728 x 90

Annalisa Casini

Annalisa Casini
Foto di Daniele Fregonese

Il karate ha la capacità di unire le persone a un livello più profondo. Mi ha insegnato così tanto che quando pratico è un po’ come se diventassi migliore.

NOME
Annalisa Casini
LUOGO DI NASCITA
Gubbio
DATA DI NASCITA
1992
SPECIALITÀ
Kata
CLUB DOJO
Zoshikan Montecatini

MEDAGLIERE

2007
– Camp. It.: 3° kum. ind.

2008
– Trof. delle Regioni: 3° kata ind. / 3° kum. ind.
– Camp. Mond. Shotokan Funakoshi: 3° kum. ind. / 2° kata ind.

2009
– Camp. It. Centro Sud: 2° kata ind.

2010
– Tr. delle Regioni: 5° kata ind.
– Camp. It. Centro Sud: 1° kata ind. / 2° fukugo ind. / 3° kum. sq. / 4° kata sq.

2011
– Tr. delle Regioni: 3° kata ind.

2012
– Tr. delle Regioni: 3° kata ind.
– Camp. It.: 3° kata ind.

2013
– Tr. delle Regioni: 2° kata ind.
– Camp. It.: 1° kata ind. / 2° kata sq. / 3° fukugo ind.
– Coppa Shotokan: 1° kata Master
– ESKA Portogallo: 1° kata sq.

2014
– Camp. It.: 1° kata ind. / 3° kata sq. / 4° enbu MF
– Coppa Shotokan: 3° kata ind.
– ESKA Svizzera: 5° kata sq.

2015
– Camp. It.: 2° kata ind. / 2° enbu MF
– WSKA Polonia: 3° kata sq.
– Coppa Shotokan: 1° kata ind.

2016
– Heart Cup: 2° kata ind. / 3° kum. Ind.
– Camp. It.: 3° kata ind. / 2° enbu MF
– ESKA Grecia: 3° kata sq.
– Coppa Shotokan: 1° kata ind.

2017
– Camp. It. UsAcli: 1° kata ind.
– Camp. It.: 3° kata ind. / 3° enbu MF
– WSKA Italia: 1° kata ind. / 1° kata sq.
– Coppa Shotokan: 1° kata ind. Master

2018
– Heart Cup: 3° kata ind. / 1° kata sq.
– Camp. It.: 3° kata ind.
– ESKA Serbia: 2° kata sq.

 


 

Quando hai iniziato a praticare karate?
Scherzando dico sempre che il mio destino da karateka era già scritto, poiché un mese dopo la mia nascita mio papà si è approcciato al mondo del karate e da lì non ha più smesso. Ho ancora foto all’età di 3 anni fieramente posizionata nelle varie tecniche! Non appena compii 6 anni mio papà mi portò in palestra al suo fianco e siamo ancora qui, entrambi, percorrendo la stessa via.

Non appena compii 6 anni mio papà mi portò in palestra al suo fianco e siamo ancora qui, entrambi, percorrendo la stessa via.

Chi sono i tuoi Maestri?
Il mio primo Maestro, Gaetano Pierotti, della palestra Karate Club Gubbio, è stato per me come un secondo padre. Oltre a tutto quello che mi ha dato atleticamente, i suoi più grandi insegnamenti sono stati in merito all’umilità. Mi ha sempre permesso di confrontarmi e di praticare con chiunque avesse potuto darmi qualcosa in più, che fossero altri maestri o semplici praticanti. Non ha mai provato gelosie nei miei confronti, ma con affetto e premura mi ha tenuta vicino a lui dandomi indicazioni, ma lasciandomi libera di “camminare con le mie gambe”. Inoltre, essendo lui un karateka “vecchio stile” mi ha ben formato il profilo basandosi sul rispetto e sulla disciplina.
Per quanto riguarda il mio attuale Maestro Mauro Gori, della palestra Samurai Karate Do Viareggio, a lui devo quello che sono ora. Mi insegna ogni giorno a non mollare mai, a credere fino in fondo a dove voglio arrivare e a sentire sempre più il karategi che indosso.

Quando sei diventata un’agonista?
La mia prima gara l’ho disputata da cintura arancione e da lì è stato un susseguirsi di impegni agonistici che i miei genitori mi hanno sempre permesso di fare. Essendo io una persona competitiva ho poi continuato con sempre più ambizioni.

Dove e quanto ti alleni? Fai anche una preparazione atletica?
Mi alleno tre volte a settimana con il mio Maestro Mauro Gori alla Samurai Karate Do Viareggio e altre due volte alla Junkan Dojo, allenata da mio marito Nicola Bianchi. Oltre a questi allenamenti prettamente di karate, cerco di integrare un preparazione atletica due volte a settimana, sempre alla Junkan Dojo e stage extra ogni volta che mi è possibile. I fine settimana quindi… quali fine settimana?!

Com’è il rapporto con i tuoi compagni di squadra?
Sono fortunata ad avere un gruppo con il quale mi trovo estremamente bene. Francesca Re è amica, compagna di palestra e compagna di squadra in Nazionale. Confrontarmi con lei è sempre stato uno dei miei più grandi stimoli. Anche con i ragazzi del kumite, nonostante le differenze di percorso, è sempre un piacere trascorrere insieme allenamenti, gare, stage e quant’altro. Infine, i giovani ragazzi emergenti sono un bellissimo seguito e li curiamo come fossero i nostri pulcini. Cerchiamo, noi “vecchi”, non solo di essere uno stimolo, ma anche un esempio, a partire dai nostri atteggiamenti dentro e fuori il dojo.

Il tempo che dedichi agli allenamenti incide nella vita privata? Che cosa ti ha “dato” e cosa ti ha “tolto” praticare agonismo?
Considerato che le persone che mi stanno intorno le ho “trascinate” tutte in questo mondo, ho la fortuna di riuscire a condividere il tempo speso nel dojo con loro. Il karate ha la straordinaria capacità di unire le persone a un livello più profondo. Quando si pratica insieme si mette a nudo una parte di noi e, così come non lo farei con tutti, sono onorata di farlo invece con chi solitamente lo faccio. Ovvio poi che non avrei sposato Nicola se non fosse stato un karateka!
Riguardo a cosa mi ha dato e tolto praticare agonismo posso rispondere dicendo che di sacrifici ne ho fatti e continuo a farne altrettanti, ma sempre con piacere.

Lo scoglio personale su cui devi ancora “lavorare” maggiormente?
Sicuramente il mio scalino più difficile è la parte puramente istintiva che caratterizza il kumite. Nel kata mi sento più a mio agio e riesco a esprimere molto di più. Nel kumite invece trovo una difficoltà… come se non fosse nelle mie corde, ma d’altra parte il karate è questo: scontrarsi con i propri limiti e cercare di superarli.

Secondo te, qual è la tua caratteristica come atleta?
Ai miei allievi dico sempre che sono 20 anni che studio la tecnica in modo maniacale. Non ho mai spiccato per potenza, esplosività o velocità. Su quelle ho dovuto lavorare molto e con fatica, ma la mia caratteristica principale la coltivo da quando sono piccina: pulizia della tecnica e massima precisione. E mi piace poter dare un mio tocco alla passione che pratico, interpretando ciò che provo durante l’esecuzione. Essendo un’arte marziale mettere la propria firma è la realizzazione momentanea di un’opera, ogni volta diversa, ogni volta unica.

I giovani ragazzi emergenti sono un bellissimo seguito e li curiamo come fossero i nostri pulcini.

In cosa ti senti più preparata? Quello che ti piace, cosa ti permette di provare o di esprimere?
Credo che da sempre il kata sia la forma d’espressione in cui mi sento più a mio agio. Nell’individuale riesco a esprimere quello che provo e a trasmettere parte del mio karate. Anche la specialità a squadra mi piace molto: riesco a sentire le mie compagne di squadra ed è un piacere anche durante l’allenamento. Sembra di dover accordare più strumenti: non per forza uguali tra di loro, ma che creino armonia e compattezza. E, in fondo, anche la fatica e i sacrifici, divisi e condivisi, sono molto più leggeri.

L’avversario (reale o psicologico) più temibile?
L’insicurezza. Ogni volta che devo prepararmi per una competizione è l’insicurezza la mia paura più grande. Non essere preparata a sufficienza, non sentirmi sicura, non avere un piano ben preciso con il quale competere. Per il resto, reali o psicologici che siano, gli avversari che incontro non sono mai così spaventosi da farmi tirare indietro. 

Che cosa ti ha insegnato il karate?
Il karate mi ha insegnato la disciplina in tutto quello che faccio. Tuttora mi insegna tanto e anzi, se potessi riportare l’Annalisa karateka in tutti gli aspetti della mia vita sarei molto più forte e capace di affrontare le difficoltà di tutti i giorni. Il karate mi ha insegnato così tanto che quando pratico è un po’ come se diventassi migliore… come se il karategi fosse il mantello dai superpoteri che quando lo si indossa trasforma nel supereroe che tutti vorremmo essere.

Il ricordo più appagante e quello più spiacevole della tua carriera?
Il recente mondiale [WSKA 2017 n.d.r.] è stato uno dei ricordi che porterò con me tutta la vita. Dalla preparazione dei mesi precedenti, al calore del pubblico durante la competizione, alle persone che mi sono state vicine. L’ingresso sul tatami. L’insicurezza, la mia avversaria più grande, era già sconfitta e io mi sono sentita solo molto forte. Non vincente, ma senza paura.
In tutto questo se dovessi concentrarmi su un momento per me magico racconterei dell’attimo in cui ero stata decretata prima nella categoria individuale e della sensazione di abbandono provata nell’abbraccio di felicità di Nicola. In quel momento ho potuto mollare la mia armatura e le armi e assaporare la gioia della vittoria senza preoccuparmi di nient’altro.
La vera sorpresa, poi, è venuta in seguito dalla mia città natale, Gubbio. Non immaginavo che potesse regalarmi un affetto così sincero, un riconoscimento che va al di là della vittoria in sé. L’intera comunità ha saputo trasmettermi il calore dell’orgoglio di una famiglia e di questo non posso che ringraziare tutti.
I momenti più spiacevoli invece… devo dire che sorprende come nel tempo siano diventati episodi per sorriderci e comunque istruttivi.

Hai un aneddoto del tuo percorso agonistico che ti piacerebbe condividere?
Nel 2013 ho disputato il mio primo Campionato Europeo ESKA. Accanto a me c’erano Francesca Re e Patrizia Bello. Entrate nel palasport la tensione era palpabile. Arrivate in finale, Francesca si accostò a me, mi indicò il podio e mi disse “Vedi quello? O saliamo sul gradino più alto o non ci accontentiamo”. Percepii uno spirito agonistico nuovo, come se la tranquillità e la sicurezza si fondessero perfettamente con una carica adrenalinica e competitiva incontenibili. La paura era stata messa in un angolo e insieme potevamo farcela… Quell’anno vincemmo il primo posto a squadre.

Ti piacerebbe essere un’atleta professionista?
Penso che al nostro livello a tutti piacerebbe.

Mi piace poter dare un mio tocco alla passione che pratico, interpretando ciò che provo durante l’esecuzione.

Che cosa pensi dell’entrata del karate alle Olimpiadi 2020?
Credo che sia un bel traguardo per il mondo del karate anche se purtroppo non ci tocca così direttamente. Spero che le generazioni future, anche nel karate tradizionale, abbiano le possibilità di arrivarci.

Come immagini il tuo futuro?
Tra i due il programmatore è Nicola, io per ora mi godo il mio percorso anno per anno. L’unico vero progetto è quello di ampliare e di rendere sempre più forte la nostra piccola realtà che è la Junkan Dojo. Per il resto… si vedrà!

Ti potrebbe interessare anche:

Articoli recenti

I più letti

Top Autori