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Il fascino discreto della scomodità

Il fascino discreto della scomodità

È nel DNA di ogni sportivo la convinzione che maggiori sono gli sforzi e il disagio della pratica, maggiori saranno la soddisfazione e il beneficio che se ne ricava.

La palestra del mio maestro dista poche centinaia di metri dalla mia residenza attuale, ma quando ho iniziato a praticare mi ci volevano un’oretta e due mezzi pubblici (il 15 e la “N”), e rincasavo alle dieci e mezzo di sera, con la pancia che brontolava e le gambe di legno. Per fortuna allora c’era mia madre che mi preparava una bella cenetta, mentre io le raccontavo cruenti aneddoti del mio allenamento. Già all’epoca ero fiero del mio stoicismo e della mia dedizione al karate, ma c’era chi faceva meglio di me: il (futuro) M° Dario Marchini emigrava da Brescia a Modena per seguire le lezioni di Roberto Baccaro.
Il senso di questa lunga premessa retrospettiva: è nel DNA di ogni sportivo la convinzione che maggiori sono gli sforzi e il disagio associati alla pratica, maggiori saranno anche la soddisfazione e il beneficio (fisico e psichico) che se ne ricava; anche in contrasto con l’evidenza che l’hangover dopo una faticaccia si misura non in ore, ma in giorni di spossatezza e stordimento. È questo il segreto del fascino della Maratona di New York e, per noi marzialisti, degli stage, più di quelli lunghi e brutali d’antan che di quelli leggeri e affabili del giorno d’oggi, per non parlare di quelli in DAD di recente e infausta memoria…

Il M° Fugazza in questi allenamenti ha la leggerezza e la gentilezza che non ti aspetteresti.

Il corso di kata bunkai del Fugazza a Monza presenta molte di queste affascinanti caratteristiche e gode perciò da anni di grande successo. Si svolge una volta al mese, di mercoledì, nel meraviglioso orario serale dalle 20 alle 22, il che significa, per molti praticanti, ritorno a casa e cena per le ore 23, prima di abbandonarsi al sonno del giusto. Chi conosce l’hinterland milanese sa bene che Monza in quell’ora si trasforma in una meta irraggiungibile, tra code a passo d’uomo in tangenziale Est, digressioni improvvise suggerite dalla voce metallica del navigatore e altrettanto improvvise sparizioni di ogni traffico (tipo apocalissi nucleare), per cui rischi di trovarti solo in palestra un’ora prima dell’inizio, o di arrivarci trafelato quando tutti sono già in fila per il saluto.
Appena però varchi la soglia della palestra Buonarroti, la tensione ti abbandona di colpo e tu ti ritrovi nella magica atmosfera di questo corso. Rivedi amici e conoscenti e gran parte dei tuoi compagni di corso dello Yudanshakai e hai tutto il tempo del mondo per riscaldarti e allungarti in questa enorme palestra appena ristrutturata, nella quale il tatami è grande come il campo di San Siro (esagero) e lo spogliatoio ha le dimensioni del bagno di casa tua (non esagero), per cui, anche in ossequio alle norme anti-Covid, eccetera eccetera, molti preferiscono cambiarsi sul tatami e fare la doccia a casa propria verso le 23 e 30.

… la tensione ti abbandona di colpo e tu ti ritrovi nella magica atmosfera di questo corso.

Il M° Fugazza in questi allenamenti ha la leggerezza e la gentilezza che non ti aspetteresti da chi ha probabilmente insegnato per tutto il giorno e si presenta a Monza dopo aver affrontato la tua stessa trasferta. Ci presenta il programma della serata e si comincia la lezione. L’ultima volta abbiamo studiato ed eseguito in parallelo il bunkai dei due kata gemelli, Gojushihosho e Gojushihodai, due tra i miei preferiti, anche perché privi di salti e di calci (con l’eccezione di tre maegeri). In questo corso, a meno che non ci si presenti con un partner, può capitare di trovarsi in coppia con chiunque, più abile o più maldestro di te, per cui il divertimento è garantito.
Il ritmo dell’allenamento è abbastanza blando, anche se non sono da escludere improvvise accelerazioni, quando il maestro ritorna dal bunkai al kata, e ce lo fa eseguire forte e senza comando. La pratica delle applicazioni (come ben sa chiunque le alleni) conferisce realtà all’esecuzione della forma e rende labile il confine tra kata e combattimento. Difese, prese e contrattacchi sono concreti e producono un effetto visibile sul compagno di allenamento.
Può anche capitare che la fine della lezione arrivi qualche minuto prima dell’orario stabilito, accolta non con sollievo, ma con un vago rimpianto: niente paura, sappiamo già che ritroveremo il maestro e i compagni al prossimo appuntamento. Tra un mese, alla solita scomoda ora, in capo al mondo.

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