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La danza tra allievo e maestro. Il carisma nella vocazione

La danza tra allievo e maestro. Il carisma nella vocazione

Maestro e allievo sono ruoli, è un gioco delle parti per celebrare il vero scopo della pratica marziale, che è trovare se stessi.

Testo e foto a cura di Claudia [Purnima] Squaranti

La parola Maestro può essere fraintesa e il rapporto che si instaura con gli allievi può sembrare unidirezionale. L’equivoco sta nel pensare che il Maestro sia “colui che sa” e l’allievo “colui che deve apprendere”.
In realtà un Maestro, con il suo carisma, sa che è importante mettersi in relazione con l’allievo. Tanto più il Maestro è disposto a incontrare, tanto più c’è reciprocità, per questo accade inevitabilmente un “magnetismo” e ciò che si prova in Sua presenza è la chiamata al proprio stesso Sé.
La relazione prevede un’apertura non solo sul piano della comunicazione, ma anche sul piano energetico-vibrazionale. 

La relazione prevede un’apertura non solo sul piano della comunicazione, ma anche sul piano energetico-vibrazionale.

Maestro e allievo sono ruoli, è un gioco delle parti per celebrare il vero scopo della pratica marziale, che è trovare se stessi.
Se ci si pone la domanda “Come si può riconoscere un Maestro?”, lo si può capire quando in sua presenza ci si sente amati e in pace. Egli indica all’allievo la direzione per identificare il proprio potenziale, lo aiuta a cogliere la forza in sé e ad attraversare le paure, aiutandolo a realizzare una pratica coerente, senza tensioni aggiunte, perciò è come una bussola, guida il praticante a orientarsi esattamente verso il proprio centro.

Il Maestro ha in sé la saggezza di dosare in maniera opportuna disciplina e tolleranza. Un eccesso di disciplina porterebbe l’allievo in uno stato di disarmonia, come troppa tolleranza creerebbe lassismo. Quest’ultima, d’altra parte, è una componente essenziale, perché va a miscelare maestria e saggezza.
Si potrebbe chiamare il Maestro anche Saggio, cioè colui che sa per esperienza diretta, indipendentemente dall’età cronologica avanzata, in quanto l’età di saggezza fa riferimento a un’età esistenziale, di consapevolezza. Nell’aver attraversato sofferenze, problemi, limitazioni, il Maestro avrà in sé anche la saggezza.
L’allievo quindi è chiamato alla fiducia, affinché il messaggio vibrazionale possa essere accolto… quel messaggio parla dell’allievo stesso!

Un eccesso di disciplina porterebbe l’allievo in uno stato di disarmonia, come troppa tolleranza creerebbe lassismo.

Il Maestro si può paragonare a un diamante, dove la peculiarità non sta tanto nelle sfaccettature, quanto nella Luce intrinseca che emerge grazie all’equilibrio tra le sfaccettature stesse. Egli ha affrontato ogni sfumatura della componente umana, ha “camminato” lungo gli aspetti mentali, emozionali, affettivi e corporei, lui per primo ha affrontato le parti più deboli, gli aspetti più rischiosi di sé, dimostrando di avere coraggio.
L’aver attraversato tutti i risvolti umani ha fatto sì che ci sia stata una sorta di purificazione, di conseguenza il suo insegnamento risulta nobile ed efficace nell’orientare il discente verso una piena realizzazione del proprio potenziale.
Si creerà così l’occasione per l’allievo di fare chiarezza e trovare la propria luce, incontrando e conoscendo tutte le varie sfaccettature che gli appartengono, per poi trascenderle.

È un cammino quello del Karate Do che non ha mai fine, ma nello stesso tempo è immobile… è l’Occasione di raggiungere il luogo dove si è sempre stati.
La tradizione stessa parla di un continuo accompagnare gli allievi verso sé, nelle varie stanze del loro “castello interiore”, fino ad arrivare al riconoscimento. Quindi, il Maestro conduce l’allievo disorientato verso una sorta di risveglio, facendogli capire dov’è e facendo in modo che possa finalmente trovarsi.
Il carisma del Maestro è proporzionale al suo amore disinteressato e incondizionato, non ha pretese nei confronti del praticante e se chiede qualcosa, lo fa solo per onorare l’incontro. L’allievo ha una percezione di forte magnetismo, perché si trova di fronte a un profondo spessore umano.

Il Maestro conduce l’allievo disorientato verso una sorta di risveglio.

Al giorno d’oggi i praticanti, in particolar modo gli occidentali, hanno necessità di una coerenza, ma anche di una lealtà comunicativa, sentono il bisogno di instaurare una sorta di complicità con l’insegnante.
Nelle poche ore a settimana che gli allievi dedicano alla pratica, devono essere indirizzati, ma anche accompagnati “dentro di sé”.
Il modo corretto non è l’imperativo, dato che sono già troppi gli imperativi quotidiani, ma le arti marziali, il Karate Do e il Maestro dovranno in qualche modo far sì che il praticante riesca a “sentirsi”, condizione fondamentale per una pratica cosciente e coerente.
Il Maestro farà questo non grazie a una “veste”, come cento o mille anni fa, ma coerentemente “in armonia con tempo e mutamento” (M° G. Funakoshi), agirà con gli strumenti comunicativi e relazionali del giorno d’oggi e del luogo dove svolge il proprio insegnamento.

Potrebbe accadere che già dal primo incontro si percepisca una sorta di “colpo di fulmine” che fa intuire l’occasione di un prezioso viaggio insieme. Il Dojo dà la possibilità di un percorso non solo fra allievo e Maestro, ma apre la prospettiva di un cammino di fratellanza e amicizia con gli altri praticanti, in una sorta di famiglia, grazie al nascere di connessioni significative. Solo “sudando” insieme, le relazioni diventano salde, incrollabili, in una dimensione di profonda condivisione umana.
“Il Karate si pratica tutta la Vita” (9° Principio del Karate –Karate no shuryo wa issho de aru – M° G. Funakoshi), è una frase indicativa del fatto che il sentiero da percorrere insieme è a lungo termine e questo fa sì che si creino delle relazioni intense, profonde e assolutamente autentiche.

Dalla fiducia, dalla lealtà nasce un magnetismo, un legame… l’unione.

Ecco la Danza!
Dalla fiducia, dalla lealtà nasce un magnetismo, un legame… l’unione.
Da un lato ci sono l’esperienza, la maestria, la saggezza, la generosità, la disponibilità, la pazienza, dall’altro deve esserci apertura, sensibilità, intenzione, così che possa avere inizio una circolarità fatta di fiducia, rispetto reciproco, capacità di comunicazione e relazione, lealtà, sincerità e devozione.
Attraverso questo l’allievo, pian piano, ha la possibilità di scoprire ed esplorare le proprie sfaccettature, per arrivare alla stessa luce che il Maestro emana.
La Danza fra allievo e Maestro accade proprio per far sì che il praticante possa riconoscere il proprio Maestro Interiore.

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