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L’influenza della meditazione sulle capacità cerebrali

L’influenza della meditazione sulle capacità cerebrali

Grazie ad alcuni studi sappiamo che possiamo educare il nostro cervello alla felicità.

(In KarateDo n. 38 apr-mag-giu 2015)

Dite alla mente, più volte, quello che volete che essa faccia, lusingatela, stimolatela, datele ordini ed essa obbedirà. (William W. Atkinson)

Il tessuto nervoso possiede una peculiarità specifica, la plasticità neurale. Secondo questa capacità, le connessioni esistenti (sinapsi) fra le cellule del sistema nervoso (neuroni) possono essere modificate dall’apprendimento e/o dal condizionamento ambientale (esperienze, per esempio di tipo sensoriale, ma anche di tipo attentivo e cognitivo).
L’effetto di questa capacità si estrinseca tanto in senso funzionale (capacità di miglior elaborazione e conduzione dell’impulso nervoso), quanto in senso strutturale del sistema nervoso stesso (aumento e/o diminuzione della sua struttura anatomica). Tale proprietà è caratteristica, ma non esclusiva, della corteccia cerebrale, ossia può interessare virtualmente tutto il sistema nervoso. 

Teniamo presente che il nostro cervello può elaborare circa 20.000.000 di informazioni e/o stimoli ambientali al secondo.

La capacità di percepire, trasmettere, decodificare uno stimolo, sia esso sensoriale o attentivo/cognitivo (apprendimento), con annessa elaborazione di una risposta efficace, costituisce l’essenza di un processo basilare per l’evoluzione dell’essere vivente: la competenza neuropsicologica. Una delle manifestazioni più lampanti della plasticità neurale è il fenomeno del “cambiamento di idea”, posto che un’idea non è altro che una manifestazione percepibile di uno schema nervoso strutturato a livello anatomico e, quindi, per poterla cambiare, bisogna in un certo senso cambiare la struttura anatomica del sistema nervoso.
Naturalmente, la plasticità neurologica è una capacità che ha la sua massima estrinsecazione nell’età dell’accrescimento, riducendosi proporzionalmente con l’invecchiamento dell’individuo, ma una certa quantità di studi scientifici sta dimostrando che, se opportunamente stimolato, anche il cervello adulto può, attraverso questa caratteristica, modificarsi tanto nella struttura che nella capacità funzionale. 

Intuitivamente, nelle prime fasi dello sviluppo cerebrale, il “gioco” è esclusivamente appannaggio del patrimonio genetico (DNA) ricevuto in dote dai genitori alla nascita. Nel proseguimento dello sviluppo, la “gestione” della situazione, a meno di mutazioni cromosomiche (ossia di modificazioni strutturali delle molecole costituenti il DNA), diventa esclusivo appannaggio del fenotipo (ossia l’insieme dei caratteri e comportamenti espressi dal DNA), potendo qualsiasi stimolo proveniente dall’esterno, interagire col materiale genetico individuale. Tutte le interazioni dell’individuo con l’ambiente sono fondamentali per completare nella giusta e individualissima modalità la maturazione dei circuiti deputati al controllo della maggior parte delle funzioni cerebrali. Purtroppo, questa situazione può influenzare anche negativamente l’accrescimento e la strutturazione anatomica del cervello, attraverso la percezione di stimoli distorti di tipo visivo, acustico e sensoriali di altro tipo, tanto per deficit anatomici degli organi rilevatori (occhi, orecchie, cute per esempio), o cognitivi, come in caso d’istruzione insufficiente o distorta, o affettivi, come in seguito a trauma affettivo/psichico.

Fra i più potenti, ancorché poco conosciuti, sistemi per poter influire attraverso la plasticità neurale sulla struttura e funzione cerebrale, le tecniche meditative, contemplative e visualizzative, rivestono un ruolo di giorno in giorno più importante, stanti le notevoli evidenze scientifiche prodotte e diffuse.
Se teniamo presente che il nostro cervello può elaborare circa 20.000.000 di informazioni e/o stimoli ambientali al secondo di questi, noi, di norma e senza specifico training, riusciamo ad analizzarne all’incirca soltanto 40 al secondo. L’emisfero cerebrale destro, dove arrivano e vengono elaborati i potenziali 20.000.000 di stimoli al secondo, è la sede della mente “inconscia”, l’emisfero cerebrale sinistro, dove vengono processati 40 stimoli al secondo, è la sede della mente “conscia”. Una volta accettata questa realtà comprovata scientificamente, possiamo dedurre che in definitiva quasi tutta la mente risiede nel subconscio e di norma noi siamo in grado di utilizzarne coscientemente soltanto una parte infinitesima. (Che spreco!)

Naturalmente, questa diversa predisposizione anatomica e funzionale comporta differenti attitudini: 

  • nell’emisfero sinistro risiedono la maggior parte delle attività razionali, pratiche, sequenziali, logiche, lineari, analitiche in parole povere “matematiche”; 
  • nell’emisfero destro risiedono le attività della nostra sfera emotiva, creative, intuitive, immaginative, le attitudini olistiche ed empatiche… potremmo dire “umanistiche”. 

Ontogeneticamente, l’emisfero cerebrale destro, compatibilmente con la nostra natura primaria animale, ha prevalso per molto tempo sul sinistro. Il rapporto si è capovolto con l’avvento della scrittura e la conseguente evoluzione dell’essere umano, portando l’emisfero sinistro a predominare sul destro, con innegabili vantaggi pratici, ma anche con perdita di importanti facoltà spirituali. Naturalmente e fortunatamente per ogni individuo le attitudini di entrambi gli emisferi si manifestano in misura variabile ed è questo gioco casuale (o influenzato mediante opportuno lavoro di incremento mirato di plasticità sinaptica, per esempio meditativo) che si sviluppa e manifesta la nostra personalità individuale.

Mediante un particolare elettroencefalografo computerizzato chiamato Brain Olotester, il Dott. Nitamo Montecucco, ha condotto una serie di esperimenti per rilevare la coerenza delle onde cerebrali dei due emisferi encefalici e, quindi, metterla in relazione allo stato di benessere psicofisico delle persone. Da questo studio è risultato che lo stato di salute generale aumenta di pari passo con la coerenza delle onde elettroencefalografiche. Inoltre, in corso di meditazione profonda, le onde cerebrali assumono un’altissima coerenza e una forma armonica sinusoidale del tutto simile a quelle delle onde emesse dagli strumenti musicali. In caso di più persone meditanti simultaneamente, si crea una sorta di sincronizzazione empatica collettiva che porta i cervelli di tutti a risuonare alla medesima frequenza. Attraverso questi esperimenti appare dimostrata incontrovertibilmente l’esistenza di una coscienza collettiva che ci permette, associandola alla scienza energetico quantistica, di spiegare fra l’altro fenomeni come la telepatia, le proiezioni psichiche, i déjà vu e i déjà-vécu riferiti.
Evidentemente, mediante la sincronizzazione dei due emisferi cerebrali, possiamo accedere a un numero illimitato di informazioni da noi possedute, ma “rimosse” o tenute nascoste dalla nostra psiche, perché ricevute in maniera inconscia o comunque inappropriata, per esempio a seguito di un evento eccessivamente stressante (trauma).

Mediante la sincronizzazione dei due emisferi cerebrali, possiamo accedere a un numero illimitato di informazioni da noi possedute.

Posto che lo stato di coscienza si estrinseca attraverso l’attività del cervello, la cui manifestazione si esprime fra l’altro attraverso l’emissione delle onde elettroencefalografiche, appare evidente l’utilità di poter influire volontariamente sulla frequenza del loro ritmo. A questo punto risulta chiaro che in questo modo potremmo accedere all’immenso contenitore dell’inconscio ampliando enormemente la nostra visione della realtà, sintonizzandoci con realtà sconosciute, ma non per questo inesistenti.
Una serie di pubblicazioni scientifiche statunitensi raccolte dalla rivista Scientific American, rivela che la meditazione costante per lunghi periodi, nell’ordine di decine d’anni, induce nei soggetti studiati, un volume maggiore della corteccia prefrontale e insulare cerebrale. Altra sorprendente scoperta è quella secondo la quale, monaci buddhisti e altri meditatori esperti, sono in grado di ampliare volontariamente le proprie onde cerebrali situandole, in corso di rilevazione elettroencefalografica, tra i 25 e i 42 hertz. Tale situazione può essere mantenuta a lungo dai soggetti di cui sopra e addirittura crescere ulteriormente con la pratica continua. 

Studi scientifici condotti su soggetti che meditano da anni dimostrano che, presi in esame due soggetti, uno meditante e uno non meditante, sottoposti contemporaneamente alla visione di un filmato molto cruento, hanno entrambi, in questa situazione una reazione simile di compartecipazione, disagio e stress.
La differenza notevole riguarda i tempi di smaltimento del livello di stress. Il soggetto non meditante torna a casa dopo la visione ancora “sottosopra” e per ore mantiene reazioni di ansia e stress attive. Il soggetto meditante alla fine della stimolazione visiva ritorna al suo stato emotivo tranquillo e sereno.
Presso la San Fancisco University è stato portato a termine uno studio che ha dimostrato che la meditazione aumenta la quantità di telomerasi. La telomerasi è un enzima che funge da riparatore dei cromosomi che hanno subito delle modifiche strutturali (mutazioni genetiche). Tali modifiche sarebbero quelle responsabili fra l’altro dell’invecchiamento e della trasformazione tumorale tessutale. Secondo questa ricerca la meditazione può aumentare benessere, autocontrollo, concentrazione, autostima e ridurre i pensieri negativi attraverso per l’appunto un aumento della telomerasi e quindi della sua attività.

All’Università di Harvard la Dott.ssa Sara W. Lazar e i suoi colleghi hanno scoperto, per esempio, che la pratica della concentrazione di tipo mindfulness può ridurre il volume dell’amigdala. Questa importante ghiandola del cervello è deputata alla gestione della paura attraverso l’integrazione fra le funzioni della corteccia cerebrale, vera e propria “centrale operativa” di ricordi ed esperienze di vita, e le ghiandole ormonali secernenti gli ormoni dello stress, come ad esempio cortisolo, adrenalina e insulina. La concentrazione ideativa di tipo Mindfulness è una modalità di concentrazione momento per momento, con atteggiamento tipo “qui e ora”, intenzionalmente e in modo non giudicante. Tale atteggiamento mentale può risolvere (o prevenire) la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza, fatta di sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni. Naturalmente, i partecipanti allo studio hanno dimostrato una notevole diminuzione dello stress durante il periodo di pratica, rilevata attraverso lo studio dei parametri bioematici dello stress.

All’Istituto per le ricerche biomediche di Barcellona, il gruppo di studio della Dott. Perla Kaliman ha documentato come l’attività meditativa intensa di un solo giorno riduca l’attività dei geni che regolano l’infiammazione tessutale e l’alterazione delle funzioni enzimatiche coinvolte nel funzionamento genetico.
All’UCLA, Università della California, Los Angeles, il gruppo di studio della Dottoressa Eileen Luders, ha notato sostanziali differenze negli assoni (prolungamenti cellulari delle cellule nervose) che connettono le diverse cellule delle varie regioni del cervello dei meditatori, rispetto ai non meditatori. Questa scoperta dimostra, fra l’altro, che la meditazione può indurre benefiche alterazioni strutturali nel sistema nervoso centrale.
All’Università di Davis in California, un gruppo di studio ha dimostrato come la meditazione induca addirittura longevità cellulare.
All’Ε. Μ. Keck Laboratory for Functional Brain Imaging and Behavior dell’Università del Wisconsin, situato sul campus di Madison, trasformata su volere dello stesso Dalai Lama in un fondamentale polo internazionale per lo studio associato della scienza e meditazione, il celebre monaco scienziato Matthieu Ricard, assieme ad Antoine Lutz e Richard J. Davidson, dopo ben quindici anni di ricerche su monaci e praticanti la meditazione e contemplazione ad alto livello, hanno dimostrato che queste attività svolte intensamente, costantemente e per lunghi periodi, possono avere un rilevantissimo impatto sui processi biologici, sulla salute fisica, psicologica ed emotiva.

La meditazione può aumentare benessere, autocontrollo, concentrazione, autostima e ridurre i pensieri negativi.

Fra tutti questi studi, quello condotto sul Lama Öser un europeo convertitosi al Buddhismo, formatosi per molti anni alla scuola di uno dei più importanti maestri spirituali del Tibet, venne studiato approfonditamente in senso neurologico e psichico.
Tale ricerca avvenne mediante l’uso di sofisticate apparecchiature, considerando l’attività del cervello di Öser durante sei tipi di meditazione. Lo scopo dell’esperimento era stabilire se fosse possibile addestrare la mente a superare le emozioni distruttive e quindi se fosse possibile educare in tal senso le persone, già in età infantile. Dallo studio emerse che nel cervello di Öser durante la meditazione compassionevole, si innalzava significativamente l’attività neurologica nell’area del cervello in cui si elaborano le emozioni positive. Venne anche studiata la competenza empatica, ossia la capacità del suo cervello di identificare e adattarsi velocemente alle rapidissime micro espressioni del volto umano e la capacità di controllo del riflesso del trasalimento susseguente alla percezione di un suono forte e improvviso. Quest’ultima capacità, detta “equanimità”, riguarda la capacità di non essere destabilizzati dalle forti emozioni. Naturalmente, anche in questi campi le capacità di Öser si dimostrarono superiori alla media. Questi risultati attestano che il cervello, può essere “educato” alla felicità (purtroppo anche al dolore, nda).

 

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