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Disappunto

Disappunto
Foto di Alessia Parisse

Provo un forte disappunto nei confronti degli insegnanti Yoga. Ammiro moltissimo, invece, gli insegnanti di arti marziali.

disappunto
/di·ṣap·pùn·to/
Sostantivo maschile
Senso di delusione, dispetto, per un’improvvisa contrarietà.

Provo un forte disappunto nei confronti degli insegnanti Yoga. Ammiro moltissimo, invece, gli insegnanti di arti marziali. Lo ammetto, anzi, lo confesso proprio: ho fatto la mia prima lezione di Yoga a dodici anni grazie a uno straordinario fisioterapista e ancora sento di avere tantissimo da imparare. Osservo i miei figli sul tatami col loro Maestro di Judo e invidio bonariamente la disciplina e la tradizione che avvolge ogni singolo gesto che viene loro impartito.

Lo Yoga è una scienza, che merita rispetto, sia nella trasmissione che nell’apprendimento.

Anche lo Yoga è – dovrebbe essere – una disciplina. Si trasmette e non si insegna. Lo Yoga è anche un’arte che si trasferisce con la voce, con il corpo, con le emozioni, con l’atteggiamento e con la condotta. Lo Yoga è una scienza, che merita rispetto, sia nella trasmissione che nell’apprendimento.
Non è possibile trasmettere lo Yoga se non si è disciplinati e la disciplina si ottiene con tre cose: studio, pratica, esperienza. Tutti sappiamo che sono tre cose che costano fatica e pazienza.
Non c’è un diploma che magicamente rende capaci di trasmettere lo Yoga. Non si diventa istruttori Yoga con corsi “online”, men che meno con week-end in palestre o in ameni bed n’ breakfast o su spiagge incantate del Costarica o della Thailandia. 

Un diploma, che sia italiano o straniero, di 200 o 500 ore non fa di una persona un istruttore. È ridicolo. Anche se quelle ore hanno il timbro di una nota organizzazione Yoga, dove più paghi e più stelline hai.
Neanche un “viaggetto” in India di qualche settimana fa diventare istruttori Yoga, qualsiasi sia il pezzo di carta che viene regalato. In India lo Yoga è un business che viene tagliato a misura di occidentali. È un business miliardario che è sempre più artefatto. Dal 1994 – data del mio primo viaggio in Himalaya – ad oggi, ho visto solo nascere e morire scuole Yoga gestite da ottimi affaristi Indiani. E gli indiani, credetemi, sanno fare proprio bene gli affari.

Il vero Yoga si impara frequentando gli Ashram, quelli seri, e frequentando chi lo pratica (veramente) per un bel po’ di tempo. Si impara praticando da soli e con altre persone. Si impara dai bravi e dai meno bravi, restando magari ore seduti ad ascoltare spiegazioni fatte in Hindi o in Urdu. Eppure arriva tutto lo stesso.
Lo Yoga deve essere cercato come si cerca un grillo in un prato, assaporato come acqua dopo una corsa, annusato come la fragranza di un fiore che vive un giorno, a volte arriva come un acquazzone improvviso; altre volte lo si rincorre come si rincorre una farfalla e lei, inattesa, quando siamo fermi, si posa da sola. Ci vuole tempo. Studio. Fatica. Studio e fatica. Applicazione. Rispetto.
Altrimenti è ovvio che trovate chi vi vende le lezioni a 5 Euro! Diplomi a 75 Euro on line! 

La preparazione include lo studio degli Yoga Sutra, della Bhagavadgita, delle Upanishad, dei Mantra e per questo bisogna sapere anche un po’ di Sanscrito.
Non si può tradurre un mantra dal Sanscrito all’Inglese e dall’Inglese all’Italiano perché qualcuno ti chiede “cosa significa”? Non ha senso! Non è un mantra!
La preparazione include uno studio calato anche nella nostra cultura occidentale: fisiologia, psicologia, anatomia. A braccetto con la cultura che lo ha prodotto: Ayurveda, Nada Yoga, medicina tradizionale.
Adesso compaiono diplomi di Yoga Therapy o di Yoga Psychology… Attenzione! Non possono essere applicati se non si è laureati in Psicologia: è abuso di professione. 

Provo un fortissimo disappunto: basta improvvisazione, basta gente in fuga dalla realtà che impara lo Yoga in tre settimane di corso! Basta, personaggi in crisi mistica. Basta, impreparazione. Basta, mescolare buonismo e sorrisi con lo Yoga. Basta, distribuire diplomi da parte di gente completamente impreparata ad altrettanta gente assolutamente impreparata. Basta, con il totale analfabetismo mistico che mescola bene – male – dottrina cristiana – hippismo anni 60 – new age. Basta improvvisazione!
Lo Yoga se è fatto bene, fa bene. Se fatto male, fa malissimo.
Chiedete al vostro istruttore Yoga se sa quali sono i Klesha; se sa cantare il Gayatri Mantra; se sa cosa vuol dire “yogaś citta vṛtti nirodhah”; se sa la differenza tra Prakriti e Prakruti; se sa la differenza tra Shiva e Rudra o tra Atman e Jiva. E siamo all’ABC dello Yoga, solo per non infierire…
Non c’è un diploma che vi mette nelle condizioni di insegnare Yoga. Ogni vero corso inizia dopo il corso.

Lo Yoga deve essere cercato come si cerca un grillo in un prato.

Sinceramente, dal più profondo del mio cuore, invidio chi pratica e insegna arti marziali. C’è più serietà, davvero: c’è un vero Maestro, c’è una vera pratica che dura anni, ci sono veri apprendistati. C’è rispetto di un lignaggio di Maestri e di una tradizione. C’è tempo speso per la preparazione, ci sono livelli di apprendimento. C’è equilibrio e buon senso e se un Maestro decide che non hai la stoffa per insegnare, non insegni. Punto.
Apprendisti stregoni dello Yoga, improvvisati della spiritualità: fate fitness, non fate Yoga. Ditelo, siete più sinceri. Lo Yoga parte proprio da qui. Chi è il vostro Maestro? Qual è il vostro lignaggio? Qual è la vostra storia?
Basta. Ci vuole rispetto.
Un giardino non può trasformarsi in una concimaia. Basta un attimo e il disappunto diventa disgusto.

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