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Alessandro Bindi

Alessandro Bindi

“Il karate mi ha insegnato il rispetto per il prossimo, indipendentemente dall’età o dal ruolo che ricopre, e il bramoso desiderio di voler rendere eccellente ogni aspetto della vita.”

NOME
Alessandro Bindi
LUOGO DI NASCITA
Camaiore
DATA DI NASCITA
10 giugno 2003
SPECIALITÀ
Kata
CLUB DOJO
Jukan Dojo


MEDAGLIERE

2018
– Tr. delle Regioni: 3° kata ind.
– Camp. It.: 3° kata ind.
– Heart Cup: 1° kata ind. / 2° kumite ind.

2019
– Coppa Shotokan: 2° kata squ.
– Tr. Regioni: 1° kata ind.
– Camp. It.: 2° kata ind.
– WSKA: 3° kata ind. / 2° kata squ.
– ESKA: 1° kata squ.

2022

– Heart Cup: 1° kata ind.
– Camp. It.: 1° kata ind. / 3° kumite ind.
– WSKA: 3° kata ind. / 2° kata squ.
– ESKA: 2° kata squ.

2023
– Tr. Regioni: 3° kata ind. / 2° kata squ.
– Camp. It.: 3° kata ind. / 3° kumite ind.
– Heart Cup: 1° kata ind. / 3° kata squ.

Perché hai iniziato a praticare karate?
A dire il vero iniziai a fare karate grazie a un cartone animato (Kung fu Panda). Inizialmente l’idea era quella di cominciare a praticare Kung fu, ma la scuola più vicina era quarantacinque minuti distante da casa mia e i miei genitori decisero, in alternativa, di farmi provare karate. Potrebbe sembrare buffo, ma il motivo per cui ho intrapreso la via di quest’arte marziale era costituito dal desiderio di diventare come uno dei personaggi del cartone animato!

Nicola venne accanto a me e disse: “Ricordati questo Saetta: vince sempre chi sorride”.— Alessandro Bindi

Cosa ricordi dei tuoi Maestri?
Nella mia “carriera” da karateka ci sono stati due maestri con i quali ho avuto, e ho tuttora, un buonissimo rapporto, non solo di maestro-allievo, ma anche di amicizia.
Uno dei ricordi più belli è quello che ho della mia “infanzia”: il mio maestro Daniele Pagnini scherzando mi diceva continuamente: “Allora, domenica alle 5:00 facciamo allenamento all’alba ok?” e io, ingenuamente, ogni volta ci credevo e guardavo mia madre con gli occhi che la pregavano di dire di sì.
Un altro importante ricordo che ho è in realtà una frase semplice, ma al contempo molto significativa, che Nicola Bianchi, il mio maestro attuale, mi disse quando ero piccolo. Ero stato eliminato nel turno a bandierine durante il mio secondo Meeting europeo e mi ero terribilmente rattristato e sconfortato. Nicola venne accanto a me e disse: “Ricordati questo Saetta: vince sempre chi sorride”. Da quel momento ho tolto il broncio, ho fatto i turni successivi e sono riuscito a conquistare il primo posto!

È stata casuale la scelta del Karate Tradizionale?
In realtà inizialmente non sapevo nemmeno dell’esistenza di più stili di karate, ma ad oggi posso dire che, per mia grande fortuna, i miei genitori mi portarono proprio in quella palestra a praticare karate tradizionale.

Quando sei diventato agonista?
Sono diventato agonista non appena ne ho avuto la possibilità, a quindici anni. Fin da piccolo i miei maestri mi hanno sempre invitato a fare tutte le gare e quando sono cresciuto iscrivermi anche a quelle più importanti è venuto spontaneo.

Come e quanto ti alleni?
Sfrutto tutti gli spazi e tutti i momenti disponibili. Mi alleno tutti i giorni più volte al giorno, a casa, in palestra, al mare, a scuola (durante il cambio dell’ora…). Cerco di rendere i miei allenamenti il più completi possibile e, soprattutto in estate, insieme al mio maestro, ho un programma di preparazione atletica propedeutica al miglioramento del mio karate.

Com’è il rapporto con i tuoi compagni di squadra?
Fin dai primi allenamenti siamo sempre andati molto d’accordo e, senza dubbio, gli ultimi due campionati internazionali hanno fortemente rafforzato quello che spero diventi un legame paragonabile a quello che anche il mio maestro ha avuto con i suoi compagni.

Come incide il tempo che dedichi agli allenamenti nella tua vita privata, l’agonismo ti ha “tolto” qualcosa?
Indubbiamente, la scelta che ho fatto ha cambiato quella che sarebbe stata la mia vita se non avessi intrapreso questa strada. In realtà, se devo proprio  rispondere a questa domanda, dico che questo stile di vita non mi ha tolto assolutamente niente, anzi, mi ha dato quello che ogni atleta desidera. Non faccio alcuna fatica a dire di no a un compleanno, una festa, un’uscita con gli amici per andare a un allenamento, perché so che per quelle potranno esserci molte altre occasioni, cosa che invece non sempre vale in ambito agonistico.

Lo scoglio personale sul quale hai dovuto “lavorare” maggiormente?
In realtà ancora un vero e proprio scoglio non mi si è mai presentato, almeno per la concezione che ho io di “scoglio”. Cerco di lavorare insieme al mio maestro su ogni aspetto che riguarda il mio modo di fare karate, indipendentemente dalla sua natura: efficacia, velocità, precisione…

Questo stile di vita non mi ha tolto assolutamente niente, anzi, mi ha dato quello che ogni atleta desidera.— Alessandro Bindi

Secondo te, qual è la tua caratteristica come atleta?
Senza esitazione rispondo: la voglia di migliorarmi sempre di più e raggiungere la perfezione in quello che faccio. Non solo per vincere le gare (che al momento è la cosa per me più importante), ma anche perché so che servirà a perfezionare il mio karate sotto l’aspetto personale e non solo quello competitivo.

In quale specialità ti senti più preparato e perché?
A questa domanda mi viene da rispondere senza esitazione nel Kata, probabilmente perché fin da piccolo mi sono concentrato su questa specialità, che nel corso degli anni è diventata la mia favorita. Mi piace perché mi permette di immaginare un avversario contro cui combattere e perché possiede un qualcosa che mi fa stare bene anche se, per adesso, non ho ancora capito di cosa si tratta.

L’avversario (reale o psicologico) più temibile?
A mio parere l’avversario più pericoloso è quello psicologico, perché se non affrontato con coraggio e spirito combattivo, non permetterà mai di combattere contro uno reale e imporrà un ostacolo difficilissimo da superare. Molte volte ci sentiamo dire “Non metterti in gara con lui, gareggia con te stesso!”. Lo stesso vale per il tipo di avversario da fronteggiare: molto spesso  è meglio soffermarsi su quello finto, quello astratto, per poi trionfare su quello reale.

Che cosa pensi ti abbia insegnato il karate?
Finora, il karate mi ha insegnato due cose: il rispetto per il prossimo, indipendentemente dall’età, dall’importanza che possiede o dal ruolo che ricopre, e il bramoso desiderio di voler rendere eccellente ogni aspetto della vita.

Il momento più appagante della tua carriera?
Il momento più appagante vissuto fino ad ora è stata la vittoria all’ESKA 2019 con la squadra Junior. Battere la Nazionale, che pochi mesi prima era arrivata prima al campionato del mondo, è stata una delle più belle sensazioni mai vissute fino a oggi. 

C’è un episodio del tuo percorso agonistico che vorresti condividere?
Come già detto nella risposta precedente il momento fino ad ora più appagante della mia “carriera” agonistica è stato quello della vittoria all’ESKA, insieme ai miei compagni di squadra. Noi siamo stati i secondi a entrare sul tatami per la finale, seguiti dalla Spagna e dalla tanto temuta Russia. Quando quest’ultima squadra finì il kata, gli arbitri alzarono i punteggi, il tavolo centrale li sommò e quando urlarono quello finale (inferiore rispetto al nostro) il capitano Vittorio Prin Clari tirò un urlo talmente forte che per un attimo abbiamo temuto di essere penalizzati. Dopo questa prima manifestazione di gioia ci siamo abbracciati, abbiamo abbracciato il nostro maestro Pasquale Acri e tutti i compagni della squadra nazionale: è stato un momento magnifico!

Guardi e utilizzi i video di karate che si possono trovare nel web?
Assolutamente! Guardo molti video di kata, kumite, allenamenti e preparazioni atletiche; li mando al mio maestro e lui li manda a me, così in palestra possiamo integrare con queste novità il nostro allenamento.

Ti piacerebbe essere un atleta professionista?
È uno dei miei desideri diventare un atleta professionista, perché significherebbe allenarsi per lavorare e non più lavorare per allenarsi e sarebbe veramente fantastico.

Il momento più appagante vissuto fino ad ora è stata la vittoria all’ESKA 2019 con la squadra Junior.— Alessandro Bindi

Che cosa pensi del karate tra le discipline olimpiche?
Ci sono dei vantaggi e degli svantaggi. Portare quest’arte marziale alle Olimpiadi le darebbe una maggiore diffusione e un più grande successo. Tuttavia, sono consapevole che il karate, che sarà portato a questa importante manifestazione, non sarà quello tradizionale, ma la “variante sportiva”, che acquisterà sempre più popolarità a discapito di quella che pratichiamo noi.

Come immagini il tuo futuro?
Penso che immaginare il futuro sia una delle cose più difficili da fare per me. Tutto quello che posso dire è che cosa spero di ottenere… Come già accennato in precedenza, mi piacerebbe molto diventare un atleta professionista, vorrei perfezionare sempre di più il mio modo di fare karate e, come tutti gli atleti, ottenere grandi risultati sotto l’aspetto agonistico.

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