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Il “Dominio del Cerchio Perfetto” – Come superare la mente conflittuale secondo la Sekiguchi Ryu

“Due cose certamente vengono insegnate con le arti marziali: la consapevolezza e la presenza. Consapevolezza di ciò che succede attorno e fuori di noi e presenza in ciò che stiamo facendo”.

“L’inizio mostra la forza e la debolezza oppure la velocità e la lentezza,
ma alla fine le cose diventano assolute.
Non dovete essere parziali. Sinistra o destra, alto o basso, saltare o ricadere, tirare la spada o tirare il fodero. Stare in piedi o seduti. Questi sono dualismi.
È importante cogliere il mezzo.
Se ci penso è come accendere l’acqua con il fuoco.
Se un uomo e una donna si uniscono, nasce un bambino.
Questo è opera Divina.
Quando le cose opposte si uniscono, questo è un atto provvidenziale.”

真圓之位 (SHINEN NO KURAI) Il Dominio del Cerchio Perfetto

Se c’è un conflitto esso risiede invece nel modello cognitivo scelto e usato dall’uomo occidentale.

Possiamo considerare lo stato d’equilibrio come un’espressione di perfezione? E alla fine, cos’è la perfezione se non un’armonia tra elementi, a volte opposti, in quantità e qualità?
Più specificatamente: non è forse nel gesto tecnico delle arti marziali che il mantenimento della stabilità delle strutture dinamiche, caratterizzata dalla simmetria e dalla sincronia spazio-temporale delle parti in movimento, è di cruciale importanza? E questo “equilibrio dinamico” non ha forse come conditio sine qua non il superamento del dualismo soggetto-oggetto, specie secondo le dottrine orientali?

Il Dominio del Cerchio Perfetto (Shinen no Kurai) è un breve scritto appartenente alla tradizione della Sekiguchi Ryu dove tale concetto di equilibrio dinamico, armonia tra gli opposti, ridonda negli esempi e nelle metafore. Il richiamo all’atto provvidenziale e al senso del “divino” (Kami) fa pensare a un’influenza inequivocabilmente Shinto oltre che Buddhista; quest’ultima riconducibile all’elaborazione dell’idea sostanziale di superamento dei dualismi.
Ci troviamo di fronte a un elaborato dalla duplice connotazione: filosofica, innegabilmente, ma anche pratica. Lo Shinen no Kurai è una guida realistica alla corretta esecuzione di qualsiasi kata della Sekiguchi Ryu Battojutsu. Eppure, in questa “duplice connotazione” non vi è assolutamente alcun conflitto, dualismo, contrapposizione.
Se c’è un conflitto esso risiede invece nel modello cognitivo scelto e usato dall’uomo occidentale ed è il motivo del tanto fascino e interesse che le pratiche e le filosofie orientali hanno sempre esercitato.
Il “grande paradigma d’Occidente” formulato da Cartesio, distingue il soggetto dall’oggetto, la filosofia e la ricerca riflessiva da un lato, la scienza, la ricerca oggettiva dall’altro; una dissociazione che si muove lungo tutta la nostra conoscenza. L’anima è contrapposta al corpo, lo spirito alla materia, il sentimento alla ragione, la finalità alla causalità e così via.
Sarebbe scellerato, nondimeno, rifiutare la scienza con le sue applicazioni e i benefici da cui la vita “materiale” dell’uomo ha tratto indubbio giovamento. Basti pensare ai progressi nel campo medico, dalla prevenzione fino alla cura delle malattie, oppure agli sviluppi delle tecnologie di comunicazione che permettono anche a chi scrive questo articolo di comunicare questo testo con immediatezza a chi, con altrettanta immediatezza, lo pubblicherà su una piattaforma mediale che conferirà allo scritto una potenziale ampia diffusione. Gli esempi sono innumerevoli, ma questo “giusto” processo evolutivo non è stato immune da effetti collaterali. Abbiamo perso qualcosa in questo percorso in avanti.

Siamo in grado di dare tutte le spiegazioni possibili su tutto, ma non di trovarne il senso.

La concezione del mondo della scienza classica si basa sulla coincidenza tra razionalità logica e verità oggettiva, confondendo l’effetto con la causa; un errore interpretativo a causa del quale pensiamo che la mappa per mezzo della quale rappresentiamo il reale, sia il territorio in cui viviamo. La scienza, efficacissima a distruggere razionalmente le superstizioni e le credenze irrazionali, in tale – ribadisco fermamente – giusto processo, ha anche sgretolato le risposte metafisiche sul senso della vita e, cosa più grave, non è stata in grado di fornire i “necessari” sostituti, lasciando l’uomo contemporaneo in balia del nichilismo, alla perdita dei valori, alla mancanza di uno scopo. Siamo in grado di dare tutte le spiegazioni possibili su tutto, ma non di trovarne il senso. Siamo in grado di spiegare il “come”, ma non di capire il “perché”.

Le pratiche marziali come la Sekiguchi Ryu Battojutsu o il Karate, benché nate per finalità estremamente pratiche, sono fortemente intrise di concetti del pensiero orientale. Quella scissione tra “filosofico” e “pratico” in Giappone, come nel resto dell’Asia, non è mai avvenuta. Lo Shinen no Kurai ne è un fulgido esempio.
Due cose certamente vengono insegnate con le arti marziali in generale e nella pratica del Battojutsu della Sekiguchi Ryu in particolare: la consapevolezza e la presenza. La consapevolezza di ciò che succede attorno e fuori di noi e la presenza in ciò che stiamo facendo. Si tratta degli stessi concetti alla base della meditazione. Nel momento in cui siamo in grado di distinguere l’azione dalla reazione, siamo consapevoli dell’azione (lo stimolo ricevuto) e siamo presenti nella reazione (la risposta che forniamo). Attraverso la decisione cosciente di far seguire all’azione una reazione, ci riappropriamo della nostra identità, del perché; un’identità che perdiamo ogni volta che agiamo in modo automatico senza un perché, senza cogliere il senso di ciò che siamo in quel dato momento.

Il Battojutsu della Sekiguchi Ryu insegna a coordinare i gesti tra loro, a dare un significato alle proprie azioni, dove ogni gesto viene eseguito in un preciso momento, in armonia col successivo, fino a giungere al “Domino del Cerchio Perfetto”. Emerge da tale pratica, come in altre discipline, un punto d’incontro, un “cogliere il mezzo”, che ci rende coscienti degli schemi abituali, dei comportamenti, dei gesti ripetuti senza scopo da una mente divisa dal suo corpo.
Nella ricerca di questa “via di mezzo” accade spesso un momento di smarrimento che ha il suo culmine nella fuga verso il nichilismo. Siamo così pieni di “spiegazioni” che la conoscenza stessa ci vieta di uscire dal suo “pieno esistenziale”, obbligandoci, al contrario, a subire questa suddivisione continua della realtà. Attraverso consapevolezza e presenza riusciamo però a rilassare la nostra mente, raggiungiamo quel senso di calore e di inclusione, segno della comprensione che la nostra vita è quella parte (Io) che è nel tutto (Universo) che è in noi.

Attraverso la decisione cosciente di far seguire all’azione una reazione, ci riappropriamo della nostra identità, del perché.

Il metodo del pensiero orientale, riflesso anche nelle pratiche marziali da esso influenzate, porta inizialmente alla negazione dell’Io e del mondo, al non-dualismo. Si agisce per “sottrazione”, non per “negazione”, attenzione! L’intento è quello di farci allontanare dagli schemi abituali di attaccamento alle cose. Il semplice agire quotidiano, come il dedicarsi allo sviluppo di una propria capacità o l’imparare a coordinare i propri movimenti, come avviene per l’appunto con le arti marziali, sono il mezzo efficace per il conseguimento di coscienza e presenza.
Nella pratica del Sekiguchi Ryu Battojutsu, attraverso lo studio dei gesti tecnici e dell’armonia nell’eseguire gli stessi, come insegna lo Shinen no Kurai, ritroviamo equilibrio tra mente e corpo.

 

Bibliografia
Deshimaru, T. (1995), Lo zen e le arti marziali, trad. it. di F. Guareschi, Milano.
Musashi, M. (2002), Il libro dei cinque anelli, ed. it. a cura di L.V. Arena, Milano.
Rossi, D. (2005), Il corpo ingannato tra metafisica e tecnologia, Napoli (tesi di laurea).
Sun-tzu (1997), L’arte della guerra, ed. it. a cura di L.V. Arena, Milano.
Takuan, S. (1995), Sogni. Scritti di un Maestro Zen a un Maestro di Spada, trad. it. di P. Gonella, Milano.
Wilber, K. (2001), Oltre i confini. La dimensione transpersonale in psicologia, trad. it. di A. Ferroni, Assisi.

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