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Gungaku: la scienza militare storica giapponese

Il Gungaku, la scienza militare giapponese mutò nell’arco del tempo, influenzata dai cambiamenti geopolitici, sociali e tecnologici.

Quella dell’arte bellica nipponica è una realtà complessa, dove pragmatismo militare, credenze religiose e superstizione si intrecciano scandendo tempi e procedure, dalla preparazione delle operazioni militari fino al loro termine.
Ricapitolando, i samurai erano la classe guerriera che iniziò la sua ascesa al potere dal XII secolo, diventando in un primo momento il braccio armato della corte imperiale giapponese, sedando rivolte e combattendo in nome dell’imperatore, per poi prendere il controllo di tutto il Giappone quando il potere di questi guerrieri accrebbe ulteriormente.
Pur conservando l’immagine di devoti servitori, i samurai divennero i veri signori del territorio; un processo di ascesa e consolidamento che culminò nella dittatura militare del clan Tokugawa e che durò per circa 250 anni, con l’imperatore ridotto a poco più di un fantoccio, una rappresentazione religiosa depauperata del potere temporale.

I samurai erano la classe guerriera che iniziò la sua ascesa al potere dal XII secolo.

Il Gungaku, la scienza militare giapponese, come accadde per altre civiltà nella storia, mutò nell’arco del tempo, influenzata dai cambiamenti geopolitici, sociali e tecnologici.
In un primo periodo, tra il XII e il tardo XV secolo, l’arte bellica fu caratterizzata dall’uso di unità altamente mobili di arcieri a cavallo. Infatti, le prime battaglie erano condotte prevalentemente in sella e solo in seguito furono aggiunte unità di fanteria con armi inastate, fino a giungere all’utilizzo della fucileria nell’ultima metà del XVI secolo.
L’epoca successiva, caratterizzata da un periodo di pace sotto il dominio dei Tokugawa, fu segnata solo da piccoli conflitti e lo studio della scienza militare si limitò a un ambito più teorico che pratico.

Nell’attesa di ricevere l’ordine di mobilitazione per la guerra, i samurai abitavano tendenzialmente nelle terre di cui erano signori, mantenendo in efficienza le proprie tradizioni familiari marziali e militari. Ricevuta la chiamata alle armi, i samurai avrebbero lasciato le proprie residenze fortificate con le insegne di famiglia spiegate e il proprio seguito, costituito da uomini d’arme, stallieri, lancieri e ulteriori aiutanti per la guerra.
Il rituale di commiato per ogni guerriero prevedeva la cerimonia delle nove tazze, durante la quale si consumavano determinati cibi come, ad esempio, la lumaca di mare (uchiwabi). Si recitavano giochi di parole, quali auspici per la morte del nemico o per la vittoria degli alleati, e nel lasciare le cittadelle fortificate alle donne era vietato porsi alla vista degli uomini, poiché portatrici di energia yin, mentre in Giappone per la guerra era richiesta quella yang, l’energia maschile. Per lo stesso principio i soldati in partenza verso i campi di battaglia, muovevano per primo il piede sinistro, poiché collegato all’elemento yang” Conclusi questi riti, i samurai attraversavano i cancelli intonando canti cerimoniali.

Il rituale di commiato per ogni guerriero prevedeva la cerimonia delle nove tazze.

Le truppe erano divise in due colonne a loro volta composte da diverse sezioni: gruppi di esploratori erano posizionati in testa seguiti dai vessilliferi. Il gruppo di comando era al centro, mentre il resto del ben armato convoglio costituiva il retro. L’esercito avrebbe poi sostato presso un luogo di culto celebrando ulteriori rituali per ingraziarsi il favore delle divinità e benedire le insegne. Una volta concluse anche queste cerimonie, l’esercito lasciava il proprio territorio per addentrarsi in quello nemico.
Nel frattempo la spedizione armata aveva già ricevuto molti dettagli sugli avversari, come mappe dell’area e l’identificazione dei generali al comando delle forze nemiche. Una raccolta d’informazioni svolta da quelle che si potrebbero definire come “forze speciali”, ovvero delle unità infiltrate nel territorio nemico in precedenza, anche per assolvere a funzioni di sabotaggio e propaganda per mezzo di operazioni di spionaggio e commando.

L’esercito in marcia era preceduto da un’avanguardia di ricognitori altamente qualificati, inviata a designare una zona adeguata per accamparsi. Nell’assolvimento di questo compito erano tenuti di conto diversi aspetti: il calcolo dell’area di terra necessaria, le sorgenti d’acqua, i punti d’uscita, nonché un attento studio delle condizioni idrogeologiche e delle fasi lunari per evitare inondazioni e alte maree. Logicamente, i ricognitori erano anche alla ricerca di presenza delle forze nemiche man mano che il proprio esercito avanzava nel territorio.
L’accampamento dei samurai era di fatto una piccola città che includeva percorsi, strade, aree riservate; l’insediamento era cinto da un muro di bambù al di fuori del quale vi erano barriere e fossati. Al giungere della notte erano accese torce e candele nelle tende, mentre all’esterno del campo si aggiravano squadre di ricognitori pronte a rilevare eventuali tentativi d’infiltrazione del nemico.

L’incontro dei due eserciti era preceduto da varie manovre di pedinamento atte ad acquisire il maggior numero d’informazioni e il miglior vantaggio possibile prima della battaglia.
Una volta convenute, entrambe le forze si disponevano sul campo di battaglia. La fanteria e gli arcieri si disponevano sul davanti, con i reparti avanzati di samurai dietro di loro a poca distanza. I segnali di battaglia erano dati per mezzo del battere dei tamburi, del movimento ondulatorio delle bandiere e del suono di grosse conchiglie.
I guerrieri giuravano di non disertare pena la perdita delle mogli e dei famigliari. Intanto, si formavano “squadre d’uccisione” composte da gruppi di tre uomini che avrebbero preso di mira un singolo avversario.
Iniziata la battaglia, la fanteria di ashigaru proteggeva gli arcieri che scoccavano le loro frecce. Ad un certo punto dello scontro queste forze avrebbero aperto lo schieramento, spostandosi sui lati per consentire all’avanguardia dei samurai di caricare dal centro. Da quel momento in poi la funzione della fanteria e degli arcieri sarebbe stata quella di coprire i fianchi dei reparti di samurai e, in caso di necessità, prestare loro assistenza. Ovviamente, col procedere della battaglia e il maggior compenetrarsi delle due forze, gli schieramenti avrebbero perso la loro iniziale coerenza strutturale.

L’accampamento dei samurai era di fatto una piccola città che includeva percorsi, strade, aree riservate.

In caso di vittoria di una delle due fazioni, alcuni gruppi di samurai si impegnavano in scontri leggeri andando a caccia di nemici nascosti. Terminata la battaglia un segnale dava ordine di rientrare presso il centro di comando.
Nell’area adibita a comando vi era il “capo-segretario”, una figura di rilievo che svolgeva il compito di annotare su registri separati, i fatti, i ferimenti, le morti e le teste dei nemici decapitati. L’esame e il conteggio delle teste era un’operazione molto importante, poiché incideva sul patrimonio e il prestigio di colui che le aveva prese. Maggiore era il livello di classe del guerriero ucciso e decapitato, maggiori erano i compensi in possedimenti terrieri che il samurai riceveva. Particolare onore era conferito a colui che aveva preso la “prima” testa in battaglia. Accadeva anche che i più avidi e scorretti, facessero passare per teste di samurai, di medio/alto rango, quelle di ordinari soldati mettendole in elmi rubati, o che altri ancora tra coloro che non avevano ucciso nessuno in battaglia, portassero teste di donne o monaci uccisi nelle vicinanze del campo di battaglia.
Infine, il comandante in capo avrebbe condotto l’ispezione cerimoniale di alcune teste sotto la protezione spirituale di arcieri e strateghi, affinché non fosse soggetto alla vendetta dei fantasmi di questi defunti.
Conclusa la guerra l’esercito faceva ritorno a casa. Le promesse sarebbero state mantenute, le promozioni conferite, le nuove terre consegnate, mogli e figli riabbracciati e i morti compianti. Ma, soprattutto, gli dei sarebbero stati lodati e ringraziati per la vittoria ottenuta.

BIBLIOGRAFIA
• M. Colonna (2020), Arti Samurai: Armi e scienza militare della Sekiguchi Ryu, Pubblicazione indipendente. https://www.amazon.it/dp/1655475975
• A. Cummins, Samurai Arms, Armour and the Tactics of Warfare, Watkins, 2018.

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