728 x 90

Jesse Enkamp, il “Karate-Nerd”

Jesse Enkamp, il “Karate-Nerd”

Un divulgatore interessante e divertente, che non si prende esageratamente sul serio anche se è una “Karate Webstar”.

Chi ha in casa dei ragazzi dediti a “vagabondaggi” tecnologici tramite pc o telefonino, avrà senz’altro sentito parlare di blogger e di YouTuber. Ovvero, di coloro che per comunicare usano prevalentemente la rete web e i video. Alcuni, per puro divertimento. Per altri, a fronte delle caterve di visualizzazioni e di sponsor che attirano, il divertimento si trasforma in mestiere.
Lo sport si adegua ai tempi che cambiano, perciò… poteva mancare il karate? Ebbene sì, anche l’arte della mano vuota ha la sua sfavillante stella del web. Si tratta di Jesse Enkamp: svedese, 27 anni, cintura nera 4° Dan e molto più che un blogger e uno Youtuber. Agonista – tra l’altro vanta una quinta posizione agli Europei assoluti di kata, nel 2011 a Zurigo – e istruttore, talmente competente da aver scritto parecchi volumi sulle arti marziali, alcuni dei quali sotto pseudonimo, che gli hanno fruttato il primo posto per le vendite specializzate su Amazon.
Dal 2008 ha riversato la sua storia di karateka in un sito, www.karatebyjesse.com, notissimo agli appassionati, corredato dai collegamenti ai social network più famosi e utilizzati, che in media conta 190.000 visite ogni mese (dato del 2014), e in un seguitissimo canale sul Tubo.

In effetti, il karate oltre che il mio lavoro, è tutta la mia vita… è il karate ciò a cui penso ogni giorno, costantemente.

Argomenti: i più disparati, comprese sessioni in diretta e consigli sulla manutenzione del karategi. In pratica, un divulgatore interessante e divertente, che non si prende esageratamente sul serio nonostante l’indubbia popolarità. Basti pensare che fra le principali caratteristiche con cui si descrive, indica quella di essere un grande intenditore di torte di carote…
E sì che in parte significativa è merito suo, se i dojo continuano a essere pieni di piccoli atleti in prova. Molti fra loro sono smaniosi dalla voglia di imitarlo o di conoscerlo.

Lo abbiamo intervistato a ridosso della tappa parigina del circuito Karate1, a cui ha partecipato, iniziando con la domanda di rito.

Come è arrivato Jesse Enkamp al karate e se qualcuno lo ha sostenuto nella sua scelta. Se ha un mito, un eroe, un modello a cui rubare qualcosa…
Sono nato in una famiglia di artisti marziali e ho incominciato a praticare il karate nel 1991, contemporaneamente al Kobudo (insieme d’arti marziali eseguite con armi tradizionali – NdA). Da piccolo passavo molto tempo nella palestra dei miei genitori a giocare col mio fratellino. Inizialmente, le arti marziali erano solo un hobby. Col tempo ho capito che potevano diventare qualcosa di più significativo, la mia Via. Così ho deciso di studiare lingua e cultura giapponese all’Università, prima a Stoccolma e poi a Okinawa, la patria del karate.
In effetti, il karate oltre che il mio lavoro, è tutta la mia vita. Certo, mi piace rilassarmi con un buon film o ascoltando musica, o godendomi un buon pasto, come tutti. Ma è il karate ciò a cui penso ogni giorno, costantemente.
Quando ero ragazzo ho provato altre discipline come hockey e calcio, ma gli sport di squadra non fanno per me. Amo il karate, perché permette un percorso individuale e molto personale.
Quanto al mio eroe, che è il mio modello nel ruolo di istruttore ed è anche il mio maestro, è mia madre. Lei mi ricorda per cosa vale la pena di impegnarsi e come diventare un essere umano migliore, evolvendomi attraverso il karate. E sebbene sia la persona più anziana in palestra, è quella che lavora più duro di tutti.

Amo il karate, perché permette un percorso individuale e molto personale. Quanto al mio eroe, che è il mio modello nel ruolo di istruttore ed è anche il mio maestro, è mia madre.

Hai citato Okinawa, ci racconti qualcosa dell’esperienza in Giappone?
Nel 2009 sono stato a Okinawa per diversi mesi, l’avevo già visitata con la mia famiglia, ma questa volta ero da solo. È stata dura, quasi nessuno parlava inglese, e ho dovuto progredire velocemente col mio Giapponese per sopravvivere. Per fortuna esiste il linguaggio non verbale e sono riuscito a farmi parecchi amici in palestra. Questo è uno dei benefit del karate, l’amicizia! La lezione più importante di quel periodo è stata verificare quanto è diversa la mentalità orientale dalla nostra. Una volta capito questo, la prospettiva riguardo al karate cambia per sempre.

Da dove nasce la preferenza per il kata, rispetto al kumite (di solito l’ho visto gareggiare in questa specialità NdA)?
Se non si praticano entrambi, non si può essere un karateka completo. Sono due lati della stessa medaglia. Comunque, quando gareggio scelgo la specialità in cui in quel momento vado meglio. A volte partecipo a tornei di MMA, per testare la mia tecnica contro la resistenza fisica.

Il tuo kata preferito o il migliore?
In verità non credo in questo concetto: il kata migliore è quello che sto eseguendo! Senza pratica, non c’è karate!

Spesso si parla di conflitto tra karate tradizionale e karate sportivo, tu cosa ne pensi?
Alla luce delle basi del karate, i kihon, non c’è nessun conflitto. Naturalmente c’è almeno un aspetto filosofico diverso, del tipo: impari a combattere per poterti difendere o per vincere un trofeo? Alla fine poco importa, non si può battere un avversario o scoraggiare un aggressore in strada se prima non si sconfiggono le proprie paure, le proprie insicurezze e debolezze. La vera lotta, è con se stessi.

Se non si praticano entrambi (kata e kumite) non si può essere un karateka completo. Sono due lati della stessa medaglia.

Passiamo al tuo lavoro come insegnante e soprattutto come comunicatore via web e video. Ti aspettavi un successo così clamoroso? Come riesci a gestirlo?
A me piace imparare il karate e, insegnando, si impara due volte. Utilizzando le nuove tecnologie riesco a raggiungere molte più persone. Non sono il miglior istruttore del mondo, ho ancora tanto da apprendere, ma ho capito come avvicinare i praticanti più giovani – che non conoscono né la storia né le radici culturali del karate – all’arte tradizionale. Ne ho fatto la mia missione: collegare le generazioni di karateka, connettere il vecchio al nuovo in modo che si comprenda meglio l’essenza del karate.

A proposito di insegnamento, una curiosità personale: in che modo imposti con i tuoi allievi il ritmo corretto di un kata – cosa che a me, da non ‘tecnica’, sembra piuttosto difficile?
Io insegno il ritmo dei kata attraverso il bunkai, che è l’applicazione pratica delle tecniche del kata nell’autodifesa. Se non si comprende il senso del bunkai, non si può assimilare il ritmo del kata.

Cosa vuol dire essere un ‘Karate-Nerd’? (È il suo marchio di fabbrica e un altro nome con cui è conosciuto NdA)
Karate-Nerd significa essere coinvolto a 360 gradi da tutto ciò che gira attorno al karate; non solo da uno stile, non da un’unica via. Un Karate-Nerd non si annoia mai, ha la mente aperta a qualsiasi novità ed è pronto a imparare da chiunque possa insegnargli qualcosa sul karate e sulla vita.

… non si può battere un avversario o scoraggiare un aggressore in strada se prima non si sconfiggono le proprie paure, le proprie insicurezze e debolezze. La vera lotta, è con se stessi.

So che ti sei specializzato in uno stile diverso, ma per gli amanti dello Shotokan, chi sceglieresti come esempio per questo tipo di karate?
In Italia e non solo, il nome che mi viene spontaneo è quello di Lucio Maurino. Ero così impressionato da lui, dalla sua cultura, dall’attitudine mentale, che lo invitai come ospite al mio primo evento Karate-Nerd, un seminario in Germania frequentato da partecipanti provenienti da 25 Paesi. È uno sperimentatore, ha esplorato lo Shito, studiato l’Aikido, è il pioniere del sound-kata. Ha acquisito una laurea specifica in Scienze Motorie, oltre a una specializzazione in Biomeccanica. Dopo una straordinaria carriera sportiva ha continuato le sue ricerche sul karate tradizionale. Qualcun altro si sarebbe ritirato, invece il M° Maurino si reinventa continuamente, a dispetto di tutto, continuando il suo viaggio. Lo ammiro, è un vero Karate-Nerd.

Hai qualche rito propiziatorio, prima di una gara o di un seminario? Magari assaggi una fettina di torta di carote…
Nessun rito particolare o mantra, prima di un’occasione speciale. Non sono superstizioso. Malgrado abbia preso parte a Europei o Mondiali assoluti, persino quando tengo un seminario con 100 persone in un Paese straniero, credo nell’essere il più naturale possibile. Sii te stesso, fa del tuo meglio e ogni cosa andrà a posto. Non si può barare con l’Universo. E penso che bisogna rispettare se stessi dopo una performance, anche se è stata un fallimento. Il vero problema non è fallire, è arrendersi. E io non mi arrendo mai.

La chiave non è nelle competizioni. Solo il 10% dei praticanti partecipa a tornei. Perché allora i media si concentrano unicamente sul versante agonistico?

Secondo te, cosa manca al karate per diventare realmente popolare, dato che nonostante l’enorme massa di praticanti, è abbastanza trascurato dai media? C’è qualche politica di comunicazione particolare che la WKF potrebbe adottare, anche in vista delle Olimpiadi di Tokyo?
La chiave non è nelle competizioni. Solo il 10% dei praticanti partecipa a tornei, perché allora i media si concentrano unicamente sul versante agonistico? Bisognerebbe parlare piuttosto di chi va regolarmente al dojo ogni settimana e lotta contro i propri limiti per ottenere una nuova cintura, o perdere peso, o migliorare la propria salute. Tutto ciò è davvero molto più importante di quei pochi appartenenti all’elite dei vincitori, o meno, di medaglie. Abbiamo tutti il dovere di far conoscere meglio i valori olistici del karate, come può incrementare la salute, la vita sociale e la felicità delle persone. Questo, non le medaglie.

In conclusione, quale abilità occorre per poter eccellere nel karate?
Ritengo che per poter padroneggiare il karate sia essenziale usare il cervello, non solo l’esercizio. Pensa a cosa stai facendo, per quali motivi ti alleni… forse dovresti dedicarti ad altro? La vita è breve e non dovremmo sprecarla in qualcosa che non ci porta i risultati sperati. Si vive una volta sola! Ma se fai ciò che è giusto, una vita è abbastanza. Usa il cervello per fare del karate la parte migliore della tua vita!

Nota: per chi volesse farsi un’idea dello stile leggero, ironico e al tempo stesso profondo di Jesse Enkamp consiglio la lettura del suo primo articolo sul McDojo, disponibile nella bella traduzione a cura di Simone Chierchini sul sito Aikido Italia Network

Ti potrebbe interessare anche:

Articoli recenti

I più letti

Top Autori