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Sanchin, dal Fukien alla tradizione del Kojo-Ryu

A Okinawa il kata San zhan è divenuto Sanchin una delle forme che ha profondamente influenzato le scuole di Karate.

Introduzione storica
Non si conosce l’origine del kata Sanchin 三战, San zhan in cinese, né chi lo abbia creato, pare che esso si sia sviluppato contestualmente allo sviluppo del Wu zu Quan 五祖拳, il Pugilato dei 5 Antenati, circa 300 anni fa nel Fujian.
A Okinawa, il San zhan è divenuto appunto Sanchin, ma non si sa chi lo abbia portato sull’isola, in ogni caso, quale kata fondamentale della Gru Bianca del Fujian, è una delle forme che ha profondamente influenzato le scuole del Karate, soprattutto di linea Naha-te come il Goju-ryu, o altre “linee indipendenti” come l’Uechi-ryu.
Alcuni autori ritengono che il San zhan sia una variante corta o un’estrapolazione del Babulian 八步連 (Papuren o Happoren in giapponese – otto passi), altra forma della Gru Bianca del Fujian la cui introduzione a Okinawa è altresì oggetto di varie teorie.

Quale kata fondamentale della Gru Bianca del Fujian, è una delle forme che ha profondamente influenzato le scuole del Karate.

Tra le teorie più accreditate, la prima sostiene sia stato Kojo Shoi a introdurre il San zhan a Okinawa nel XIX sec., essendo un esperto di Zong He Quan, mentre Kojo Tatei avrebbe introdotto il Babulian essendo un esperto di Ming He Quan; la seconda sostiene che il Babulian sia stato introdotto successivamente all’inizio del XX sec. da Go Kenki (Wu Xiangui), il noto mercante di tè che istruì molti altri famosi maestri locali.

Il Babulian contiene effettivamente elementi tecnici che richiamano al San zhan; nel sistema Shinzan-ryu (antico nome del Kojo-ryu) esso è presente, infatti, sotto il nome di Hakutsuru Sanchin o Sanchin “lungo”, in quanto è altresì presente un Sanchin “corto”, nella modalità più propriamente cinese chiamata Fukien Sanchin, che di fatto è stato preservato sin dalle prime generazioni quale forma tipica del Quanfa della famiglia Cai.
Takaya Yabiku Sensei sostiene che il Sanchin abbia influenzato per l’80% degli aspetti tecnici tutti quei kata okinawensi che prendono il nome di Hakkaku o Hakutsuru, certamente ha influenzato l’Hakkaku del Shinzan-ryu che è stato introdotto nel sistema successivamente rispetto allo stesso Sanchin, nonché per un 10/20% rispettivamente gli altri due kata Hakko e Hakuryu.
Sia in Cina che a Okinawa ne esistono comunque svariate versioni, sia del San zhan/Sanchin sia del Babulian/Papuren, e nello schema e nella respirazione adottata; nello Shinzan-ryu, il Sanchin in generale viene praticato con tecniche respiratorie differenti in base alla finalità addestrativa.

Principali aspetti tecnici
Il Sanchin è una forma la cui pratica ha svariati obiettivi, nello Shinzan-ryu esso si concentra sullo sviluppo della struttura corporea attraverso il miglioramento della coordinazione, del radicamento e il rinforzo muscolare; per tale motivo è un kata basilare ed è la prima forma a essere esercitata dal praticante novizio.
Il Sanchin, però, è anche un kata avanzato se praticato ai fini dello sviluppo del ki (energia), e ciò può essere fatto in triplice modo, in base all’obiettivo e al tipo di accorgimenti tecnici utilizzati.
Si può sviluppare un ki marziale con l’obiettivo di migliorare la cosiddetta “camicia di ferro” (in cinese tie shan 鐵衫), che permette di rendere il corpo estremamente forte, come se si sviluppasse una corazza contro i colpi. A tale obiettivo è spesso collegata la pratica del cosiddetto shime 締め (letteralmente serrare), cioè l’esercizio per cui durante l’esecuzione del kata lo studente viene “percosso” dal Sensei in precise parti del corpo per testare la capacità di contrarre (shime) e radicarsi; nello Shinzan-ryu questa pratica è relativamente limitata a una fase di addestramento iniziale e ripetuta sporadicamente nel tempo.
Il ki marziale può essere sviluppato anche ai fini della “vibrazione delle tecniche”, ossia di affinare ciò che nello Shinzan-ryu viene chiamato shinaru, “corpo onda”.
Si può infine sviluppare un ki salutistico allo scopo di apportare benefici agli organi interni e a livello osteo-articolare, migliorando nel contempo la capacità meditativa, per cui diventa un vero esercizio di Qigong 氣功 (Kikou).
Sanchin, per tali motivi, viene tradotto come “3 battaglie” a indicare l’unificazione di corpo, mente e spirito, in un solo intenso esercizio.

Nello Shinzan-ryu, infatti, si rimarca la tradizione cinese per cui a seconda dello scopo dell’allenamento che si sta eseguendo si può prevedere una specifica respirazione, che può essere di “tipo pre-natale”, di “tipo post-natale” o “mista”, con intensità e contrazione muscolare differenti in base, appunto, all’esercizio stesso.
Queste respirazioni hanno l’obiettivo principe di concentrare il ki a livello del tanden 丹田 inferiore (dantian in cinese), in un punto idealmente situato all’interno del ventre, tre/quattro dita sotto l’ombelico, considerato fulcro dell’energia stessa, baricentro psico-fisico, porta della vita, al fine di facilitare, poi, la cosiddetta Piccola Circolazione e attivare i meridiani energetici.
Paradossalmente, però, quasi in opposizione a quanto appena espresso, nello Shinzan-ryu (e nel Kojo-ryu propriamente detto) si è assunta sempre più nel corso del tempo la tendenza a non enfatizzare alcun tipo di respirazione specifica, e nel kata Sanchin e in tutti gli altri kata, andando così a “personalizzare” la metodologia di addestramento, com’è stato fatto in egual modo, del resto, nello schema di quelle forme che sono presenti anche in altri sistemi di Karate (come il Sanchin stesso).
Il principio cardine è che le forze yin e yang devono governare il ki e il movimento, mantenendo un equilibrio costante.

La regola generale è che l’espirazione accompagni la contrazione, l’espansione e l’emissione di energia, mentre l’inspirazione accompagni la decontrazione, la chiusura e la raccolta di energia, ma ancora tutto ciò dev’essere adattato alla situazione e allo scopo, per cui il coordinamento respirazione-movimento potrebbe essere anche al contrario; dunque, la respirazione in sé deve divenire il più possibile naturale e accompagnare un movimento assolutamente privo di inutili contrazioni, ma rilassato, esplosivo e potente.
Si noti, infatti, che l’idea è che la respirazione accompagni e non necessariamente influenzi il movimento, essa diviene paradossalmente ininfluente, dando comunque molta importanza, ai fini dello sviluppo del ki, all’aspetto mentale e della visualizzazione, nonché alla percezione sensoriale soggettiva, tutte queste componenti dell’addestramento nell’insieme vengono spesso individuate come “intenzione”. 

  • Un precetto tramandato all’interno del Bubishi del clan Kojo recita:“Movimento e quiete, contrazione e rilassamento, apertura e chiusura, sono sempre in equilibrio, la respirazione dev’essere sempre naturale e non deve influire sull’esito della tecnica. Il qi nasce e fluisce naturalmente”.
  • Un altro precetto recita: “Il qi è guidato esclusivamente dall’intenzione, se si esercita l’intenzione si svilupperà la vera forza interna”. 
  • Un precetto ulteriore dice: “Nel combattimento, quando è necessario essere morbidi la tecnica è morbida, quando è necessario essere duri la tecnica diviene dura. Il costante equilibrio permette di battere qualsiasi avversario”.

Takaya Yabiku Sensei sostiene che il Sanchin abbia influenzato per l’80% degli aspetti tecnici tutti quei kata okinawensi che prendono il nome di Hakkaku o Hakutsuru.

Il kata Sanchin contiene infatti tecniche basilari del combattimento, nello Shinzan-ryu è caratterizzato dalla combinazione degli stili di Tigre e Gru.
Contiene un buon bagaglio di atemi [Tecniche che si possono portare con varie parti del corpo (mano, gomito, dita ecc.) a seconda delle zone da colpire  n.d.r.], con la particolarità di tecniche a mano aperta, come il colpo con la falange del pollice (boshiken), il colpo con la punta delle dita (nukite) e con il taglio esterno della mano (shuto). Sono altresì presenti tecniche di grappling con gli arti inferiori, “nascoste” dietro i passi che si eseguono durante l’esecuzione.

 

FONTI
  • Intervista a Shingo Hayashi, Giappone – 2018
  • Intervista a Takaya Yabiku, Okinawa – 2015
  • Intervista a Tetsuhiro Hokama, Okinawa – 2015
  • Intervista a Senjiro Osamu, Okinawa – 2015 

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