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Forgiare il carattere attraverso la pratica delle arti marziali

Forgiare il carattere attraverso la pratica delle arti marziali

Se quando proviamo dolore le nostre emozioni vanno fuori controllo, esse si impadroniranno della nostra mente e non saremo più in grado di agire.

Di cosa parliamo quando diciamo che le Arti Marziali sono in grado di forgiare il carattere di colui il quale le pratica con passione e dedizione?

Il dolore non insegna solo la compassione, ma anche a separarci dalle nostre emozioni guardandole in maniera interiormente più distaccata e oggettiva.

Carattere, dolore, empatia e compassione
Pur non essendo masochisti è indubbio che la pratica di un’arte marziale coinvolga, in un certo qual modo, la presenza del dolore nel corso dell’allenamento. Chiunque sia stato colpito da un pugno, messo in leva o “proiettato” sa di cosa si stia parlando; stessa cosa vale per il dolore muscolare che si avverte dopo una giornata di duro allenamento. Questo tipo di “dolore” porta con sé numerosi effetti positivi, non ultimo quello della sperimentazione della compassione.
Sebbene molti allievi intraprendano la pratica pensando a quanto sarà gratificante applicare una leva articolare a qualcuno, loro stessi si rendono presto conto, a volte con non piacevole sorpresa, che tali tecniche posso fare davvero male.
Provando (in maniera del tutto sicura e controllata) l’applicazione delle tecniche marziali sulla nostra pelle sviluppiamo empatia e compassione verso coloro che, a loro volta, dovranno subirle. Questa consapevolezza non ci impedisce di applicare tecniche del genere se fosse davvero necessario, ma ci insegna a comprendere la natura (mostruosa e negativa) del dolore e della violenza.

Il dolore non insegna solo la compassione, ma anche a separarci dalle nostre emozioni guardandole in maniera interiormente più distaccata e oggettiva. Se quando proviamo dolore le nostre emozioni vanno fuori controllo, queste si impadroniranno della nostra mente e noi non saremo più in grado di agire. Una reazione esclusivamente emotiva non è marziale.
Venendo ripetutamente colpiti, messi in leva e proiettati durante l’allenamento, impariamo a separare le emozioni dal dolore e ad avere un maggior controllo su noi stessi. Se così non fosse, il dolore contaminerebbe rapidamente la non-intenzione, l’essere nel “centro”, la postura, la respirazione e tutti gli altri principi fondamentali.

Fiducia
Inoltre, fare da uke (tradotto in “colui che riceve la tecnica”), quando vengono sperimentate le tecniche in coppia, ci insegna la fiducia, specialmente quando queste tecniche possono provocare danni anche seri. Quindi, non solo impariamo a scacciare la paura e a fidarci dei nostri compagni, ma anche a essere meritevoli di fiducia, a esercitare in maniera responsabile il potere che abbiamo sugli altri, così da meritare la loro fiducia in noi.

Sperimentare le tecniche in coppia ci insegna la fiducia, specialmente quando queste tecniche possono provocare danni anche seri.

Potere della scelta
Per ultimo impariamo che il potere è una scelta. Il potere non è semplicemente ciò che facciamo, ma è anche (e soprattutto) ciò che scegliamo di non fare.
Affrontata in questo modo, la pratica delle Arti Marziali (in palestra, all’interno del dojo, ma anche fuori dal contesto sportivo e didattico), forgia il carattere e diventa occasione e strumento di crescita personale, oltre che ponte verso la realizzazione della persona che vogliamo essere.

Nota a margine
Da ragazzo ho letto una poesia che mi ha colpito e che in parte ben si lega a quanto descritto poc’anzi. Si tratta di uno scritto di Rudyard Kipling il cui titolo è Se (in originale “If”).

SE
Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno colpa.
Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,
tenendo però considerazione anche del loro dubbio.
Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
O essendo odiato, non dare spazio all’odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio.
Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori.
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.
Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
senza mai far parola della tua perdita.
Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non c’è più nulla
Se non la Volontà che dice loro: “Tenete duro!”
Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,
O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E – quel che più conta – sarai un Uomo, figlio mio!

 

Bibliografia consigliata
G. Funakoshi, I venti principi del karate. L’eredità spirituale del Maestro, Ed. Mediterranee, 2010.
Pearlman, Manuale universale del combattimento, Ed. Mediterranee, 2008.
Hyams, Lo zen e le arti marziali, Ed. Il punto d’incontro, 2006.
J. R. Kipling, “If – Se”, in Ricompense e Fate, (Rewards and Fairies), 1895.

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