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Simone Romani

Simone Romani

“L’agonismo mi ha dato tutto: grinta, tenacia, umiltà e vitalità.”

NOME
Simone Romani
LUOGO DI NASCITA
Roma
DATA DI NASCITA
28.03.1995
SPECIALITÀ
Kumite
CLUB DOJO
Domonkai Anzio

MEDAGLIERE

2017
– WSKA Treviso: 3° kum. sq.
– Heart Cup: 2° kum. deleg. naz.
– Camp. It.: 2° kum. sq.
– Camp. Centro Sud: 1° kum. ind. / 3° Fukugo

 


 

Quando hai iniziato a praticare karate?
In realtà ho iniziato a praticare Karate quasi per caso, quando all’età di 5 anni, nella piccola palestra della mia scuola venne aggiunto un nuovo corso di karate diretto dal Maestro Klepfer Bjorn. Fui colpito dalla bellezza di questo sport e da allora non smisi più.

L’agonismo mi ha dato tutto: grinta, tenacia, umiltà e vitalità. Non è semplicemente uno sport, quando si arriva a un certo punto la passione prende il controllo.— Simone Romani

Chi sono i tuoi Maestri?
Ricordo tutto della prima lezione: saltai la corda per quasi tutta la sua durata, a causa dei miei contnui sorrisi. Ma sia il Maestro Bjorn, sia il Maestro Giusti Luigi, non li posso definire semplicemente “insegnati”. Oltre a insegnarmi questo bellissimo sport, mi hanno insegnato rispetto, umiltà e lavoro sodo. Certamente la formazione tecnica di entrambe mi ha aiutato a crescere costantemente, anche se con evidenti difficoltà date dalla mia corporatura, ma credo che la parte più bella sia il legame familiare che si è creato.

Fu casuale la scelta del Karate Tradizionale?
Completamente casuale, fu il mio primo sport e mi ci buttai a capofitto.

Quando e come sei diventato agonista?
Il mio percorso per diventare agonista ha seguito tutti i vari steps imposti dalla federazione. Ma credo che il momento preciso in cui sono divenuto agonista, sia quando ho deciso di cambiare la mia mentalità, crescendo costantemete. Oltre al fatto che il Maestro Giusti mi catapultò nel turno degli agonisti una sera, non potendone successivamente fare a meno.

Dove, come e quanto ti alleni?
Mi alleno sei volte alla settimana, unendo la parte tecnica con una preparazione atletica che concordiamo mese per mese con i Maestri. Per funzionare al meglio, il lavoro deve essere meticoloso e non può permettersi pause. Certamente ci sono giorni in cui si spinge al limite e giorni in cui si cerca un allenamento defaticante. Di solito, abitando al mare, preferisco andare in spiaggia per qualsiasi tipo di allenamento, oltre che nella mia palestra dove mi alleno 4 giorni dei 6 previsti.

Com’è il rapporto con i tuoi compagni di squadra?
Definirli semplicemente compagni di squadra risulterebbe riduttivo. Sono cresciuto fianco a fianco con loro e sono, molto probabilmente, il motivo per cui cerco sempre di dare il massimo. Loro mi spingono, mi danno forza e mi aiutano quando qualcosa non va. Devo tutto a loro. Stesso discorso posso fare dei ragazzi della squadra Nazionale, pur stando tra loro da poco tempo, li sento molto più che semplici compagni ed è grazie a loro se ho vissuto l’emozione più grande della mia vita, fino a ora, ai Mondiali WSKA di Treviso del 2017.

Il tempo che dedichi agli allenamenti, incide sulla vita privata?
Incide eccome, ma quasi sempre in maniera positiva. Certo non nascondo che la meticolosità con cui cerco di affrontare il mio percorso agonistico, mi priva di alcune cose, ma non potrei affrontarlo in maniera diversa non essendone capace. L’agonismo mi ha dato tutto: grinta, tenacia, umiltà e vitalità. Non è semplicemente uno sport, quando si arriva a un certo punto la passione prende il controllo e solo chi ha provato una sensazione del genere può giustificare i sacrifici che vengono fatti.

Lo scoglio personale su cui hai dovuto, o devi ancora, “lavorare” maggiormente?
Racchiuderli tutti sotto un’unica risposta è quasi impossibile, perché gli scogli sono molti, ma certamente la testa è quello che si mette in luce. La capacità di non riuscire a essere razionale sempre, a volte, è un deficit che sto cercando costantemente di eliminare, tenendo la mente calma e il corpo pronto.

… non riuscire a essere razionale sempre, a volte è un deficit che sto cercando costantemente di eliminare, tenendo la mente calma e il corpo pronto.— Simone Romani

Secondo te, qual è la tua caratteristica come atleta?
Difficile giudicarmi, ma potrei dire il tempismo, che è una delle parti che il Maestro Luigi mi fa allenare sempre. Non bisogna solo essere veloci e preparati, il tempismo in un incontro fa sempre la differenza e secondo me è proprio una delle mie caratteristiche.

In che cosa ti senti più preparato e perché?
Ovviamente nel kumite individuale, in quanto costituisce l’obiettivo primario. Essere ogni volta su quel tatami da solo ed elaborare strategie e tecniche possibili, dà una carica indescrivibile che per me è indispensabile, in quanto riesco a dimostrare chi sono realmente oltre le parole. Ma le vere emozioni, secondo me, si provano quando si combatte a squadre. A mio parere nella squadra, pur essendo combattimenti individuali, non si combatte mai per se stessi, ma sempre per le persone che sono “dietro” di te a incitarti a dare molto di più del tuo massimo. Se poi la squadra è una “famiglia”, ecco che automaticamente tutte le emozioni si amplificano e diventano stupende.

L’avversario, reale o psicologico, più temibile?
L’avversario più temibile per me stesso sono io. Per essere migliore cerco sempre di lavorare al massimo. Non sempre riesco a essere soddisfatto, anzi, quasi mai. Per questo “abbatto” questo avversario cercando di fare sempre qualcosa in più.

Il karate ti ha cambiato?
Non posso dire di non essere cambiato. Il karate mi ha dato tutto: sudore, lacrime e dolori. Cose che però, alla fine, pagano e lo fanno nella maniera più bella e inaspettata.

Il momento più appagante e quello più spiacevole della tua carriera?
Credo che, per forza di cose, il momento più appagante non possa che essere il podio fatto ai Mondiali di Treviso. Ma costituisce anche un momento spiacevole. Da una parte il sapere di aver contribuito, anche se in maniera “alternativa”, al successo della squadra, dando carica, energia e tutto ciò che avevo nel corpo in quel momento a quelli che posso definire miei amici, più che semplici compagni. Ma non aver combattuto per mancanza di esperienza, mi ha fatto capire quanto devo lavorare e quanto sudore debba versare prima di potermi ritenere pronto per salire su quel tatami, insomma, i miei limiti mi si sono presentati ancora una volta davanti.

Hai un aneddoto che ti piacerebbe condividere?
L’aneddoto più bello riguarda una gara quasi sconosciuta dove vinsi un incontro, con il mio Maestro Giusti che mi faceva da coach proprio dietro le spalle. Uscito dal tatami ci fu un abbraccio che ha significato e significa tutt’ora molto per me.

Usi il web per vedere i video dei kata o dei kumite?
Certamente, il web in generale è una fonte ampissima d’informazione. Guardo sempre vecchi e nuovi incontri, sia di Karate tradizionale sia Sportivo. Mi informo sulle competizioni, ma lo faccio soprattutto per passione. Bisogna utilizzare quaesto strumento nella maniera giusta, perchè si potrebbe incappare nella  simulazione di un qualcosa che non è nelle nostre corde e scadere nel banale. Bisogna prendere gli aspetti positivi di ogni cosa e farne una propria esperienza.

Ti piacerebbe essere un atleta professionista?
A chi non farebbe piacere poter dedicare ogni singolo giorno alla sua passione?

Il tempismo in un incontro fa sempre la differenza e secondo me è proprio una delle mie caratteristiche.— Simone Romani

Cosa pensi dell’entrata del karate alle Olimpiadi?
Sicuramente è una cosa positiva, finalmente anche il nostro sport può ottenere la visibilità che merita. Ovviamente, sono discutibili le modalità, certo però che essendo gli atleti di karate sportivo dei professionisti, non si poteva che scegliere loro. Ma non si può e non si deve trascurare il Karate tradizionale che costituisce la base di tutto ciò che poi ci si è costruito attorno. Risulterebbe elegante e bello dare il giusto valore alle cose che lo meritano.

Cosa vedi o come immagini per il tuo futuro?
Fortunatamente nella mia visione pessimistica delle cose l’eta, per quanto possa immaginare, gioca a mio favore. Avendo solo 23 anni non posso fare previsioni sul mio futuro, perchè nulla è più incerto, la sola certezza risiede nella mia voglia di dimostrare che posso essere molto di più di cio che sono ora, ed e ciò che mi auguro sperando nel meglio.

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