Claudio Guazzaroni, la perdita di un campione e di un insegnante che al karate ha dedicato le ultime scintille di energia.
Ho conosciuto i fratelli Guazzaroni all’inizio degli anni Ottanta. Nella mia duplice veste di arbitro e di coach di due atlete della Nazionale di karate della federazione unificata, ho presenziato a numerose gare e raduni nazionali e internazionali, e i due Guazzaroni, Claudio e Gianluca, erano sempre fra i protagonisti, immancabilmente seguiti e chiassosamente sostenuti dal padre, loro primo insegnante e grande tifoso.
Devo dire la verità, nei primi tempi dopo l’unificazione tra Fesika e Fik c’era una certa diffidenza reciproca. Loro, “i romani”, ci chiamavano “quelli del kata” o peggio gli “Oss-men”, irridendo la nostra devozione e il nostro rispetto, per così dire filiale, nei confronti del maestro Shirai. A noi invece dava la fastidio la totale mancanza di marzialità della controparte, la loro aria di superiorità quando si trattava di kumite, l’arbitraggio che, probabilmente a torto, giudicavamo fazioso e parziale quando a confrontarsi in un palazzetto del Centro Italia erano uno dei “nostri” e uno dei “loro”.
Loro, “i romani”, ci chiamavano “quelli del kata” o peggio gli “Oss-men”.
Queste incomprensioni sono state gradualmente spazzate via in anni di esperienze comuni e di convivenza fianco a fianco, in quello che è stato probabilmente il decennio più fertile e produttivo per il karate italiano, gli anni Ottanta. Noi abbiamo imparato un approccio più sportivo e rilassato alle gare, loro ci hanno riconosciuto la serietà e la marzialità di cui giustamente andavamo fieri.
Un ruolo chiave nella mia riabilitazione dei “romani”, in particolare dei fratelli Guazzaroni (che in realtà sono di Orte), è stato giocato dal giudizio positivo che di loro hanno sempre dato il maestro Rosario Capuana, per un certo periodo allenatore della squadra di kumite, e la mia ex-allieva e capitana della Nazionale, Giovanna Citrelli (oggi maestra 6° dan).
Il maestro Capuana mi ha dichiarato tempo fa: “Posso dirti che nella Nazionale c’erano degli atleti con cui ho avuto uno splendido rapporto. Su di loro potevo contare in ogni situazione e sapevo che non mi avrebbero tradito: penso ai Guazzaroni e Maurizio Cavallari. L’unico campionato europeo juniores che abbiamo vinto l’abbiamo vinto con loro, a Roma”.
Giovanna in Nazionale era in una posizione unica, abbastanza difficile: proveniva dal kata e dal gruppo del maestro Shirai, ma era stata scelta per competere nel kumite, in una squadra dominata dai Gruppi Militari. Sebbene tra kata e kumite non ci fosse grande comunicazione (anche gli allenamenti avvenivano in luoghi e orari separati), Giovanna ha avuto per loro solo buone parole e raduno dopo raduno, gara dopo gara, mi ha sempre parlato con stima e ammirazione non solo della bravura, ma anche della grande umanità di Claudio Guazzaroni.
Stima e ammirazione non solo della bravura, ma anche della grande umanità di Claudio Guazzaroni.
Ora siamo entrambi affranti dalla perdita di un campione e di un insegnante che al karate (senza aggettivi) ha dedicato le ultime scintille di energia e stille di sudore, scegliendo di seguire gli Azzurri a Tokyo poco dopo che gli era stata diagnosticata una terribile malattia. Sappiamo che la “dinastia” dei Guazzaroni continua e ci auguriamo che continui a produrre campioni, ma soprattutto uomini veri come Claudio.