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Martina Tommasi

Martina Tommasi

Il 9° Principio del M° Funakoshi “Il Karate si pratica tutta la vita” è una bellissima realtà che ho la fortuna di vivere quotidianamente sia nel dojo sia fuori.

NOME
Martina Tommasi
LUOGO DI NASCITA
Verona
DATA DI NASCITA
25 Giugno 1992
SPECIALITÀ
Kata
CLUB DOJO
Ki Dojo Verona

MEDAGLIERE

2007
– Camp. It.: 4° kata sq. / 4° kata ind. cadetti
– Tr. delle regioni: 4° kata ind. cadetti

2008
– Camp. It.: 1° kata ind. cadetti

2009
– Camp. It.: 2° kata ind. Speranze / 1° kata sq.
– ETKF: 1° kata sq. jun. / 2° kata ind. jun.
– 6° Internat. Pfändercup: 2° kata sq. open
– ESKA: 3° kata sq. jun.

2010
– Camp. It.: 1° kata ind. speranze / 4° kata sq.
– Tr. delle regioni: 1° kata ind. speranze +50 / 3° kata sq.
– Coppa shotokan: 4° kata ind. open / 4° master
– 2^ Alpe adria cup: 1° kata ind. jun.

2011
– Camp. It.: 1° kata ind. jun.
– Tr. delle regioni: 1° kata ind. jun. -55

2012
– Tr. delle regioni: 1° kata ind. jun. -55 / 2° kata sq.
– Coppa shotokan: 3° kata ind. open – master
– Heart cup: 1° kata ind. jun. / 1° kata sq.
– ITKF: 1° kata sq. sen.

2013
– Camp. It.: 1° kata ind. jun.
– Tr. delle regioni: 1° kata ind. jun. -55 / 1° kata sq.
– ETKF: 3° kata ind. sen. / 1° kata sq. sen.

2014
– Camp. It.: 1° kata ind. sen.
– Coppa shotokan: 1° kata ind. open
– Heart cup: 1° kata ind. sen. / 2° kata sq. società

2015
– Coppa Shotokan: 4° kata ind. open – master
– UKW: 3° kata ind. sen. / 1° kata sq.

2016
– Camp. It.: 1° kata ind. sen. / 4° kata sq.
– Coppa Shotokan: 3° kata ind. open – master
– Heart cup: 3° kata ind. sen. / 1° kata sq. soc. / 1° kata sq. rappr.
– ETKF: 2° kata ind. / 1° kata sq.

2017
– Camp. It.: 2° kata ind. sen. / 3° kata sq.
– Coppa shotokan: 3° kata ind. open – master
– Fujimura cup: 1° kata ind. elite sen.
– Tr. Musokan “Masina”: 1° kata sq.

2018
– Camp. It.: 2° kata ind. sen. / 2° kata sq.
– Coppa Shotokan: 2° kata ind. open – master
– Heart cup: 1° kata ind. sen. / 1° kata sq. sen.-soc. / 2° kata sq. rappr.
– Fujimura cup: 1° kata ind. sen.


Come hai iniziato a praticare karate?
Avevo circa sei anni quando i miei genitori decisero di portarmi al Ki Dojo Verona dal Maestro Riccardo Frare. Non sono mai stata una bambina tanto “femminile”, non mi piacevano le attività fisiche come la danza o altre considerate più da “signorine”, ma i miei genitori, che desideravano avviarmi a qualche percorso sportivo, riuscirono a cogliere una mia inclinazione verso il Karate, perché quando guardavo i cartoni animati dove c’erano delle arti marziali, si accorsero di questo mio interesse e fu così che iniziai!
Ho intrapreso questo percorso in maniera del tutto casuale, ma poi è nata e cresciuta una grande passione che tutt’ora è con me.

Portare a casa una vittoria è certamente emozionante, ma è utile solo se la vedi come un percorso, la vittoria non è il fine, ma è il mezzo verso un miglioramento globale.— Martina Tommasi

Chi sono i tuoi Maestri?
Da vent’anni pratico Karate con il M° Frare e mi ricordo ancora il primo incontro dove il Maestro ci spiegava che il Karate non era una disciplina che si poteva provare al di fuori del Dojo, e che se fosse venuto a sapere che facevamo Karate nel nostro tempo libero, non ci avrebbe più fatto entrare nel Dojo. Meno male che l’ho ascoltato!!
Il M° Frare mi ha insegnato davvero tantissimo, mi ha aiutata a scoprire me stessa, perché ero una bambina un po’ timida e mi ha agevolata nello scoprire e tirare fuori il mio vero carattere, mi ha insegnato a essere ciò che sono oggi, a non temere il giudizio o, almeno, a provare a non sentirmi giudicata, una delle cose che ho sempre temuto di più nel mio percorso di crescita.
Mi ha dato tante basi e tanti valori su cui radicare la mia vita, perché i suoi insegnamenti partono dal Karate, ma arrivano ad abbracciare ogni aspetto dell’esistenza.
Senza la sua guida non sarei riuscita a realizzare tanto, sia nell’ambito personale sia, naturalmente, nel karate e nel percorso agonistico, mi ha insegnato a essere e grazie a questo sono arrivati i risultati.
Il rapporto instaurato con il M° Frare, quindi, non è solo un rapporto fra “tecnico” e allievo, ma è qualcosa che va oltre anche il Karate, potrei definirlo una guida che mi ha portata alla scoperta di me stessa, grazie al suo esempio, ai suoi insegnamenti su tanti piani, grazie a ciò che è, che ricerchiamo con ardore per poter ritrovare tutto ciò che vediamo in lui, in noi stessi.
Il Maestro Acri e il Maestro Cardinale, allenatori della Nazionale, hanno ulteriormente rafforzato le mie basi tecniche e mi hanno messa alla prova sia sul piano mentale sia fisico, preparazione fondamentale per poter affrontare le gare.

C’è un motivo per cui hai scelto il Karate tradizionale?
È stato tutto assolutamente casuale, quando i miei genitori decisero di farmi provare Karate non sapevano nulla delle arti marziali, avevano solo sentito parlare bene del Ki Dojo Verona del M° Frare e io, a quei tempi, conoscevo le arti marziali solo attraverso i cartoni animati!

Quando e come sei diventata un’agonista?
Il M° Frare non ci ha mai fatto fare gare quando eravamo bambini, a parte qualche rara eccezione, ma quei momenti ci venivano presentati come un gioco. Mi ricordo ancora di una gara, forse ero ancora cintura bianca, quindi ero proprio piccina, che non ho fatto perché mi sono messa a giocare con gli altri bambini!
Dagli undici anni ho iniziato ad allenarmi con più intensità e dai quattordici ho iniziato a fare le gare.
È stato il Maestro a proporre ad alcuni di noi di iniziare il pre-agonismo, non so bene cosa abbia visto in me, ma ho comunque accettato di aumentare l’intensità degli allenamenti, non per una gara in particolare, ma come preparazione e soprattutto come sfida con me stessa.
Inizialmente non mi sentivo portata caratterialmente per il percorso agonistico, ma grazie all’aiuto del Maestro, che mi ha sbloccata a livello mentale, c’è stata in me una svolta e ho iniziato a sentire più mio questo cammino.
Le gare mi hanno aiutata e mi aiutano tuttora nel mio percorso personale di miglioramento, perché per me non è tanto portare a casa un risultato, ma è trovarsi in una determinata situazione di difficoltà che porta a un auto-perfezionamento, non solo dal lato tecnico, ma anche e soprattutto interiore. È una sfida con se stessi ed è la più importante da vincere.
Portare a casa una vittoria è certamente emozionante, ma è utile solo se la vedi come un percorso, la vittoria non è il fine, ma è il mezzo verso un miglioramento globale.
Il Karate e l’agonismo mi hanno insegnato ad affrontare meglio tante situazioni anche molto complicate, è quindi un percorso sportivo profondamente intrecciato alla vita.

Quanto tempo dedichi all’allenamento? Fai anche preparazione atletica?
Mi alleno abitualmente presso il Ki Dojo Verona con il M° Frare almeno quattro volte a settimana, talvolta pratico anche di più e lo faccio sempre con tanto piacere e passione.
Prima di iniziare il lavoro che svolgo ora, riuscivo a dedicarmi anche alla preparazione atletica, che però ultimamente ho dovuto abbandonare perché non riesco più a far collimare tutti gli impegni.
Ciò a cui non posso proprio rinunciare è essere sempre presente a tutti gli allenamenti, anche più di quelli previsti, perché per me il Karate è un piacere, è libertà, è vita.
Svolgo anche gli allenamenti con la Nazionale presso la palestra Shotokan Yudanshakai a Milano con il M° Pasquale Acri e la loro intensità in termini di tempi varia a seconda dell’avvicinarsi delle competizioni.
Di norma gli allenamenti con la Nazionale hanno una durata di cinque ore e si lavora soprattutto su ciò che andrà portato in gara, sia per la competizione individuale, sia per quella di gruppo.

Com’è il rapporto con i tuoi compagni di squadra?
Per quanto riguarda il team di agonisti con cui mi alleno al Ki Dojo Verona, c’è un legame davvero forte, con alcuni di loro pratico da tanti anni ormai e si è creato un rapporto genuino, perché il “sudare” assieme ci ha insegnato a sostenerci a vicenda e a esserci sempre gli uni per gli altri.
All’inizio ero l’unica ragazza, ma col passare degli anni il gruppo si è allargato e ora condivido anche con altre compagne questo bellissimo percorso. E poi… non sono più sola nello spogliatoio!
Avendo qualche anno in più degli altri, mi auguro di riuscire a trasmettere loro ciò che io ho ricevuto in passato dai compagni più grandi ed esperti di me, per riuscire a crescere insieme. Si creano delle connessioni permanenti e sai bene che, quando hai bisogno di aiuto, c’è sempre qualcuno su cui puoi contare.
Anche con il gruppo della Nazionale c’è una bellissima affinità, nonostante ci si veda meno, all’incirca una volta al mese, ci si allena bene insieme, sento un grande e vicendevole sostegno, sia in gara, ma anche durante l’intensa pratica di preparazione alle competizioni.
Si cerca insieme di affrontare al meglio i sacrifici, le difficoltà, condividendo sia il “sudore”, che anche momenti di socialità e divertimento.
Senza dubbio il Karate è unione.

Il tempo che dedichi agli allenamenti incide sulla tua vita privata? Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto praticare agonismo?
Non ho mai vissuto l’intensità degli allenamenti come un peso, se avessi percepito questo percorso come non positivo per me, sicuramente mi sarei dedicata ad altro.
A volte ho dovuto fare delle rinunce nell’ambito personale, in vista di qualche gara nel fine settimana, ma non ho mai vissuto questo come un sacrificio o una privazione, anche perché sono sempre riuscita a organizzare i miei impegni sportivi e sociali senza avvertire che mi stava mancando qualcosa.
Nella vita privata devo ammettere che la mia situazione è fortunata, dato che anche il mio compagno Alessandro Mezzena condivide con me il percorso agonistico e preparatorio, quindi, il nostro rapporto non risente del tempo che vicendevolmente dedichiamo al karate e agli allenamenti.
Avere qualcuno a fianco che capisca il significato del percorso agonistico, che ti sostiene, che ti segue nelle gare (la cosa naturalmente è reciproca), è qualcosa di veramente importante e prezioso. Poi non nascondo che è anche comodo, se non ci si vede a casa, ci si ritrova sempre nel Dojo!
Per me il 9° Principio del M° Funakoshi “Il Karate si pratica tutta la vita” è una bellissima realtà che ho la fortuna di vivere quotidianamente sia nel Dojo sia fuori.
Posso dire con gioia che il Karate e il percorso da agonista non mi hanno tolto nulla, anzi, mi hanno dato e mi stanno dando tanto… tutto.
Se qualcosa fosse stato tolto, è perché così doveva essere.

La mente è sicuramente l’avversario più temibile, perché può farti pensare cose che in un determinato momento non dovresti pensare, soprattutto durante le gare.— Martina Tommasi

Lo scoglio personale su cui hai dovuto o devi ancora lavorare maggiormente?
Può essere quello di riuscire ad arrivare alla pienezza dell’espressione mentre pratico, soprattutto nel contesto della gara, dove si è davvero sotto pressione, fra pubblico, arbitri, giudizi, sicuramente la parte più difficile è il controllo della mente, cercando di alleggerirla e liberarla, cosa che viene più facile durante gli allenamenti o nella vita quotidiana, ma è ancora una difficoltà da me percepita durante le competizioni.
All’inizio le gare mi creavano non poche difficoltà a livello emotivo e accadevano dei blocchi nel respiro o sentivo le gambe che tremavano in modo incontrollato, ma grazie al lavoro profondo svolto con il M° Frare, sono riuscita pian piano a superare queste difficoltà e ad affrontare tante situazioni (non solo nell’ambito del karate e delle gare) in maniera più “centrata”.

Secondo te, qual è la tua caratteristica come atleta?
Probabilmente la velocità nella tecnica, che però a volte è stata anche un ostacolo, perché talora ho anticipato o saltato delle parti di kata e questo non è andato a beneficio del risultato.
Con il tempo ho imparato a gestirla e a farla confluire bene e credo che, a oggi, possa essere vista come una caratteristica che mi contraddistingue positivamente.
Mi appassionano molto i salti, è una parte che trovo davvero divertente e liberatoria e sento proprio che mi appartiene… mi auguro sempre che il risultato tecnico sia pari all’entusiasmo che sento quando li faccio!

In cosa ti senti più preparata? Ciò che ti piace, cosa ti permette di provare o di esprimere?
Senza dubbio il Kata è la parte in cui mi sento più preparata, per quanto ami a tutto tondo la pratica del Karate. Ho sempre avuto comunque una predilezione per il Kata che il M° Frare ha colto e mi ha dato la possibilità di sviluppare.
Mi piace il Kata individuale, ma prediligo quello a squadre, perché c’è la possibilità di creare un legame unico con le compagne di squadra, ci si sostiene, si condivide un’energia che permette di sentire ancora più forza.
Quello che ho notato nella pratica a squadre è che fin da subito riesco a  esprimere il meglio, cosa che mi risulta più difficile nella pratica individuale, dove mi serve un po’ più di tempo per “scaldarmi”.
Il fatto di fare qualcosa per e con qualcun altro fa emergere un immediato vigore. Il fatto di allenarsi, imparare i tempi di ogni Kata, sentire la respirazione, ma anche entrare in connessione con la squadra, conoscersi e sentirsi, permette uno svolgimento della pratica più fluido e anche emozionante.
Mentre pratico mi sento libera, sento l’energia che fluisce e, nei movimenti dei Kata che prediligo, trovo anche modo di divertirmi in maniera molto naturale e autentica.

L’avversario (reale o psicologico) più temibile?
La mente è sicuramente l’avversario più temibile, perché può farti pensare cose che in un determinato momento non dovresti pensare, soprattutto durante le gare. Bisogna fare attenzione, usarla per ciò che devi fare, ma anche saperla gestire, perché la mente ti può giocare dei brutti scherzi.
Puoi essere al massimo della forma fisica, ma se la mente non è centrata e concentrata, non riesci a svolgere la competizione e la pratica al meglio delle tue potenzialità.

Cosa ti ha insegnato il Karate? Ti ha cambiata?
Senza dubbio il Karate mi ha profondamente cambiata, perché mi ha permesso di crescere in un modo consapevole, imparando a conoscermi, trovandomi davanti ai miei limiti e a cercare di superarli di volta in volta.
Mi ha permesso di “uscire dal guscio”, da una certa timidezza che mi caratterizzava fin da bambina. Sono consapevole che mi ha dato una forte struttura, insegnandomi a prendere le cose per il verso giusto, mi ha permesso di trovare la forza in momenti di difficoltà e di affrontarli nel migliore dei modi.
Anche fisicamente il Karate mi ha aiutata, nella postura, per esempio, ero molto “chiusa” e mi ha permesso di aprirmi.
Con gioia posso dire che apprezzo la persona che sono diventata grazie alla pratica del Karate e alla guida del M° Frare.

Il momento più appagante e quello più spiacevole della tua carriera?
Uno dei momenti più appaganti è stato la vittoria del mio primo campionato cadetti, perché è stata inaspettata per chiunque! Sentivo di avere già vinto solo per il fatto di essere arrivata in finale.
Mi trovavo a fianco di Noemi Segala, che era davvero forte, e quando hanno chiamato lei per seconda, mi sono ingenuamente chiesta chi fosse la prima.
E quando hanno annunciato il mio nome per la vittoria… è stato davvero incredibile, perché non lo pensavo possibile, era la mia prima vittoria e sicuramente uno dei momenti del mio percorso agonistico che non potrò mai dimenticare. Quel momento mi ha dato anche il coraggio di credere maggiormente nel percorso agonistico che avevo intrapreso e nelle mie potenzialità.
Un altro momento davvero piacevole e avvincente è stato la mia prima convocazione ai mondiali, trovandomi in squadra con due compagne (Shaira Taha e Carlotta Prete) che hanno avuto una certa rilevanza nell’ambito del Karate agonistico.
Un momento poco piacevole del mio passato è stato quando, nel 2015, a distanza di una settimana dai Campionati Italiani, mi stavo allenando e ho preso uno strappo al muscolo della gamba. Ho gareggiato comunque, ma non ho potuto dare il massimo a causa dell’infortunio.
A pensarci bene, però, l’episodio più spiacevole in assoluto e che sento come se fosse accaduto a me in prima persona, è l’infortunio accaduto di recente al mio compagno Alessandro Mezzena, a cui auguro di riprendersi ancora meglio di prima!

Hai un aneddoto del tuo percorso agonistico che ti piacerebbe condividere?
Non è un aneddoto relativo a una gara (per fortuna!), ma una cosa divertente accaduta all’arrivo in aeroporto per i Campionati Europei ESKA.
Tutti i miei compagni hanno ritirato la valigia, mancava solo la mia, che intravedevo incastrata nella zona prima del rullo di uscita. Quella zona aveva la forma di una portiera d’auto, quindi, ho provato ad aprirla, ma naturalmente era finta e l’unica cosa accaduta è stata quella di far ridere tutti!
Ma non è finita qui… visto che la valigia non usciva, sono salita sul rullo per recuperarla, con grande stupore dei lavoranti in aeroporto. Ho preso la valigia, e a quel punto mi sono seduta sul rullo e sono uscita con lei!

Guardi mai video di Kata o Kumite nel web?
Sì, guardo spesso video riguardanti il Karate, soprattutto di Maestri o praticanti giapponesi, perché per me sono una grande fonte d’ispirazione e mi piacerebbe imparare a esprimere l’arte marziale come fanno loro. Magari un giorno ci riuscirò!
Guardo anche Kumite, ma seguo soprattutto i Kata, visto che è la disciplina di gara, in modo da poter prendere degli spunti da applicare durante gli allenamenti.
Poi ogni video e ogni occasione è buona per lasciarsi ispirare!

Ti piacerebbe essere un’atleta professionista?
No, se dovessi rinunciare al M° Frare e al Ki Dojo Verona!
Mi piace fare Karate esattamente come lo faccio, tenendo separato il lavoro dallo svolgimento dell’arte marziale, che per me è un puro momento di libertà.
Se dovesse diventare un lavoro, temo potrebbe perdere il fascino, l’attrattiva e soprattutto la spontaneità che ritrovo nel Karate.

Mentre pratico mi sento libera, sento l’energia che fluisce e, nei movimenti dei Kata che prediligo, trovo anche modo di divertirmi in maniera molto naturale e autentica.— Martina Tommasi

Cosa pensi dell’entrata del Karate alle Olimpiadi del 2020?
Secondo me il Karate portato alle Olimpiadi sarà l’opportunità per far conoscere a molte più persone questa meravigliosa arte marziale.
Ciò che mi preoccupa è che vengano meno i valori tradizionali su cui si basa il Karate per dare maggiore visibilità alla spettacolarizzazione delle gare fini a se stesse.

Come vedi il tuo futuro?
Mi vedo sempre a praticare con la guida del M° Frare al Ki Dojo Verona.
Sicuramente, prima o poi lascerò il percorso agonistico, anche perché le gare sono solo una piccola parte della pratica, per quanto mi piacciano molto le competizioni, ma c’è qualcosa che non mi lascerà e che non lascerò mai… che è il Karate e, quando lascerò l’agonismo, incanalerò semplicemente le energie in altre direzioni.

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