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Caos calmo: il miracolo del maestro Shirai allo stage di monza

Se altri esponenti dello Shotokan sembrano oggigiorno prediligere la fluidità e la leggerezza, il maestro Shirai va da sempre per la sua strada, in direzione “ostinata e contraria”.

Si intitola Caos calmo un film del 2007 nel quale il protagonista, interpretato da Nanni Moretti, sfuggiva alla disperazione per la scomparsa della moglie chiudendosi in un atteggiamento di apparente immobilità esteriore, che nascondeva il tumulto interiore. Alla fine, tuttavia, trovava il modo di elaborare il lutto e proseguire nella propria esistenza aprendosi ai bisogni altrui.
La definizione mi è venuta in mente domenica 19 novembre 2023.
Partito da casa prima delle ore 8:00 per partecipare allo Stage nazionale dell’ISI a Monza, diretto dal maestro Shirai, alle 8:20 approdo alla palestra Ardigò, dove un gentile karateka mi informa del dirottamento dei quarti e quinti dan sulla palestra ? (ho già rimosso il nome).

Il cambio di programma manda in tilt il mio modesto navigatore, ma comunque, dopo aver vagato per la bella Brianza, alle 9:00 in punto mi affaccio trafelato sul parterre della palestra,
L’impianto, di dimensioni modeste, era stato assegnato alle cinture nere da terzo Dan in su ma, proprio mentre arrivavo io, una decina di terzi dan, confusi e frustrati, veniva respinti alla porta da una Minosse in gonnella: “Vuolsi così solà dove si puote”, non c’era posto per tutti, per loro la meta della caccia al tesoro era stata ulteriormente spostata “a poche centinaia di metri di distanza”,
Mi sono cambiato in fretta e, naturalmente, il Maestro aveva già iniziato l’allenamento da almeno mezz’ora. Sono sceso nella bolgia, cercando di individuare gli amici con i quali avevo convenuto di allenarmi.

La sequenza includeva un ruolo attivo da parte del difensore, che in più punti doveva inserirsi nello schema e rompere l’attacco.

A pochi metri da me era in azione il maestro Shirai! Concentratissimo, stava energicamente descrivendo ai due collaboratori della giornata, una complessa combinazione di calci, pugni e spostamenti. La sequenza includeva un ruolo attivo da parte del difensore, che in più punti doveva inserirsi nello schema e rompere l’attacco. Il Maestro era attorniato dagli stagers, che cercavano di assimilare la sequenza e di riprodurla nei pochi metri e nel breve tempo messo a loro disposizione.
Maestro e “dimostratori” erano totalmente assorbiti dalla ricerca della massima precisione, velocità e potenza. L’interazione nei confronti di tutti gli altri (decine e decine di cinture nere provenienti anche da altre regioni e dall’estero) avveniva attraverso i consueti inviti: “Provate!” e “Venite!” con i quali, a intervalli più o meno regolari, il Maestro agevolmente gestiva la platea più vasta dei maestri e istruttori lì convenuti proprio per lui.

Era proprio una situazione di “caos calmo”, perché grazie all’autocontrollo ed esperienza accumulata in decenni di allenamento, la maggior parte dei presenti riusciva a mettere in pratica, senza ostacolarsi a vicenda, non dico il 100% e neppure l’80, ma almeno il 60% di quello che veniva proposto.
Era una sensazione strana e surreale vedere come il maestro, ottantaseienne e in questo momento con un’autonomia motoria limitata, riuscisse praticamente da solo a dirigere questa grande orchestra, senza naturalmente poter evitare qualche nota stonata. Spettava a noi partecipanti decidere se buttare via questa grande e irripetibile occasione di apprendimento o impegnarci al massimo, nelle condizioni che si sono descritte e che sembra impossibile evitare in questi raduni di massa. Qualcuno certo ogni tanto si fermava, o scambiava quattro chiacchiere con amici che non vedeva da tempo, ma la maggioranza di noi ha fatto di tutto per onorare il ritorno del Maestro.

Se altri esponenti e altre correnti dello Shotokan sembrano oggigiorno prediligere la fluidità e la leggerezza (penso al maestro Naka o al karate JKS, ormai embedded nella Wkf), il maestro Shirai va da sempre per la sua strada, in direzione “ostinata e contraria”, soffermandosi sull’importanza del singolo colpo risolutivo, sulla profondità delle posizioni, sul kime totale, sulle tecniche a mano aperta, sul ruolo vitale del kiai, in armonia con i principi del Goshindo che porta avanti insieme allo Shotokan.
Ricordo che già quindici anni fa, in occasione del mio esame per 4°dan, mi fece ripetere la prima sequenza che avevo eseguito troppo velocemente, insistendo sul concetto dell’”uno per uno”.
La sua attenzione all’esecuzione delle sue istruzioni è spasmodica e quasi maniacale: non esita a far ripetere la stessa sequenza anche a grandi campioni più e più volte, fino al fatidico “okay”. E talvolta al praticante, anche esperto, sfugge la ragione sottile e segreta per cui quella particolare esecuzione, a differenza delle precedenti quasi indistinguibili, lo ha finalmente soddisfatto.

La sua attenzione all’esecuzione delle sue istruzioni è spasmodica e quasi maniacale.

Dopo mezz’ora il Maestro è passato all’esecuzione e bunkai di Heian Yodan. Sembra passato un secolo dalle applicazioni scolastiche e giustificative degli anni ’70: adesso fare bunkai significa veramente combattere usando le tecniche di un particolare kata e il primo attacco può provenire da qualsiasi direzione, non solo da sinistra come succede con gli Heian.
Alle ore 10:10 il maestro ha comunicato che la lezione era finita, con un anticipo di 50 minuti rispetto all’orario indicato nella circolare. La spiegazione che ci è stata data è che il Maestro deve in questo periodo limitare i propri sforzi ed era comunque impegnato per un’altra oretta negli esami di Dan.
Gli altri tre gruppi di allenamento (terzi Dan con i maestri Acri e Cardinale, 1° e 2° dan con i maestri Fugazza e Campari, cinture marroni e colorate con i maestri Simone Pontiggia e Danilo Belotti) hanno invece completato regolarmente le due ore di allenamento e successivamente sono confluiti per gli esami.

Gli esami, non solo i pochi a cui ho assistito personalmente, ma anche tutti gli altri di cui mi hanno parlato, sono stati forse tra i migliori nella storia recente della Fikta: atleti calmi, ordinati e concentrati (pubblico assente!), buona preparazione generale, zero incidenti e alta percentuale di promossi.
Con una lettera agli iscritti, la Fikta e l’Istituto Shotokan Italia si sono poi ufficialmente scusati per i disguidi organizzativi, il che fa senz’altro loro onore.
Per quanto mi riguarda, il piacere di rivedere e di salutare personalmente il Maestro mi ha ampiamente ripagato di qualche disagio, che avevo comunque messo in preventivo. Ringrazio inoltre i maestri e dirigenti federali che hanno messo a mia disposizione informazioni e materiale fotografico.

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