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In morte di un amico

In ricordo di Fritz Wendland la prima cintura nera di karate su suolo tedesco.

Non aveva certo un carattere facile il “dottor” Fritz Wendland, braccio destro del maestro Hideo Ochi e plenipotenziario prima del Deutscher Karate Bund e poi della European Amateur Karate Federation, l’organizzazione internazionale di marca Shotokan che negli anni 70 e 80, ostinatamente, aveva contrapposto il “karate-budo” al karate sportivo targato UEK/EKU.
Wendland univa alla puntigliosità tutta tedesca il rigore nella difesa del karate della JKA e soprattutto del “suo” maestro, Hideo Ochi, ancor oggi la figura di maggior spicco dello Shotokan tedesco e uno dei “grandi vecchi” tuttora in attività; ma a conoscerlo meglio emergeva la sua grande cultura, la sua lealtà verso gli amici e il suo amore per tutte le arti, musica scozzese compresa.

Wendland si accese subito del sacro fuoco dell’entusiasmo e si allenò con ferrea disciplina nelle condizioni più difficili.

Friz Wendland, insegnante di liceo scientifico e istruttore della Guardia di frontiera, ebbe le sue prime esperienze con il karate nel 1963 all’università di Gottinga (dunque un esordio universitario, proprio come i giapponesi…), sotto la guida di Peter Schmidt, autentico pioniere dei karate tedesco, che esigeva dai suoi allievi due ore di allenamento quotidiano, al mattino presto.
Wendland si accese subito del sacro fuoco dell’entusiasmo e si allenò con ferrea disciplina nelle condizioni più difficili: 100 piegamenti sui pugni, incurante del fatto che le sue mani congelassero nel freddo mattutino. Wendland trovò presto posto nell’élite del karate tedesco, divenne assistente di Schmidt e ottenne l’investitura definitiva durante un lungo viaggio in Asia, allenandosi sotto la direzione di Masatoshi Nakayama, allora capo istruttore della Jka, all’Honbu Dojo di Tokyo.
Nel 1967, quando iniziò la sua professione di insegnante di liceo, i primi allievi gli chiesero di insegnare loro karate. Col permesso del preside di usare la palestra dopo le lezioni, fondò nello stesso anno il suo primo dojo di karate, il Fallersleben di Wolfsburg. Da allora Fritz Wendland non ha più interrotto la propria carriera di praticante e di insegnante, poi di dirigente sportivo, chiamato dal maestro Ochi alla guida della federazione tedesca di stile Shotokan e successivamente della European Amateur Karate Federation.

Io lo conobbi all’inizio degli anni Ottanta quando la federazione italiana unificata, la Fikteda, decise di ricominciare a partecipare anche ai campionati europei e mondiali di stile Shotokan, a Zurigo nel 1982 e a Monaco nel 1983.
Inizialmente gli azzurri furono accolti con una certa diffidenza: bruciava ancora la loro defezione del 1979, quando la squadra italiana, per ragioni di politica sportiva, aveva lasciato la Eakf e la Iakf per partecipare alle gare UEK/WUKO. Io dirigevo già allora la rivista Yoi e fu solo con una certa difficoltà che riuscii a farmi accreditare come giornalista per assistere ai campionati di Zurigo e Monaco.
Scrissi a Wendland cercando di fargli comprendere la complessità della situazione italiana e aggiungendo che non tutti, fra di noi, erano entusiasti della svolta in senso “sportivo” e che tutti gli appassionati del karate-Budo erano molto contenti di tornare a competere nelle gare della Eakf, di cui condividevano lo spirito e le regole. Credo che la conoscenza della lingua tedesca e una certa intransigenza che ci accomunava facesse breccia nel cuore di Wendland, che agli Europei di Monaco accolse con grande calore il sottoscritto e la fotografa Elaine Holt, dandoci un posto splendido nel parterre, dal quale assistemmo alla vittoria della squadra italiana di kumite proprio a spese della Germania, bilanciata dal successo di Toni Dietl nell’individuale davanti all’italiano Claudio Guazzaroni. In quell’occasione Elaine intervistò Frank Brennan, il talento emergente del karate britannico del maestro Enoeda.

Alla guida della federazione tedesca di stile Shotokan e successivamente della European Amateur Karate Federation.

Non ho più incontrato il “dottor” (un titolo imprescindibile in Austria e in Germania) dopo Monaco 1983, ma ho seguito da lontano le svolte sue e dello Shotokan tedesco, per certi versi simili alle nostre: fusione con il Deutscher Karate Verband e partecipazione per alcuni anni alle gare internazionali del karate sportivo, poi la dirigenza di un’organizzazione alternativa. Nel 2011 Wendland pubblicò l’interessante libro Ochi, una coppia giapponese, dedicato al maestro e alla sua affezionatissima compagna di vita.
Recentemente Wendland, la prima cintura nera di karate su suolo tedesco, aveva festeggiato i cinquant’anni di pratica e aveva dato le dimissioni dalla politica attiva. La sua scomparsa approfondisce il solco tra i pionieri della nostra disciplina, che stanno uno alla volta scomparendo dalla scena, e le nuove generazioni, cresciute con una mentalità diversa da quella degli allenamenti mattutini e dei cento piegamenti sul terreno ghiacciato.

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