre, sviluppando il concetto di grounding, incredibilmente congruente alla spiegazione data da numerosi maestri di arti marziali su tali tematiche energetiche.

Il carattere di un individuo è profondamente collegato alla presenza di tensioni croniche nel corpo, più o meno diffuse.

IL GROUNDING, OVVERO, IL RADICAMENTO

“[…] Noi esseri umani siamo come gli alberi: radicati al suolo con un’estremità, protesi verso il cielo con l’altra, tanto più possiamo protenderci verso l’alto quanto più sono forti le nostre radici. Se sradichiamo un albero, le foglie muoiono; se sradichiamo una persona, la sua spiritualità diventa un’astrazione senza vita.”  (Lowen A., La spiritualità del corpo, ed. Astrolabio, Roma, 1991).
“Entrare” nelle proprie gambe significa spostare la propria consapevolezza e sensibilità verso il basso. Lowen la definisce una sorta di “messa a terra” dell’individuo, simile alla massa a terra per scaricare l’energia elettrica negli impianti domestici.
Ora, risulta molto interessante a tal proposito riportare questo articolo: “[…] Senza sosta mostrava e invitava a collegare l’hara, centro dell’energia dell’uomo, con la Terra, collegare l’energia dell’uomo con la Terra, e questa ripeteva è la condizione per connettersi con un’altra energia ‘misteriosa’, l’energia dell’Universo. Il M° Kase chiamava questa la 4ª dimensione del Karate. Diceva che questo è al di là della logica, è misterioso, ma affascinante perché permette di progredire infinitamente…”. (Luciano Puricelli, www.csc.ve.it).

Sono tanti i maestri di Karate do che insistono sull’importanza nella pratica di coltivare “radici” profonde come alberi. La stessa pratica del Karatedo porta la persona a sviluppare una maggiore consapevolezza della propria base d’appoggio e del proprio peso. Il kata stesso aiuta a percepire e a gestire il proprio baricentro. Inoltre, la particolarità dello stile Shotokan di abbassare leggermente più degli altri stili il baricentro in direzione della terra, facilita la scoperta di tale sensazione. Un appoggio radicato o grounded dei piedi si dimostra dunque indispensabile per percepire il proprio hara. Il contributo di queste scoperte si integra perfettamente con gli insegnamenti che ci sono stati lasciati dai Maestri. La meditazione pone l’enfasi sul presente, come unico vero momento reale. La non-mente, il non attaccamento, sono strumenti per togliere il velo di Maya e realizzare la propria natura di Buddha.
Le psicoterapie corporee, tramite l’analisi del proprio passato, contribuiscono a dar risposte e fornire strumenti di lavoro, per dissolvere gli attaccamenti che come ostacoli ci impediscono di progredire. Gli ostacoli sono dunque le nostre tensioni, dalle più grossolane alle più sottili. Esse sono attaccamenti, che con la loro rigidità si “attaccano” alla nostra vera natura, impedendoci di scendere in profondità dentro di noi.

Un appoggio radicato o grounded dei piedi si dimostra dunque indispensabile per percepire il proprio hara.

Il corpo come via d’accesso
Qualunque esperienza vissuta passa dal corpo. Il corpo rappresenta la nostra storia, dai primi istanti di vita al momento più recente. Gioie e drammi ci attraversano il corpo, segnandolo. “Accettare di essere più coscienti oggi è essere costretti ad accettare i dolori del passato. Le arti marziali non fanno l’analisi del vissuto, ma il lavoro sul corpo impedisce il ristagno dell’energia. Rimetterla in movimento ri-attualizza i ricordi delle sofferenze rimaste inconsce e svela i comportamenti presenti che ne derivano”.
Il praticante di Karatedo trova nel corpo il proprio mezzo privilegiato di accesso all’esperienza di sé. Possedere dunque tensioni e praticare Karatedo è una fortuna, perché, grazie al maestro e ai suoi insegnamenti, siamo invitati a guardare chi siamo e da dove veniamo. Invitati quindi, a risolvere le tensioni, a rilassarci e sorridere di gioia!

BIBLIOGRAFIA
Reich W., Analisi del Carattere, 1973 SugarCo.
Marchino L., Mizrahil M., Il corpo non mente, Frassinelli, 2004, p. 11.
Lowen A., La spiritualità del corpo, ed. Astrolabio, Roma, 1991.
Luciano Puricelli, www.csc.ve.it
Cognard A., Vivere senza nemico, ed. Varianti. 2011.

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