Sono sempre più convinto che la Via sia la tradizione, che sia questa la base su cui può e deve poggiare qualunque idea di “evoluzione”.
Il M° Mostarda Cesare (comunemente conosciuto come Mauro) nasce a Rieti il 19.10.1951. Operaio in pensione, ha due figli, entrambi cinture nere, ed è nonno di tre nipoti. È maestro di karate IV Dan e Direttore tecnico dell’Associazione Sportiva Dilettantistica “Shotokan Ryu Shofukai Karate Rieti”.
il M° Matsuyama per tutti noi è stato, e continua a essere, una guida e un punto di riferimento.
M° Mostarda, quando ha “incontrato” il karate?
È stato tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Erano gli anni del boom delle arti marziali, anni in cui le palestre si riempivano di praticanti grazie al “proselitismo” della filmografia orientale e americana. Erano gli anni in cui esplodeva la stella di Bruce Lee e in cui la scoperta delle arti orientali da combattimento diveniva fenomeno di massa. Nella mia cittadina esistevano già una scuola di Ju-Jitsu e una di Judo. Il Karate era un qualcosa di “alieno”, conosciuto per sentito citare sul grande schermo.
Il mio carissimo amico, purtroppo prematuramente scomparso, Alberto Paciucci, titolare dell’Associazione “Sport Club”, si appassionò a tal punto a questa disciplina che cercò dei contatti e ottenne che la FIKTA inviasse a Rieti l’allora giovanissimo Maestro Shuhei Matsuyama il quale, nell’arco di sei anni, – tale fu il tempo della sua permanenza – riuscì a far penetrare prepotentemente il karate nel tessuto cittadino e provinciale, facendone un’importantissima realtà. Personalmente, motivato dalla grande curiosità di conoscere questa disciplina da combattimento, alla “veneranda” età di trentuno anni, nel settembre del 1982, iniziai questa affascinante avventura sotto la guida del M° Matsuyama, avventura che è poi divenuta la passione di una vita, per utilizzare un’espressione cara al Maestro Funakoshi, è divenuta “il mio stile di vita”.
Chi è stato il suo primo maestro?
Il mio primo Maestro è stato, come già accennato, Shuhei Matsuyama. Per tutti noi è stato, e continua a essere, una guida e un punto di riferimento autorevole e costante. Per suo tramite ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere il Maestro Hiroshi Shirai nel 1985 e ciò ha rappresentato un punto di svolta per la mia formazione. Da allora il Maestro Shirai è divenuto, per me e per la mia scuola, la Via che conduce alla conoscenza dell’Arte.
Ho avuto poi l’onore di conoscere e la fortuna di allenarmi con altri autorevoli Maestri del calibro di Kase, Nishiyama, Kawazoe, Naito, Oishi, Watanabe, ma tutto questo sempre grazie alle opportunità create nel tempo dalla Federazione e dal Maestro Shirai.
Ha mai praticato karate agonistico?
Come ho già detto, ho iniziato la pratica del karate all’età di trentun’anni e, quindi, non ho avuto l’opportunità di confrontarmi a livello agonistico. Una lacuna che ho tentato, però, in tutti i modi di colmare, specialmente cercando di presenziare a tutti gli eventi agonistici a cui mi è stato possibile assistere.
Ha praticato altre discipline oltre al karate?
Non ho avuto esperienza di altri stili o discipline. Pratico da sempre il Goshindo del Maestro Shirai e se volessimo considerare questa come esperienza diversa dal Karate Shotokan tradizionale, allora posso tranquillamente affermare che tale pratica mi ha arricchito e mi ha fornito un’ulteriore chiave di interpretazione del karate. A tal punto ritengo la pratica del Goshindo uno strumento di completamento e integrazione allo studio del karate tradizionale, che non solo lo consiglio, ma quasi lo impongo ai miei allievi che, debbo però dire, ne sono assolutamente soddisfatti ed entusiasti.
Quando è diventato maestro e che incarico ricopre nella FIKTA?
La qualifica di Maestro mi è stata consferita il 28 marzo 2003 e sono attualmente vicepresidente del Comitato Regionale Lazio.
Che cosa l’ha spinta a percorrere anche la strada dell’insegnamento?
Come ho affermato precedentemente, il karate è entrato nella mia vita che ne è stata poi completamente “dominata”. Il percorso di conoscenza del karate tradizionale, in particolare, comporta il dover forgiare non solo il corpo e la mente, ma anche e soprattutto lo spirito. Per questo accolgo in pieno il profondo concetto espresso dal Maestro Funakoshi nel definire il karate uno stile di vita. È soprattutto questo l’aspetto, insieme a una immensa passione, che fa crescere dentro l’esigenza di trasmetterlo ad altri, consapevole di non stare solo a tramandare un metodo di combattimento, ma una visione, un approccio con la vita, con la natura, con il prossimo e innanzittutto con se stessi.
Il karate è entrato nella mia vita che ne è stata poi completamente “dominata”.
Dove insegna e come si considera come insegnante? Trova differenze tra i metodi con cui Lei ha appreso e come s’insegna oggi?
Presto umilmente la mia attività di Maestro presso l’Asd Shotokan Ryu Shofukai Karate Rieti. Il giudizio sul mio operato preferisco lasciarlo ai miei allievi e ai miei Maestri. Io cerco solo di dare sempre il meglio e di trasferire ad altri i principi e gli insegnamenti che a suo tempo ho appreso da figure molto più autorevoli di me.
Ci sono differenze tra i metodi che utilizzavano i miei Maestri e i metodi attuali, differenze che dipendono soprattutto da due elementi: gli allievi di oggi hanno un percorso educativo e famigliare, oltre che una condizione di vita, differenti da quelli di un tempo, sono, diciamo così, più “delicati” e a tale realtà si è dovuto adattare il sistema d’insegnamento. Inoltre, il karate nel tempo è cambiato, anche se, grazie all’opera preziosa del Maestro Shirai, il karate che abbiamo la fortuna di praticare noi, mantiene intatti gli elementi della tradizione.
Quali sono i capisaldi del suo insegnamento? Quale tipo di rapporto bisogna creare, secondo Lei, fra maestro e atleta?
Ho sempre basato il mio insegnamento innanzitutto sulla trasmissione dei principi che costituiscono il fondamento della nostra scuola e che il Maestro Shirai custodisce pregevolmente, trasmettendoli a noi che abbiamo il privilegio e la costanza di seguirlo. Principi non solo tecnici, ma anche morali. Proprio per questo ritengo la pratica dell’Hiroshi Shirai Goshindo essere un ottimo elemento d’integrazione e di completamento.
Per ciò che concerne il rapporto con gli allievi, reputo essenziale instaurare con loro un clima familiare di reciproca stima e fiducia, poggiato su solide basi di amicizia. Importantissimo non avere, e men che meno manifestare, predilezioni o particolari simpatie. Gli allievi sono tutti lì, ognuno con le proprie potenzialità e capacità, per apprendere umilmente ciò che si può loro trasmettere. Tutti godono della stessa mia attenzione e considerazione, poi ognuno, come nella vita d’altronde, ha i suoi tempi e i suoi percorsi.
Qual è la cosa più preziosa che il karate le ha insegnato e il più grande beneficio che il karate apporta oggi alla sua vita quotidiana?
Il karate, che mi ha sempre garantito un grande beneficio sia fisico sia mentale, mi ha innanzitutto insegnato il rispetto per gli altri e l’umiltà. Ma penso che l’insegnamento più prezioso sia quello racchiuso nel precetto nana korobi ya oki e cioè: cadere sette volte, rialzarsi otto. Lo ritengo un precetto che contiene un’intera visione della vita, visione che mi sta aiutando molto anche in questa fase che mi vede convalescente a causa di un serio incidente motociclistico e sofferente per due vertebre e cinque costole fratturate… Mi rialzerò anche stavolta. Lo farò sempre, fino all’ultimo respiro.
Secondo Lei, quali “valori aggiunti” ha oggi il karate del M° Shirai, rispetto ad altre scuole?
Ho sempre ritenuto e sono sempre più convinto che la Via sia la tradizione, che sia questa la base su cui può e deve poggiare qualunque idea di “evoluzione”. È questa solida base, sono queste radici che possono rendere rigogliosa la pianta del karate, anche per i “nuovi” rami che dovessero spuntare. Inoltre, riscontro una sempre maggiore efficacia e dinamicità nel karate che pratichiamo col Maestro Shirai e questo mi fa pensare che qualsiasi strada debba necessariamente passare per questa Via.
Durante l’emergenza sanitaria a causa del Covid-19 anche il mondo del karate ha maggiormente usufruito della comunicazione in Rete, Lei l’ha utilizzata?
Anche la nostra associazione si è avvalsa dell’ utilizzo della tecnologia e abbiamo organizzato lezioni tramite la piattaforma zoom. Molto bravi i vari tecnici che hanno dato la loro disponibilità a tenere queste lezioni su scala nazionale e che hanno saputo renderle coinvolgenti e molto, molto interessanti, non facendo quasi sentire la mancanza della presenza fisica in loco. Anche se interagire direttamente è tutt’altra cosa e c’è solo da augurarsi che l’esperienza non debba essere ripetuta.
Quello a cui non vorrei più assistere sono le “scissioni”, perché ritengo che ognuno sia una risorsa.
Cosa auspica per il futuro del karate, cosa le piacerebbe “vedere o non vedere” più?
Auspico che gli insegnamenti che oggi ci vengono tramessi dai grandi maestri, possano perpetuarsi anche in futuro, che non vadano mai “persi”. Quello a cui non vorrei più assistere sono le “scissioni”, perché ritengo che ognuno sia una risorsa e quindi che il venir meno di detta risorsa possa soltanto essere un impoverimento.
Quali sono i suoi progetti futuri?
È un po’ di tempo che sto cercando di realizzare un progetto per coinvolgere nella pratica del karate persone di ogni età, diversamente abili, considerati i benefici che questi potrebbero trarne. Per il resto spero di poter continuare a dare il mio sempre più impegnato contributo alla diffusione del karate e alla nostra Federazione, anche organizzando, come già fatto in passato, grandi eventi come la Coppa Shotokan e il Campionato Italiano Centro Sud. In tutto questo, continuare a praticare e a essere un grande nonno.