728 x 90

Preparazione fisica per atleti di karate

Preparazione fisica per atleti di karate
Oro agli ESKA 2019: Vittorio Prin Clari, Alessandro Bindi e Alberto Rocchetti.

Per un’evoluzione anche dal punto di vista atletico in questo articolo si considerano le specialità di kata e kumite sotto il profilo della preparazione atletica.

Di Andrea Grasselli 

Maestro classe 1968, 6° Dan di karate tradizionale,
Laurea magistrale in Scienze Motorie presso l’Università degli Studi di Milano
Responsabile del CSAK Lombardia e Arbitro Internazionale di karate tradizionale, FIKTA. Insegnante di karate presso Bu Do Kan, Busto Arsizio;
Docente di Educazione Fisica presso Scuola Superiore “Istituti Vinci”, Gallarate;
Titolare Palestra di ginnastica antalgica-correttiva e preparazione atletica Back Up, Gallarate.

Pratico Karate dal 1979 e, in seguito al personale percorso di formazione, ho acquisito strumenti per comprendere molti aspetti riguardanti i meccanismi energetici, biomeccanici e fisiologici del movimento umano.
Nel tempo, numerosi ambiti scientifici internazionali (che oggi grazie alle ricerche web diventano raggiungibili facilmente) si sono occupati della prestazione fisica e negli ultimi anni questo settore ha fatto passi da gigante. Sarebbe perciò un peccato perdere l’occasione di acquisire alcune nozioni in questo campo, per poter permettere al nostro settore un’evoluzione anche dal punto di vista atletico.
In questo articolo sono state prese in considerazione le specialità di kata e kumite, sotto il profilo della preparazione atletica.

LE QUALITÀ FISICHE
(Alla fine dell’articolo, verrà prodotto un esempio concreto, sotto forma di tabella di allenamento)
Innanzitutto, bisogna tenere presente che le molteplici componenti necessarie per creare un atleta “tipo” per le competizioni di karate sono: motivazione, coraggio, costanza, coordinazione, forza, senso del ritmo, del tempo e della distanza. Questo per quanto riguarda esclusivamente gli aspetti fisico attitudinali e non quelli tecnico marziali.
Molte di queste qualità – coordinazione, forza, mobilità, senso del ritmo, del tempo e della distanza – sono ampiamente migliorabili se vengono allenate nelle cosiddette “età d’oro”.
Perciò, alcune caratteristiche fisiche, per poter essere sviluppate in modo ottimale, vanno sollecitate nel periodo indicato dalla seguente tabella:          

CAPACITÀ ETÀ
Forza inizio a 8 anni, età d’oro dai 12 anni in poi
Rapidità inizio a 6 anni, età d’oro dai 7 ai 12 anni
Resistenza  età d’oro dagli 11 anni in poi
Mobilità da 0 a 12 anni

L’età compresa tra gli 8 e i 12 anni viene anche considerata “età d’oro” per lo sviluppo delle capacità coordinative.

I MECCANISMI ENERGETICI
Se volessimo strutturare un allenamento, con una buona approssimazione di dose-risposta, sarebbe indispensabile scegliere quale sia la qualità atletica da allenare. Non posso, per esempio allenare solo la resistenza e poi pretendere che il mio atleta abbia la capacità di sostenere una competizione (che richieda sforzi lattacidi) senza andare in affanno!
Devo sempre sapere quando, come, perché e quanto somministrare gli esercizi che siano di resistenza, di potenza o di resistenza lattacida.
Qui sotto viene indicata una tabella riassuntiva dei diversi meccanismi energetici coinvolti nell’allenamento. L’idea di allenamento non deve farci pensare necessariamente a pesi, pista di atletica o palestre super attrezzate, basterebbero un dojo o un prato!

Meccanismo
Bioenergetico
Qualità atletica Fonti energetiche
Anaerobico alattacido Potenza ATP. Creatinfosfato
Anaerobico lattacido Resistenza lattacida Glucidi            ac. Lattico
Aerobico Resistenza aerobica Glucidi            CO2+H2O

Lipidi

Consultando studi specifici sui meccanismi energetici utilizzati dagli atleti di karate, non ho trovato degli studi randomizzati e con evidenze scientifiche. Ne esistono molti sul judo e sul taekwondo, ma purtroppo non ancora sul karate. Tranquilli ci arriveremo…
Nel mese di dicembre del 2019 ho eseguito, con la collaborazione di Marco Sias (che ringrazio), dei test su atleti top level di kata, per verificare se, durante una simulazione di gara, ci fosse produzione di acido lattico e, se sì, di quanto.
I soggetti testati sono stati 5 femmine e 5 maschi, facenti parte della Nazionale Italiana FIKTA, ma anche atleti di interesse nazionale.

Sottoporre un atleta ad allenamenti che utilizzino il solo meccanismo aerobico, senza sollecitare quello anaerobico lattacido, risulta poco utile…

Protocollo dei test
È stato effettuato un riscaldamento di 15’; a seguire, è stata richiesta l’esecuzione di un kata (all out, cioè velocità di gara) della durata media di 50”. Al termine veniva fatto un prelievo di lattato ematico; dopo una pausa di 3’, è stato eseguito lo stesso kata (sempre velocità di gara) e di nuovo fatto un prelievo del lattato. La scala di Borg® rilevata è stata mediamente 8 (metodo per rilevare l’intensità del carico interno).
I risultati hanno evidenziato una produzione minima di 3.5 millimoli di lattato e una massima di 11,5 millimoli di lattato. Tutti gli atleti hanno avuto un incremento medio di 2,2 millimoli tra la prima e la seconda prova. 

L’attività agonistica di karate è quindi, senza dubbio, da considerarsi dal punto di vista metabolico anaerobica lattacida.
Ora cerchiamo di capire cosa si intenda per lattato ematico o acido lattico, a cosa serve e se la sua produzione sia utile o dannosa; al termine farò le opportune considerazioni.

ACIDO LATTICO

  • L’acido lattico fa sì che il pH del sangue diminuisca e, associato a questo fenomeno, vi è anche un notevole aumento di secrezione del GH (ormone della crescita). L’accumulo di acido lattico è inoltre interessante poiché, essendo il glicogeno (zuccheri) il suo substrato energetico (combustibile), accadrà che, nel momento in cui il muscolo supercompenserà, si avrà una reazione inversa. Ciò significa produzione di glicogeno che andrà a ripristinare le scorte energetiche muscolari.
  • L’acido lattico quando è all’interno del muscolo è acido, quando entra nel torrente ematico (sangue) diventa lattato.

Dal sangue passerà nel fegato dove, attraverso il ciclo di Cori, si trasformerà nuovamente in glucosio, pronto per essere utilizzato ancora una volta.

Fig. 1 – Ciclo di Cori

 

  • Quando la produzione di acido lattico diventa superiore alla capacità di smaltimento si verifica un accumulo dello stesso. 
  • Si sa che dopo 15’ dalla fine dello sforzo, avviene un dimezzamento della quantità di lattato (fino a un massimo di 2 ore) e si ritorna ad avere livelli di lattato pre-esercizio se si effettua un recupero totalmente passivo. Con un recupero attivo, invece, si può ridurre il tempo di recupero totale (fino a 1 ora).
  • Da queste considerazioni si evince che produrre molto acido lattico durante uno sforzo non è una cosa negativa in assoluto, purché l’atleta sia in grado di smaltirlo efficacemente e riutilizzarlo!

Per indurre questo meccanismo, dovrò prevedere un allenamento che sia anaerobico lattacido, che potenzi e velocizzi la riconversione.
Quindi, sottoporre un atleta ad allenamenti che utilizzino il solo meccanismo aerobico, senza sollecitare quello anaerobico lattacido, risulta poco utile, se non addirittura controproducente ai fini della prestazione competitiva di Karate.

ESEMPIO DI PREPARAZIONE ATLETICA
Riscaldamento: salto della corda 2’ con 1’ pausa X 3 serie 

  • 20” di piegamenti sulle braccia alla massima intensità e rom.
  • 10” di recupero attivo (corsa in surplace).
  • 20” di balzi flettendo le ginocchia al petto nella fase di volo.
  • 10” di recupero attivo.
  • 30 addominali con 5” di tenuta isometrica ogni 10 eseguiti.
  • 10” di recupero attivo.
  • Squat jump con stop isometrico di 5”, eseguire 10 salti.
  • 30” di tecniche (kata o kumite) alla massima velocità senza pause.
  • Pausa di 3 minuti e poi ripetere il circuito per 4/6 serie totali.

Questo circuito ha dimostrato risultati stabili nella modificazione del meccanismo lattacido, solo se eseguito regolarmente per min. 6-8 settimane.
N.B. Questo circuito è stato ideato per atleti dai 17 anni in poi, che abbiano già un’adeguata preparazione fisica e predisposizione all’agonismo,
Sta al tecnico/allenatore dosare la somministrazione di tempi esecutivi e recuperi o eventuali sovraccarichi per atleti dal livello più o meno elevato.
Si vuole sottolineare, inoltre, che questo tipo di esercizi è stato ideato per sviluppare i prerequisiti fisici che possano “accontentare” sia il tipo prevalente di tensione muscolare utilizzata nel kata sia quelle utilizzate nel kumite.
L’assenza di particolari attrezzature nel suddetto circuito è stata una scelta voluta, così da poter essere applicato in qualsiasi contesto, che sia palestra, prato o casa.

“I cattolici la chiamano ‘grazia’.
I laici la chiamano ‘forza’ o ‘momento di forma’
ma, per meritarsela bisogna sudare!”

Ti potrebbe interessare anche:

Articoli recenti

I più letti

Top Autori