“Il Giappone sta perdendo il KarateDo, che è molto più presente qui in Italia ed è una cosa meravigliosa.”
A Bassano del Grappa (VI), in occasione dello stage “Culturando insieme Karate-do” del 23.09.18, abbiamo rivolto alcune domande a Seita Nishimura, il maggiore dei tre figli del M° Seiji Nishimura. Eravamo curiosi di conoscere le impressioni di un praticante giapponese sul karate che ha incontrato qui in Italia e alcune osservazioni ci hanno anche stupito…
La cosa che mi colpì tantissimo fu vedere un karate molto tradizionale, molto più tradizionale di quello che si pratica attualmente in Giappone.
Da quanto pratichi karate?
Mio padre allena una squadra universitaria e io ho iniziato quando avevo 5 anni, ma a differenza di Ken io ho smesso e ripreso più volte, interessandomi anche ad altri sport, ma ritornando infine a fare karate.
Ho frequentato le scuole superiori in Nuova Zelanda, dove ripresi il karate stile Goju Ryu, mentre mio padre ha sempre fatto WadoRyu e io stesso feci parte della squadra nazionale di Wado Ryu. Attualmente pratico lo Shotokan.
Purtroppo non ho avuto una lunga carriera agonistica, come papà e Ken, perché ho un problema alle spalle: “escono sempre” lussandosi.
Quale opinione ti sei fatto riguardo al karate praticato in Italia?
So che ci sono diverse federazioni di karate in Italia, come La Fijlkam, la Fikta ecc. Attualmente mi alleno alla Yama Karate Club di Milano e l’ultima gara che ho visto risale a 3 anni fa ed era della Fikta. La cosa che mi colpì tantissimo fu vedere un karate molto tradizionale, molto più tradizionale di quello che si pratica attualmente in Giappone e quando dico tradizionale intendo sotto tutti gli aspetti.
Mio padre e mio fratello più giovane Ken praticano karate con la WKF, che è molto atletico, veloce, dinamico, mentre il karate della Fikta è più… “Enbu”. Anche il tipo di arbitraggio si avvicina a quello della JKA, è molto tradizionale, qui indossano il vero kimono, l’akama, mentre in Giappone usano un abbigliamento più “sportivo”.
Il Maestro Shirai è arrivato in Italia sessant’anni fa e ha mantenuto solide le radici del karate tradizionale, mentre in Giappone il karate è cambiato moltissimo.
… cinture nere dai 40 anni in su, una cosa impensabile in Giappone!
Secondo te è un bene o un male questo cambiamento?
L’anno scorso, quando mio padre venne in Italia per un seminario rimase stupito di trovarsi davanti a 5/600 cinture nere dai 40 anni in su, una cosa impensabile in Giappone! Al mio paese di solito dopo l’Università le persone smettono di fare karate, perché non c’è più tempo per coltivare un hobby o uno sport, in quanto sono tutti occupati con il lavoro… sai, i giapponesi lavorano sempre.
Ci sono tantissimi bambini che praticano il karate, ma dopo i 23/24 anni smettono, perché cercano di farlo solo a livello agonistico, come un vero e proprio sport, e solo il 2% di loro riesce a diventare un atleta professionista.
Per esempio mio fratello è molto fortunato, lui è un professionista, fa parte della squadra nazionale del Giappone.
In Giappone i bambini si allenano 4/5 volte la settimana e i migliori vengono scelti dalle scuole superiori che offrono loro borse di studio, come nel caso di mio fratello Ken che ora è diventato l’atleta di punta della più importante Università di Osaka.
Il Giappone sta perdendo il Karate Do, che è molto più presente qui in Italia ed è una cosa meravigliosa, qui ho visto la vera pratica del karate.
Hai conosciuto il Maestro Shirai?
Assolutamente sì! Per me è una leggenda, tutti i grandi karateka conoscono Sensei Shirai. Mio padre lo rispetta molto, lui non riuscirebbe mai a fare quello che ha fatto Sensei Shirai, perché hanno due personalità completamente diverse: Shirai è molto calmo, pacato, il karate è la sua vita, la sua passione, grazie a lui la federazione italiana FIKTA è cosi solida.
Il Maestro Shirai ha dato un contributo tangibile al kata italiano (sia FIKTA sia FIJLKAM), che è molto riconosciuto a livello internazionale.
Al mio paese di solito dopo l’Università le persone smettono di fare karate.
Che cosa pensi dell’entrata del karate alle Olimpiadi di Tokyo 2020?
Tutta la mia famiglia ha sempre sognato di partecipare alle Olimpiadi. In Giappone ci sono diverse arti marziali, kendo, judo aikido; il karate, paragonato al kendo e al judo, è una disciplina nuova, più giovane.
Il Judo è presente alle Olimpiadi da molto tempo ed è famosissimo in Giappone, infatti, molti karateka hanno smesso di praticare karate proprio per il fatto che non è mai stato uno sport olimpico. Quindi, secondo me, le Olimpiadi andranno a incrementare il numero di praticanti di karate in Giappone. Da noi, agli amanti di arti marziali non piace molto il karate, perché lo considerano l’arte marziale più aggressiva, lo vedono poco “puro”.
Ken è nella categoria U75 kg di kumite; attualmente nella squadra nazionale giapponese ci sono 5 atleti della stessa categoria e Ken è il numero uno. In novembre a Madrid ci saranno gli ultimi campionati mondiali prima delle Olimpiadi e Ken è stato selezionato, ciò significa che sarà il primo ad avere la possibilità di partecipare alle Olimpiadi.