728 x 90

Valutazione funzionale e test specifici

Valutazione funzionale e test specifici

Per un atleta in piena forma è utile fare un esame appropriato della funzionalità dell’apparato locomotore.

(in KarateDo n. 16 ott-nov-dic 2009)

Valutazione
Nella pianificazione di un programma di lavoro mirato allo sviluppo della condizione fisica degli atleti, la valutazione iniziale è il primo elemento da considerare. È ormai assodato che un programma d’allenamento è tanto più qualificato quanto più si avvicina al modello funzionale (metabolico e muscolare) dell’attività sportiva considerata e che i sistemi di valutazione, proprio perché sono strettamente legati al processo di allenamento, dovrebbero avvalersi di movimenti che riproducono, in condizioni specifiche, i gesti tecnici caratteristici della disciplina.

Gli scopi della valutazione sono molteplici:

  • diagnosi delle caratteristiche individuali;
  • orientamento della programmazione (obiettivi da raggiungere e percorsi da seguire);
  • prescrizione di procedure e proposte metodologiche differenziate e individualizzate;
  • verifica e aggiustamento del programma in atto;
  • verifica del ritmo di adattamento e di sviluppo delle capacità;
  • aumento della motivazione e creazione di nuovi stimoli.

Per quanto riguarda il primo punto (diagnosi delle caratteristiche individuali) è importante verificare se esistono limitazioni funzionali che possono, se trascurate, creare problemi fisici o diminuzioni della prestazione sia sotto il profilo atletico sia tecnico.
Lo sviluppo di qualità fisiche come l’esplosività, la reattività, la rapidità, la resistenza ecc. rappresenta un obiettivo importante ma non prioritario, perché la base del livello di alienabilità di queste capacità dipende dallo stato funzionale dell’atleta.

Funzionalità

Il Dizionario Illustrato della Lingua Italiana Sansoni definisce funzionale ciò che corrisponde o che è adatto alla funzione per la quale è stato “costruito”; secondo il Dizionario On line Alice, funzionale è tutto ciò che soddisfa precise esigenze, che è adatto allo scopo per cui è fatto, e tale termine è anche usato nel senso di “comodo”, “pratico” e simili
In ambito sportivo molti autori definiscono la funzionalità come la somma di diverse qualità:

  • mobilità articolare e flessibilità muscolare
  • capacità di stabilizzazione muscolare
  • equilibrio
  • coordinazione

La funzionalità si basa quindi su 2 concetti: unitarietà e semplicità applicativa.
Unitarietà: le singole capacità non possono essere analizzate separatamente, ma devono essere valutate attraverso movimenti che ne permettano l’osservazione diretta.
Semplicità applicativa: poche e semplici azioni di breve durata, dove il carico è costituito dal peso del proprio corpo e dalla forza di gravità.

Valutare la funzionalità dell’atleta è come verificare la tenuta strutturale di un’auto prima di spingerla alla massima velocità; un’adeguata funzionalità muscolare permette di realizzare gesti atletici più economici e sicuri in quanto stabilisce il giusto equilibrio fra forza ed elasticità.
Secondo V. Gambetta e G. Gray l’allenamento funzionale si realizza attraverso una progressione il cui punto di partenza è la fase valutativa; bisogna inoltre considerare che ogni test è un’attività fisica e che ogni attività fisica costituisce un test.
Solitamente gli elementi anatomici che presentano riduzioni di stabilità sono: ginocchia, bacino e spalle; la causa di tali limitazioni è legata all’azione di compenso svolta da questi distretti articolari nei riguardi della riduzione di mobilità a carico delle caviglie, delle anche e del tratto lombare della colonna vertebrale. È necessario pertanto considerare la meccanica del corpo nel suo insieme e avere una visione globale delle catene muscolari miofasciali.

Il sistema di controllo della muscolatura deve: 

  • provvedere al mantenimento delle posizioni;
  • realizzare movimenti;
  • contrastare le forze esterne improvvise;
  • compensare le situazioni di disequilibrio;
  • trasmettere forza e favorire la respirazione assicurando, nel contempo, una soddisfacente stabilità.

In teoria tutti i muscoli sono in grado di fornire stabilità in ogni momento, ma è fondamentale che vengano soddisfatte tutte le richieste sopraelencate.
Tutti i movimenti del corpo (o parti di esso) decelerano o comunque riducono la forza prima di accelerare o di produrre forza per realizzare un successivo movimento. In altre parole, l’esecuzione del movimento avviene grazie all’alternanza delle fasi di riduzione e di produzione della forza e ciò crea instabilità.
La funzionalità ottimale dell’apparato locomotore si esprime attraverso la capacità di trasferire i carichi. Un sistema inefficace spesso provoca disfunzioni biomeccaniche che si manifestano con un aumento dei carichi compressivi sulla colonna vertebrale e, in genere, sulle strutture scheletriche, oppure con un aumento dei carichi elastici sulle strutture dei tessuti molli. La conseguenza è la riduzione delle prestazioni atletiche generalmente associata alla comparsa di dolori.

Mostability
Per lo sviluppo della prestazione fisica generalmente si pensa solo al miglioramento delle singole capacità condizionali (forza, rapidità, resistenza), è invece di fondamentale importanza che l’incremento prestativo si realizzi attraverso esercizi in grado di stimolare la muscolatura con modalità analoghe a quelle dei movimenti specifici dello sport praticato (allenamento funzionale).
Gary Gray, che ha coniato il termine Mostability (può essere inteso come “stabilità motoria” o “iperstabilità”), afferma che è possibile realizzare un movimento corretto se si è in grado di eseguire il gesto nel momento adatto, nella giusta misura e direzione. Lo stesso autore sostiene che i movimenti del corpo umano sono tridimensionali e si sviluppano in tutti i piani dello spazio simultaneamente.
La funzionalità della catena cinetica spesso deriva dall’attivazione sequenziale e coordinata dei segmenti corporei che consentono alla parte distale di arrivare nella posizione più efficace, con la giusta velocità e intervallo temporale (timing) per produrre il risultato desiderato.
Non dovremmo mai dimenticare, quando tentiamo di migliorare performance motorie, che il cervello riconosce soltanto i movimenti e non i muscoli. Allenare i muscoli separatamente interrompe la catena cinetica, mentre, allenare movimenti in modo integrale migliora la funzione della catena cinetica.
In tutte le attività sportive si ricercano le modalità più efficaci per vincere, o perlomeno neutralizzare, gli effetti negativi della gravità.
“Il Core, o nucleo centrale, è il punto dove tutte le forze che vi convergono vengono modulate” (Vern Gambetta and Carlos Santana – Med, certified Strength and Conditioning Specialist CSCS).
Nelle arti marziali il Core è denominato KI e per tali discipline il suo controllo è di fondamentale importanza.
Queste affermazioni ribadiscono che i movimenti prodotti dal nostro corpo utilizzano catene cinetiche ed è per questo motivo che l’analisi della funzionalità dell’atleta deve essere prima globale e poi analitica.
La valutazione della funzionalità risulta determinante nella fase iniziale della programmazione e della pianificazione degli allenamenti. Le varie espressioni atletiche della forza (potenza, esplosività ecc.) possono essere meglio sviluppate se i segmenti che compongono il nostro corpo sono stati adeguatamente stabilizzati, solo rispettando tale premessa sarà possibile realizzare una migliore coordinazione intra e intermuscolare. Una buona flessibilità dinamica rende inoltre il gesto tecnico più economico migliorando così il rendimento dell’atleta.

Squat test
Francesco Cuzzolin (preparatore fisico della squadra NBA di Toronto) alcuni anni fa ha sviluppato un test partendo da uno strumento valutativo usato in passato nelle scuole di maestria sportiva dai pesisti delle nazioni dell’Est europeo.
Il test è denominato Squat test in quanto il movimento di base è costituito dal piegamento e dalla successiva distensione delle gambe partendo dalla stazione eretta. Si tratta di un’azione che caratterizza i gesti tecnici di molte discipline sportive, è un movimento poliarticolare che coinvolge più articolazioni contemporaneamente, è semplice da eseguire ma, soprattutto, è l’azione che realizziamo per vincere la forza di gravità e mantenere la stazione eretta.
A questa azione base sono state aggiunte 5 diverse posizioni degli arti superiori, secondo una precisa sequenza, per aumentare progressivamente il carico a livello del cingolo pelvico (fascia addominale e lombare) rendendo così la stabilizzazione del bacino sempre più difficile da mantenere.
Questo test valuta, in forma globale, il comportamento delle catene cinetiche, l’efficienza neuromuscolare e il grado di flessibilità dinamica. Dall’osservazione degli adattamenti compiuti dall’atleta durante l’effettuazione del test (comportamento del tratto toracico del dorso, dell’articolazione scapolo-omerale, dell’appoggio plantare, del bacino, delle ginocchia ecc.) sarà possibile ricavare importanti informazioni in merito a eventuali squilibri, rigidità muscolari, blocchi articolari ecc.
Lo Squat test consente solo un’analisi soggettiva, perché i valori di riferimento, non essendo costituiti da dati numerici, non possono che essere di tipo qualitativo; la professionalità e l’esperienza del rilevatore rivestono pertanto un ruolo fondamentale per l’attendibilità dei risultati.

Y Balance test
Di recente è stato sviluppato un altro test funzionale denominato Y Balance test che, come nel caso dello Squat test, rappresenta l’evoluzione di un test preesistente: lo Star test.
L’Y Balance test viene effettuato con l’ausilio di un semplice strumento costituito da tre segmenti (si tratta di tre aste che fungono da rotaie) disposti appunto a Y e collegati saldamente fra loro per mezzo di una specie di scatola che serve anche da pedana d’appoggio per il piede di sostegno quando si esegue il test. Su ognuna delle tre aste è sistemato un cursore in grado di scorrere lungo il segmento (per spostare il cursore è sufficiente una piccola spinta).
Il test si esegue con l’atleta che, con mani ai fianchi, si sistema in equilibrio su una sola gamba appoggiando il piede sulla scatola che centralmente unisce i tre segmenti poi, utilizzando l’alluce del piede libero, spinge quanto più lontano possibile ognuno dei tre cursori iniziando da quello posto frontalmente, proseguendo con quello posto lateralmente dalla parte della gamba libera e terminando con quello posto dalla parte opposta alla gamba libera (in questo caso l’atleta deve necessariamente incrociare la gamba libera dietro la gamba di appoggio). La prova va ovviamente effettuata sia con la gamba destra che con la gamba sinistra. È possibile misurare la distanza raggiunta in ognuno dei tre movimenti perché le aste sono munite di nastro centimetrato. Il test va eseguito rispettando i seguenti criteri: 

  • il soggetto non può sollevare il tallone del piede d’appoggio;
  • non può scaricare parte del suo peso sul cursore da spostare;
  • deve eseguire movimenti continui e non rapidi;
  • deve riuscire a tornare nella posizione di partenza senza perdere l’equilibrio;
  • è possibile concedere una piccola pausa prima di cambiare direzione di spinta;
  • bisogna effettuare tutti e tre gli spostamenti con la stessa gamba prima di cambiare arto;
  • è opportuno far ripetere il test almeno 2 volte tenendo in considerazione i risultati migliori;
  • l’atleta può scegliere la gamba con cui iniziare il test.

Le caratteristiche peculiari dell’Y Balance test sono le seguenti:

  • si tratta di un test monopodalico (azione di una sola gamba per volta) che consente di mettere a confronto i comportamenti dei due arti inferiori e di evidenziare eventuali differenze in termini di forza, mobilità, equilibrio, tenuta ecc.;
  • è costituito da movimenti multidirezionali come avviene nella maggior parte dei gesti tecnici specifici di diverse discipline sportive;
  • la valutazione soggettiva basata sulla semplice osservazione del comportamento degli atleti durante il test viene ad essere confortata dai dati oggettivi delle misurazioni;
  • la posizione base del test è molto simile allo Zenkutsu-dachi (la posizioni probabilmente più utilizzata nell’ambito del Karate).

Squat Test e Y Balance Test sono stati somministrati agli atleti agonisti che hanno partecipato al Raduno Nazionale di Karate che si è tenuto a S. Arcangelo di Romagna il 25 e 26 agosto 2009 (di cui s’è data notizia nel n. 15 di KARATE DO, ndr).

 


NOTA BIBLIOGRAFICA
The brain only knows … P. Chek – PFP Personal Fitness Professional and Holistic Health Practitioner is the funder of the C.H.E.K. Institute in Vista California.
Movements, not muscles. NOTH J. Cortical and pheriperal control. In: Strength and Power in Sport. Blackwell scientific Publication, London , 9-20, (1992).

Ti potrebbe interessare anche:

Articoli recenti

I più letti

Top Autori