Nel nuovo volume del Maestro Gichin Funakoshi le illustrazioni del precedente sono sostituite da fotografie che lo ritraggono mentre esegue le tecniche e i kata.
Nel 2025 ricorre il centenario della pubblicazione del secondo volume scritto dal maestro Gichin Funakoshi, intitolato 錬膽護身唐手術 (Rentan Goshin Karate-Jutsu), traducibile come “Tempra il tuo coraggio e difenditi con l’arte del Karate”. La prima edizione vide la stampa il 1° marzo 1925, per essere ufficialmente pubblicata il 14 marzo dello stesso anno. Il prezzo di copertina all’epoca era di poco inferiore ai tre yen.
Quest’opera rappresenta una versione rivista e arricchita del suo primo libro, 琉球拳法唐手 (Ryūkyū Kenpō: Karate), pubblicato nel 1922. Se in quell’edizione iniziale le tecniche erano illustrate attraverso disegni stilizzati realizzati dall’artista Kosugi Hōan, nel nuovo volume tali illustrazioni vennero sostituite da fotografie che ritraggono lo stesso Funakoshi mentre esegue le tecniche e i kata, conferendo maggiore realismo e chiarezza all’opera.
Oltre che maestro d’arte marziale, Funakoshi fu anzitutto un educatore scolastico.
Dal punto di vista contenutistico, l’impianto tecnico resta sostanzialmente invariato rispetto al libro precedente, fatta eccezione per l’esclusione di due tecniche di proiezione: 跛倒 (Bikkodaoshi), traducibile come “capovolgere lo zoppo”, e 腕倒 (Udedaoshi), ovvero “caduta di spalle” o “piegare la spalla”, che non compaiono nella nuova edizione.
Per quanto riguarda le origini familiari del maestro, Gichin Funakoshi apparteneva a uno dei ranghi inferiori (筑登之, Chikudun) della classe degli 士族 (Shizoku), l’antica aristocrazia guerriera. La sua famiglia discendeva da un ramo della ben più illustre casata 山田 (Yamada), appartenente alla nobiltà Shizoku del villaggio di Tomari (泊士族).
Oltre che maestro d’arte marziale, Funakoshi fu anzitutto un educatore scolastico, formato anche negli studi dei classici cinesi, un aspetto che traspare anche nel suo Rentan Goshin Karate-Jutsu. In una delle pagine del volume, infatti, compaiono tre opere calligrafiche, ciascuna accompagnata da un aforisma, a sottolineare la dimensione etico-filosofica del Karate da lui insegnato.
La vera forza non viene da ciò che si possiede, ma da ciò che si è.
• In alto troviamo 無手人行拳/mute jin kōken – “L’uomo senza armi viaggia con il pugno”
La frase ha origine da “Registri dell’eremita dell’equanimità/serenità”, un’antica raccolta cinese di kōan buddisti zen (un 公案/kōan è un indovinello, un problema o una storia tramandata dagli antichi maestri zen, che viene offerto a uno studente per aprirgli gli occhi a una verità dello zen), compilata nel 1224. Qui il termine “pugno” può essere visto come l’arte marziale del Karate, che nella suddetta frase è associata a un utensile da viaggio (perciò utile e importante). In questo contesto, il detto zen sottolinea l’ideale del viandante che percorre la vita affidandosi solo alla propria disciplina interiore, rappresentata dal pugno (l’arte marziale). È un concetto profondamente radicato nel pensiero zen: la vera forza non viene da ciò che si possiede, ma da ciò che si è.
Questo aforisma verrà appeso, 15 anni dopo, anche all’interno del dōjō Shōtōkan e comparirà in molte foto del dōjō dell’epoca.
• A sinistra troviamo 先正其心/mazu tadase sono kokoro – “Prima di tutto, correggi (rettifica) il suo cuore”
Questo aforisma proviene dal pensiero confuciano e compare in particolare nei testi come il Daxue (大學/La Grande Sapienza), uno dei quattro libri classici del confucianesimo. In quel testo c’è una sequenza logica e morale che guida l’autocoltivazione: “Chi desidera rettificare il proprio cuore, deve prima rendere sincera la propria intenzione; per rendere sincera l’intenzione, deve prima approfondire la conoscenza; e la conoscenza comincia dallo studio delle cose“.
Perciò, “rettificare il cuore” significa purificare le proprie intenzioni, placare le passioni disordinate, rimuovere egoismo ed ego, e allineare la propria mente con la retta via (道/dō).
Nell’arte del Karate l’addestramento fisico è sempre accompagnato da una disciplina mentale e spirituale. Correggere il proprio “kokoro” (cuore/mente) è fondamentale prima di poter imparare una tecnica o usarla correttamente: un cuore disturbato genera atti impulsivi, un cuore “centrato” (retto) è pronto, lucido, giusto.
Per questo nel Budō l’istruzione parte proprio dall’atteggiamento, dal rispetto e autocontrollo (心術/shin-jutsu) – molto prima delle abilità fisiche (技術/gi-jutsu).
L’arte diventa spirito e l’azione diventa rivelazione.
• A destra troviamo 妙入神/myō nyūshin – “(Acquisendo) il 妙/segreto (dell’arte) si 入/entra nel (livello del) 神/divino”
Nelle sue opere il maestro Funakoshi usa spesso il termine 妙/myō (segreto), quando parla dell’arte del Karate. Ad esempio, in “Ryūkyū Kenpō: Karate” (1922), Funakoshi scrive:
“Fin dai tempi passati si dice che il segreto (妙/myō) del Karate risiede nel saper contrarre ed espandere (伸縮/shinshuku) entrambe le mani/braccia insieme e, in effetti, il kisei (奇正) e In/Yō (陰陽) sono il vero valore (妙諦/myōtei, ossia principio cardine, chiave per comprendere) del Karate-jutsu“.
Ma ovviamente, in questo contesto, l’aforisma è usato per descrivere lo stadio più alto della padronanza, dove la tecnica non è più solo eseguita, è trascesa. Non si combatte più con la forza, né si dipinge con la tecnica: l’azione scorre come se provenisse da una fonte superiore.
妙 (myō) è lo stadio della maestria sottile,
神 (shin) è lo stadio dell’intuizione soprannaturale, il “kami no waza” – un’abilità che va oltre l’umano.
Nel buddhismo zen, il termine 妙 appare spesso con il significato di “profondità ineffabile” – ciò che può solo essere realizzato direttamente, non spiegato. Lo stesso 神 è inteso come spontaneità pura, libera da attaccamenti o sforzi. Quindi, l’aforisma 妙入神 è anche una descrizione del satori, l’illuminazione zen tramite la pratica vissuta: l’arte diventa spirito e l’azione diventa rivelazione.