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Le armi inastate della Sekiguchi Ryu

Foto di Antonio Caradonna

Il samurai si affidava alle armi inastate quando gli scontri in battaglia si rivelavano molto ardui.

Mentre le armi corte, impugnate anche con una mano sola, erano usate dal samurai per combattere a breve distanza, le armi con raggio d’azione superiore fornivano al guerriero differenti vantaggi.
Gli scontri in battaglia potevano rivelarsi molto ardui e per questo il samurai si affidava alle armi inastate, impiegandole contro avversari particolarmente violenti da una distanza più sicura. Queste tipologie d’arma furono sviluppate da semplici attrezzi lignei utilizzati sul campo di battaglia oppure nella protezione di abitazioni e famiglie.

Ideali per armare truppe composte prevalentemente da contadini.

Le armi inastate ebbero un ruolo molto rilevante durante le guerre civili in Giappone. Come armi “da linea di fronte”, nelle mani del comune ashigaru (soldato di fanteria), questi lunghi attrezzi bellici risultavano essenziali per contenere le invasioni. La loro lunghezza impediva al nemico di far breccia tra le linee di difesa e forniva un certo grado di protezione a coloro che le componevano. Ma cosa più importante, queste armi erano economiche e facilmente fabbricabili in grande quantità, ideali per armare truppe composte prevalentemente da contadini.
I soldati provvisti di armi lunghe possedevano determinati vantaggi negli scontri con quelli equipaggiati con armi corte. L’arma lunga offriva un potenziale d’uccisione superiore per l’intrinseca potenza e pesantezza della stessa. In più, l’arma inastata forniva una superiorità strategica poiché raggiungeva il nemico prima che questi, se munito di un’arma più corta, potesse entrare nel raggio d’azione utile a infliggere danni.
Le armi inastate tipiche della Sekiguchi Ryu erano il naginata (falcione), la yari (lancia) e il (bastone lungo).

I falcioni come il naginata davano all’ashigaru la possibilità di difendersi contro le cariche di cavalleria del nemico. La pesante lama montata su un lungo e robusto bastone poteva essere usata per tagliare le zampe dei cavalli, atterrando i samurai in sella, per poi finirli con le armi corte.
Talvolta il termine “naginata” è impropriamente tradotto come “alabarda”, ma si tratta invece di una lama vera e propria, più simile a una scimitarra, fissata a un lungo manico. Quando non impiegate o durante il trasporto, alle lame era infilato un fodero; le aste erano laccate e decorate con applicazioni metalliche.
Il naginata è conosciuto anche come “lancia delle donne”, poiché le appartenenti al buke (nobiltà guerriera) dovevano apprenderne l’uso, proprio come la leggendaria Tomoe Gozen, onna-bugeisha (donna guerriera) al servizio di Minamoto no Yoshinaka nel XII secolo.

La lunga lancia, yari, relativamente più economica da fabbricare se comparata all’arco o alla spada, faceva parte dell’usuale dotazione della fanteria in virtù della sua particolare efficacia sul campo di battaglia. Fondamentalmente la yari era una lama dritta, bifilare, montata su una lunga asta. Poiché erano richiesti meno materiale e lavoro per forgiare e montare la testa di lancia, creare quest’arma risultava così economico da rendere la produzione su larga scala molto conveniente. Impiegata per lo più come arma da affondo, la yari non necessitava di frequenti affilature al contrario delle lame più lunghe.
Dato che era relativamente più facile da maneggiare, la yari richiedeva minore addestramento affinché i soldati acquisissero una competenza basilare nell’uso; si tratta di un dettaglio molto importante se si considera che gli eserciti erano composti anche da numerosi contadini coscritti. Inoltre, considerati i vantaggi che la lunghezza della yari conferiva, molti samurai finirono per preferirla alle armi più corte.
Per quanto fosse ideale sul campo di battaglia, la yari risultava essere invece troppo lunga e ingombrante negli spazi chiusi. Per questi particolari ambienti venne concepita la teyari (lancia da mano), una versione più corta e compatta della lancia, molto popolare tra i samurai del periodo Edo.

Il bastone chiamato yori-bō, spesso riferito come rokushakubō, o molto più semplicemente come bō, era sostanzialmente una lunga asta fatta di legno robusto.
Il termine rokushaku significa 6 shaku riferendosi alla caratteristica lunghezza del bastone (182 cm ca.; 1 shaku = 30,3 cm ca.). In quanto privo di alcuna lama montata sopra, il bō era spesso usato dai contadini precettati e mobilitati per combattere nelle guerre del periodo feudale. Durante l’era Sengoku in particolare, il bō era frequentemente usato anche dai bushi di classe inferiore e dagli ashigaru impegnati nei diversi conflitti che imperversavano nel Paese.
A causa dell’indisponibilità delle armi di metallo, nonché per la poca convenienza economica delle stesse, o più tardi a causa delle proibizioni di possederne, anche i comuni cittadini si affidarono al semplice bō come arma lunga per la difesa personale.
Il bastone, al di là della tipica versione da 182 centimetri, variava in lunghezza e peso, a seconda delle preferenze personali. L’asta poteva avere differenti forme (rotonda, ovale, esagonale, ottagonale) e diametro. In alcuni casi nel corpo ligneo erano nascoste anime di ferro o acciaio, oppure erano attaccate delle placche di metallo ai lati dell’asta per conferire maggiore peso e solidità.

Le armi inastate tipiche della Sekiguchi Ryu erano il naginata (falcione), la yari (lancia) e il bō (bastone lungo).

Il bō era spesso decorato con gli stemmi dell’unità di appartenenza o con il proprio mon (simbolo di famiglia o del clan). Nella maggior parte dei casi queste marchiature erano fatte a fuoco tramite appositi stampi di metallo. Alcuni bō erano verniciati o laccati.
L’uso più comune per il bō era nelle tecniche di percussione, benché fosse efficace anche in quelle d’affondo. Contro le armi affilate o un altro bō, il duro corpo ligneo dell’arma poteva essere impiegato in varie tecniche di difesa e parata.
La pratica regolare nelle tecniche di bō era spesso obbligatoria per gli appartenenti alle milizie rurali anche in tempo di pace. Sebbene non avesse lati o parti affilate, il bō poteva essere impiegato similmente ad una yari o ad una spada. Nel periodo Edo si contavano diverse scuole specializzate nelle tecniche di bō.

 

BIBLIOGRAFIA
Maurizio Colonna (2020), Arti Samurai: Armi e scienza militare della Sekiguchi Ryu, Pubblicazione indipendente.

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